Un altro match epico, un altro tie-break al quinto. Se Kyrgios è in serata, show assicurato

Australian Open

Un altro match epico, un altro tie-break al quinto. Se Kyrgios è in serata, show assicurato

MELBOURNE – Davvero straordinario spettacolo all’Australian Open. Khachanov e Nick hanno entusiasmato molto più di Federer-Millman. Continua l’ecatombe delle favorite: bye bye Pliskova, Svitolina, Bencic

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Nick Kyrgios - Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

da Melbourne, il direttore

Erano successe fin troppe cose venerdì, le 4 ragazze KO Osaka, Serena, Keys e Wozniacki, Fognini che centra per la terza volta gli ottavi a Melbourne, Federer che sta in campo 4 ore e 3 minuti prima di riuscire a rimontare Millman che era avanti 8-4 (e sì che Roger non aveva mai vinto un tiebreak al quinto set). Così  pensavo che sabato sarebbe stato invece un giorno di relativa calma.

Non è stato così. Nel singolare femminile, che per i primi due turni aveva rispettato al massimo le gerarchie, è continuata l’ecatombe delle teste di serie. Sono cadute una dopo l’altra in tre. Per prima la n.2 Pliskova con la Pavlyuchenkova che non l’aveva mai battuta in sei duelli ma che, da quando ha perso qualche chilo e si fa allenare da Sumyk, ha ripreso fiducia: non è mai riuscita a entrare tra le top-ten, è stata al massimo n.12, però su 99 volte che ha affrontato top-ten ha vinto in 33 occasioni. Esattamente, quindi, una volta su tre. Ha dominato i due tie-break e ha mandato a casa Karolina.

Poi, dopo che Camila Giorgi ha perso la partita con la Kerber lottando ma convincendo a metà perché il primo set lo ha giocato proprio male, il secondo bene e il terzo nel finale ha ripreso a fare i suoi soliti regali – i dettagli li trovate nell’articolo di Luca Baldissera – ecco la Bencic n.6 che viene travolta dalla Kontaveit, 6-0 6-1 addirittura. Mi preoccupo di controllare che la Bencic non avesse problemi fisici, lei mi tranquillizza: “Non mi ha fatto giocare!”. Cose che capitano. Una grande stesa prende anche la Svitolina n.5, dalla ritrovata Muguruza (che invece di Sumyk non ne poteva più).

Garbine Muguruza – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

Il resto è ordinaria amministrazione, Nadal domina Carreno Busta e dice di aver giocato il suo miglior match. Altrettanto farà Zverev con un rassegnato Verdasco. Medvedev non ha problemi con Popyrin, come non li ha Monfils con Gulbis (Gael: “Il tennis mi piace e poiché ancora non ho vinto uno Slam continuo, non si sa mai”), ma il problema sarà dover consolare Elina Svitolina.

Nel giorno dell’Australia Day non mancheranno le occasioni per distrarsi. Thiem lascia un set a Fritz, la Vekic perde dalla polacca Swiatek che è un bel soggetto e se ne riparlerà, anche se Vanni Gibertini ne aveva già parlato durante il Roland Garros quando aveva messo a segno i primi colpi importanti. Mentre Isner si ritira con Wawrinka dopo un set e mezzo, Goffin vince solo il primo set ma ne perde tre a fila con Rublev ancora imbattuto nel 2020 ma lunedì se le dovrà vedere con Zverev e li si parrà la sua nobilitate.

Insomma tutto sembrava filare così liscio che finalmente, dopo cinque giorni in cui nessuno di noi tre, Baldissera, Gibertini e il sottoscritto, è mai riuscito a andare a letto prima delle due – dovendo nel mio caso scrivere fino alle 5 e anche alle 6, quando si è completamente bolliti… ed è inevitabile che io faccia refusi, scriva fesserie e le dica pure (nel video ho detto che erano rimasti in gara solo due extraeuropei e mi sono dimenticato che avevo appena parlato di Sandgren!) – speravamo proprio di avere una serata tranquilla. Non dico una cena da Jim the Greek, ma insomma la prospettiva di dormire più di 5 ore era più allettante di qualunque altra cosa.

Macchè! Per carità è stata una magnifica partita, piena di emozioni, ma non c’era bisogno che l’istrionico ed ineffabile Kyrgios impiegasse 4 ore e 26 minuti per battere Kachanov, dopo aver avuto il primo match point un’ora e 53 minuti prima, nel terzo set. Vi ricordo prima però cosa era successo a Cincinnati nel match che li aveva visti di fronte. Questo sabato il pubblico era giustamente entusiasta e non solo perché il tennista australiano ha vinto, ma perché oggettivamente questa è stata una partita molto più intrigante, divertente e ben giocata di quella della sera prima – 4h e 3 minuti – vinta da Federer in maniera rocambolesca su Millman.

