Cinquanta sfumature di Federer e Djokovic

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Cinquanta sfumature di Federer e Djokovic

La prima semifinale di Melbourne mette di fronte i due giocatori più vincenti della Storia dell’Australian Open. Djokovic sembra inavvicinabile, Federer menomato. Andrà proprio così?

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Sin dalla compilazione del tabellone tutti gli occhi erano puntati lì, su quella ipotetica semifinale tra Novak Djokovic e Roger Federer. Un appuntamento a cui tutti speravano di poter assistere. Né il serbo né lo svizzero hanno deluso le aspettative e, pur con percorsi sensibilmente diversi, si sono presentati puntuali per iscrivere il proprio nome nella rispettiva casella da last four. I due si troveranno dunque divisi da una rete per la cinquantesima volta nel corso delle proprie straordinarie carriere (solo la rivalità tra Djokovic e Nadal può contare un numero maggiore di sfide, 55).

In generale, a dispetto di tutto (età, superficie, momento di forma), la rivalità tra Djokovic e Federer si è sempre presentata come una serie di episodi slegati tra loro nei quali tutto poteva succedere, nei quali è difficile rintracciare con costanza un sentiero predefinito nel gioco o nell’andamento dei match. Questa volta, come non mai, i numeri contano poco. Poco importa il saldo dei precedenti (26-23 Djokovic), delle sfide negli Slam (10-6 Djokovic), sul cemento all’aperto (13-13), in Australia (3-1 Djokovic, peraltro sempre vincente a livello di semifinale nel suo Slam preferito). Poco importa che l’ultimo confronto sia stato vinto nettamente da Federer, qualche mese fa alla O2 Arena di Londra. La questione stavolta infatti non è esclusivamente tennistica o mentale, ma fisica. Pesano infatti alla vigilia del match le incognite sulle condizioni di Federer che nei quarti di finale contro Tennys Sandgren è sì sopravvissuto a sette match point, ma lottando con un evidente problema all’inguine che ne limitava i movimenti.

Fortunatamente non dovrebbe esserci il rischio di un walk over, dal momento che lo svizzero è stato visto aggirarsi tranquillo nei corridoi di Melbourne Park (il che probabilmente vuol dire che si è anche allenato, anche se il suo nome non compariva nelle liste dei vari campi), ma gli strascichi delle battaglie con Millman e Sandgren potrebbero pesare. Vero è che, anche nel 2017, proprio a Melbourne, si pensava che i cinque set contro Nishikori e Wawrinka ne avrebbero compromesso la competitività contro Nadal in finale, invece arrivò un’altra storica vittoria al quinto. Stavolta però la situazione è ben diversa perché non si parla solo di fatica, ma di un possibile infortunio.

Le prospettive dunque non sembrano essere rosee per Federer (lo confermano anche le quote dei bookmaker), che probabilmente non sarebbe partito favorito comunque visto lo stato di forma mostrato da Djokovic sin dall’ATP Cup. Il serbo stesso però è il primo a non “fidarsi” dell’avversario, pur apparentemente menomato: Lui ama questo genere di incontri, grandi rivalità, semi e finali Slam. Sono probabilmente il motivo principale per cui ancora compete, per potersi confrontare nei tornei dello Slam con i migliori del mondo”. Se dovesse riuscire a recuperare fisicamente, un piccolo aiutino potrebbe venire a Federer dalle condizioni climatiche. Le temperature a Melbourne infatti si sono alzate rispetto all’inizio del torneo e tra giovedì e venerdì dovrebbero aumentare ancora. In serata non dovrebbe fare caldissimo, ma quasi sicuramente la palla filerà molto più di quanto accaduto finora nelle partite in notturna.

La speranza è che si possa assistere ad una bella partita, l’ennesima tra questi due campioni; il timore è che possa essere un massacro. Djokovic sembra effettivamente molto in forma ed è spietato (sportivamente parlando, s’intende) abbastanza da sfruttare le minime crepe del miglior Federer, figurarsi di una versione non al 100% dello svizzero. La partita dovrebbe dunque scivolare abbastanza placidamente dalla parte del serbo, ma a parlare, per ultimo e con maggiore autorità, sarà come sempre il campo. Come si è visto anche recentemente, tutto può accadere e chissà che in condizioni più rapide le famose “due ore di buon tennis” che Federer dice di avere sempre in sé anche nelle giornate peggiori, non possano regalare equilibrio e qualche emozione.

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