Coronavirus: Italia-Corea del Sud con il fiato sospeso, il tempo delle battute è finito

Editoriali del Direttore

Coronavirus: Italia-Corea del Sud con il fiato sospeso, il tempo delle battute è finito

Da un giorno all’altro chi deve decidere dimostra sempre grande incertezza e dubbi. Certo per ignoranza. Allora però si corrano meno rischi possibili

Pubblicato

il

 

Barazzutti: “Attendiamo indicazioni dal Governo”
A Cagliari, rischio porte chiuse
Coronavirus, l’ITF a Ubitennis: “Al momento non ci sono restrizioni per gli atleti impegnati in Italia”

Non si scherza più. Non avrei voluto mai dover scrivere anch’io di Coronavirus. Lo hanno fatto già tanti e certamente con maggiori competenze della mia. Però l’evolversi della situazione, comunque preoccupante anche se per molti ancora non al punto di dover provare vera angoscia, mi spinge responsabilmente a farlo pur nella consapevolezza di non poter scrivere alcunchè di nuovo o particolarmente originale. Credo che a questo punto serva soprattutto usare buon senso e mi auguro di averne.

Giornali, tv, ogni tipo di media hanno già scritto di tutto e di più, riempiendo prime pagine, aperture di notiziari e via dicendo. Al contempo credo non ci sia stato chi, almeno fra gli utenti di Whatsapp, non abbia ricevuto battute, gags, foto e video, strettamente collegate al coronavirus. Beh, di fronte ai primi morti registrati anche fra coloro che apparentemente non erano né malati né ottuagenari e oltre, credo che sia proprio il caso di prendere questa vicenda molto più seriamente, da parte di tutti, noi amanti dello sport (e del tennis in particolare) compresi.

Se l’altro giorno avevo trovato sinceramente esagerato l’atteggiamento di una persona amica che aveva preferito non stringermi la mano, beh oggi – dopo aver letto di un uomo di 61 anni apparentemente sanissimo, sportivissimo, sempre sui campi da tennis ad ogni momento libero, deceduto a Parma domenica notte quando le prime avvisaglie del coronavirus le aveva avute venerdì sera con la prima febbre– senza lasciarmi contagiare da eccessi di psicosi comunque deleteri, mi trovo però a essere più comprensivo nei confronti di chiunque (quindi anche quella persona amica) si comporti usando le maggiori precauzioni.

E non vedo perché non si dovrebbero consigliarle noi stessi, visto che in fondo – a parte momenti di comprensibile imbarazzo nel ritrarre una mano davanti a una tesa, oppure nello scansarsi all’indietro davanti a chi non avrebbe problemi a darti un bacino sulla guancia – non costano nulla e i rischi per la salute pubblica, anche se non fossero quelli paventati, sembra proprio che possano esserci. Quindi perché correrli? A beneficio di chi? Ci si potrà sempre scusare con chi potrebbe restarci male, come l’altro giorno ci sono rimasto anche io e spiegare che non lo si fa soltanto per noi stessi ma anche per loro. Noioso, fastidioso, quasi ridicolo? Certo, ma mi pare che ci siano noie, fastidi ben peggiori nei quali stanno incappando anche sempre più persone come noi, persone che si sono sentite sempre al sicuro e che magari hanno ironizzato fino al giorno prima comportamenti ritenuti eccessivamente timorosi, “guardinghi”.

Si sono levate nei giorni scorsi moltissime critiche nei confronti dei nostri politici. Critiche più fondate, meno fondate, a volte pretestuose e interessate, a volte semplicemente spontanee. In tutta onestà non erano situazioni facili da gestire. E non poteva esserci, al riguardo, quasi alcuna esperienza nel gestirle, da parte di chicchessia. Erano comunicazioni, ancor prima che decisioni, complesse per le conseguenze che potevano avere… da una parte per la salute pubblica nazionale, scelta prioritaria ma collegata ad una conoscenza scientifica del virus ai più ignota, dall’altra per l’economia di una regione, di un intero Paese, dovendo tenere conto anche degli eventuali – ribadisco: eventuali – intenti speculativi di altri Paesi che per un motivo o l’altro, potevano avere dei vantaggi, o anche degli svantaggi, dalla diffusione del contagio nei nostri confini. La fama di Italia quasi appestata quasi come la Cina e la Corea – anche se in buona parte dovuta ai tanti test fatti da noi e non fatti invece in tanti altri Paesi che ci hanno dato degli untori –  è stata certo una conseguenza mediatica che nostro malgrado dobbiamo registrare come purtroppo avvenuta.