Kyrgios ha fatto tutti i numeri possibili e immaginabili prima di ritrovarsi lungo disteso sul campo dopo aver trasformato il terzo match point sul 9-8 del tiebreak finale. Era il primo che giocava con il servizio a favore. Sia quello che si era conquistato nel terzo set sia l’altro nel quarto, erano stati annullati da un Khachanov solidissimo al servizio. Ma la partita Kyrgios poteva vincerla in tre set se non avesse dilapidato il break di vantaggio che si era procurato nel terzo set, facendo una delle sue cose sciagurate sulla palla break per Khachanov che era stato sotto 4-2.

Certo, ripensando ai due tiebreak a 10 punti consecutivi vinti da Fognini prima di battere per 3 set a zero Pella, a quello di Federer venerdì sera, a questo fra Kyrgios e Khachanov, mi sono immaginato che Lassù Jimmy Van Alen, l’inventore del tie-break e fra i fondatore della Hall of Fame di Newport, debba essersi sentito particolarmente orgoglioso della propria invenzione che – disse allora dopo aver seguito un doppio sull’erba di Newport che mi pare fosse finito 44 a 42 (o qualcosa di simile) – “Ci eviterà le torture urologiche dei long set infiniti”. A quest’ora sarei ancora lì, se non ci fosse stato il tie-break: Kyrgios e Khachanov ne hanno giocati ben quattro.

E a mezzanotte e mezzo nessuno dei due aveva ancora comunicato quando si sarebbe presentato in sala conferenze stampa. Ci volevano proprio prendere per sfinimento. Detto questo, ribadisco, è stato un incontro che ha offerto di tutto, grandi colpi, grande fantasia da parte di Kyrgios, grande potenza da parte di Khachanov, servizi da una parte e dall’altra che hanno fatto dimenticare che questi campi non sono velocissimi… ma se si batte bene guadagnarsi un break è un’impresa. Nel quinto set non ci sono state palle break.

Adesso gli accoppiamente per gli ottavi sono cosa fatta: dall’alto in basso Nadal-Kyrgios (e l’australiano ha battuto 3 volte su 7 lo spagnolo che non ha mai fatto mistero di non amarlo), Monfils-Thiem. Medvedev-Wawrinka dai quali mi aspetto grandi cose, Rublev-Zverev (idem!).

DAY 7, I PRIMI OTTAVI – Questa domenica c’è la grande occasione per Fabio Fognini di raggiungere i quarti di finale. Con Sandgren, che è un pesciaccio, parte favorito anche se ci ha perso malamente a Wimbledon su quel campo n.14 che Fabio maledice ancora oggi. Sandgren ha fatto fuori prima il nostro Berrettini, 7-5 al quinto salvando tre palle break del 5-3 per Matteo, e poi ha dato un triplice 6-4 a Querrey. Picchia come un fabbro, ha dei gran bicipiti che mette in mostra ben volentieri (“Gioco con la maglietta senza maniche …anche per impressionare un po’ i miei avversari!” scherza, ma non troppo l’americano del Tennesse), ma Fabio avrebbe molta più classe, se non si fa invischiare in un match a chi tira più forte.

Il Federer visto l’altra sera dovrà stare parecchio attento a Fucsovics. L’ungherese è carico a mille ed è un buon giocatore. Vale più del n.67, e forse anche del n.31 che pure è stato fin qui il suo best ranking. “Prima con i top-player entravo in campo persuaso di perdere salvo miracoli, ora sono più maturo, ho quasi 28 anni, posso battere chiunque se indovino la giornata giusta”. Roger, e i suoi fan, si augurano che non accada. Fognini seguirà la partita con interesse se avrà vinto perché potrebbe dover affrontare Federer. In classifica virtuale Fabio è oggi n.11 anziché 12, ma già se va nei quarti se ne riparla. Non dimentichiamo che Federer è stato fermo più di due mesi. Ha vinto ma non convinto con Millman, match nel quale – stando a quel che dice Wilander – Roger è stato ricompensato dal Cielo per i due matchpoint non trasformati nella finale di Wimbledon con Djokovic.

A chiudere la lista degli accoppiamenti degli ottavi ci sono Raonic contro Cilic, un montenegrino emigrato in Canada contro un croato, e Djokovic alle prese con “El peque” argentino Schwartzman. Raonic e Schwartzman sono – con Sandgren – i soli tennisti non europei approdati agli ottavi. Gli americani che tanto si erano esaltati per aver raggiunto il terzo turno in cinque come non era più loro successo da anni e anni, faranno il tifo per il loro unico superstite contro Fognini. Gli altri sono stati tutti eliminati. E, del resto, anche a noi è rimasto solo Fognini. Ma siamo un Paese molto più piccolo rispetto agli Stati Uniti. Anche se ultimamente facciamo molto meglio di loro che fra i top 20 hanno il solo Isner, classe 1985, due anni più di Fabio, quasi 35 anni contro quasi 33. Isner è già fuori. Fabio no. Rientrare tra i top 10 non è un obiettivo impossibile, Sandgren permettendo. Ad maiora.

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