Un po’ tutti abbiamo – mi ci metto anch’io – seguito le nostre sensazioni, anche quando perfino le nostre sono state ondivaghe, perché di volta in volta influenzate da informazioni ufficiali (e non) che un momento dicevano una cosa e parevano cose angoscianti e un altro momento invece tranquillizzanti. Magari perché dettate da interessi contingenti. La necessità di non creare eccessivi allarmismi, di non rovinare l’economia di un’intera nazione – offertasi al mondo fin dall’inizio come uno dei tre Paesi incubatori e untori del virus – ha spinto alcuni, politici e non, a presentare scenari più ottimistici.

Non sarà in effetti per nulla facile risollevare le aziende che nel frattempo sono cadute del tutto o quasi, né quelle che hanno subito un vero crollo o patito una pesante crisi con l’incognita dei tempi che le aspettano. Al tempo stesso il timore di una pandemia assolutamente fuori dal comune ha di contro prospettato un avvenire a tinte cupe, anche foschissime. Il tutto, o quasi, con veri scienziati confusi in mezzo a finti scienziati che contraddicendosi – in mezzo a fake news e vere news – hanno ingenerato una tale confusione che di certo non ha aiutato a capire cosa stesse, cosa stia succedendo. Le varie autorità preposte, governative nazionali e regionali, sportive delle varie discipline, hanno purtroppo contribuito enormemente a incrementare confusione e progressivo disorientamento.

Quelle, tipo Lega Calcio, tutto sommato più facili da seguire per la gente per il fatto che lo sport del pallone  viene mediaticamente molto più seguito per motivi economici, di interesse, di trasmissioni televisive – una partita Juventus-Inter  ha ben altro impatto di uno spettacolo teatrale, travalica perfino i nostri confini per via dei diritti tv venduti a livello planetario – hanno fatto più danni della grandine. In una regione si raccomandava una cosa, in un’altra magari confinante quella opposta, in Serie A ci si preoccupava del contagio, in serie B no. Un vero disastro. Abbiamo osservato di giorno in giorno, a volte nello stesso giorno, posizioni quasi diametralmente opposte sugli stessi media, anche fra una pagina e l’altra se cartacei.

Oggi il giornalismo cartaceo gode ancora di una maggiore credibilità rispetto a quello via web, perché si continua a credere che la verifica delle notizie sia più puntuale da parte di redazioni formate da professionisti dipendenti a tutti gli effetti, quando in gran parte dei siti spesso non è così. Anche quella maggiore credibilità, peraltro, si va pian piano sgretolando. Per tutta la giornata noi italiani siamo rimasti in attesa del decreto governativo che doveva riguardare tanti aspetti della nostra vita, lavoratori delle più varie attività, studenti, spettatori, tifosi.

Il primissimo provvedimento annunciato dal Premier Conte ha riguardato la scuola. Per lo sport e l’annunciata sospensione l’attesa si è prolungata ulteriormente. Quasi che 24 ore non fossero bastate a sciogliere il dilemma. Chi scrive non ha potuto al momento pronunciarsi, né ritiene che avrebbe dovuto esprimere un’opinione sul daffarsi in assenza di quelle cognizioni scientifiche che dovrebbero sussistere a monte di ogni decisione e delle quali non sono a conoscenza.L’invito che mi sento di fare è uno solo: qualunque cosa venga decisa cerchiamo di accettarla con la disciplina di un popolo che all’esterno dovrebbe dimostrarsi unito e non lacerato da mille divisioni, contrasti, interessi.

A me premono gli Italiani e la loro salute, l’Italia e la sua consistenza e , sì, anche la sua immagine che finora non è davvero uscita bene da questa orribile situazione. Cerchiamo per una volta, e questo è il mio appello anche ai lettori di Ubitennis che ogni tanto tendono a trascendere e a usare anche fra loro stessi toni sovreccitati e poco civili, di comportarsi come vorremmo si comportassero i nostri figli, soprattutto quelli che non vanno nelle curve degli stadi a gridare “Devi Morire!” ogni volta che vedono un calciatore della squadra avversaria che finisce a terra. Io sogno anche che un giorno da una curva all’altra non si oda più gridare i “Vaffa” all’indirizzo della tifoseria avversaria e della città di quella squadra, ma lì so bene che sono un vecchio utopista sognatore. Non accadrà mai.

Per finire tornando più strettamente al tennis: se si giocasse Italia-Corea del Sud a porte aperte, come meriterebbero gli sforzi di chi l’ha faticosamente organizzata con grande impegno, gli atleti, gli appassionati, vorrei essere sicuro che le garanzie sanitarie fossero quelle di chi ha studiato davvero le cose al meglio e sa di aver preso una decisione ponderata, non strumentale agli interessi (politici e/o economici) di chicchessia. Se certezze non se ne hanno, allora non si giochi con la pelle dei più sfortunati. Chi deve decidere dimostra sempre grande incertezza e dubbi. Certo per ignoranza. Allora però si corrano meno rischi possibili. Io, mai stato allarmista ma semmai invece fatalista, la penso così. E voi?

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement