Numeri ATP: la Russia al potere e gli stacanovisti del rosso

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Numeri ATP: la Russia al potere e gli stacanovisti del rosso

Khachanov, Medvedev e Rublev nei primi 15 del ranking ATP. Garin, Ruud e Seyboth Wild dominatori del circuito sudamericano sulla terra battuta

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Karen Khahanov - Rotterdam 2020 (via Twitter, @abnamrowtt)
 

3- i tennisti russi nella top 15 ATP. Karen Khachanov, grazie ai quarti raggiunti all’ATP 500 di Dubai, ha infatti guadagnato questa settimana due posizioni raggiungendo Daniil Medvedev e Andrey Rublev (attualmente anche quinto nella Race) tra i migliori quindici al mondo. Una situazione di classifica mai creatasi in passato nella storia del movimento maschile russo, che sembra aver assicurato anche un futuro radioso: tutti hanno ancora margini di crescita e il meno giovane dei tre (e al momento più forte), Medvedev, ha appena 24 anni. Se il vertice è luminoso, colpisce però che attualmente questa nazione di circa 150 milioni di abitanti tra gli uomini non abbia comprimari validi: il quarto e quinto giocatore russo sono Donskoj e Safiullin, rispettivamente 115 e 188 ATP.

Resta un grandissimo momento per una scuola che, dopo gli anni di Kafelnikov (ex numero 1 al mondo, con due Major in bacheca), Safin (anche lui riuscito a issarsi in vetta al ranking e vincitore di due Slam) e Davydenko (ex 3 ATP e vincitore delle ATP Finals) aveva vissuto anni di crisi, in particolar modo a seguito del ritiro di Youzhny (ex 8 ATP e vincitore di dieci titoli in carriera). Curiosamente il record del tennis maschile arriva proprio quando nei giorni scorsi ha annunciato il suo ritiro la più grande campionessa di sempre di questa nazione, Maria Sharapova, una tennista capace – tanto per ricordare qualcuno dei suoi vari record – di completare il Career Grand Slam vincendo in totale cinque Major in dieci finali giocate, mettere in bacheca 36 titoli (tra i quali anche le WTA Finals e tre Internazionali d’Italia), di raggiungere il numero 1 WTA per ventuno settimane e di chiudere per nove anni tra le prime cinque al mondo.

Il tennis femminile russo in questi giorni si è molto parzialmente consolato con la bella favola di Kuznetsova, tornata dopo un anno e mezzo di problemi fisici a ridosso della top 30, grazie alla semifinale a Doha, appena la seconda per lei, da giugno 2017, in un torneo della categoria Premier. Se gli uomini brillano per qualità ma scarseggiano per quantità nelle retrovie, le connazionali – provenienti da una scuola che negli ultimi vent’anni ha profuso una serie di campionesse come Sharapova e Kuznetsova, ma anche Safina, Myskina, Dementieva, senza dimenticare che fino a due anni fa, tra le top ten c’era Kasatkina – vivono un momento esattamente opposto. La numero 1 russa di questa settimana è Ekaterina Alexandrova, “solo” 27 WTA, attuale punta di un movimento che vede nelle top 30 anche Pavlyuchenkova, ma anche sei tenniste nella top 100 (di cui cinque sono under 23) e altrettante nella top 150, a testimonianza di una base molto larga che ha un bel futuro davanti a sé.

24- le vittorie complessive sulla terra rossa di Cristian Garin, Casper Ruud e Thiago Seyboth Wild nel 2020. I tre giovani tennisti (il primo è del maggio 1996, il secondo del dicembre 1998, l’ultimo compie vent’anni il 10 marzo) sono stati i mattatori del mese di tornei giocato in Sudamerica, spartendosi in parti quasi uguali i quattro tornei ATP disputati tra Argentina, Brasile e Cile. Garin è tra tutti quello uscito meglio dal febbraio giocato sulla terra rossa, portando con sé una dote di 475.000 dollari (quasi un quarto di quanto ha guadagnato sinora in premi ufficiali) e di ben 795 punti, realizzata grazie alla vittoria dei tornei di Cordoba e Rio. Per il cileno l’unico stop è avvenuto nei quarti di Santiago, dove si è ritirato per un dolore alla spalla dopo aver perso primo set contro Seyboth Wild. Il Next Gen carioca ha sconfitto anche il secondo tennista ad aver fatto meglio nel 2020 in Sudamerica, Casper Ruud: il norvegese ha infatti perso contro di lui la finale di Santiago, rimediando una delle due sconfitte (assieme a quella con Mager a Rio) di un mese che gli ha portato 400 punti e il primo titolo della carriera, vinto a Buenos Aires.

Un’autentica svolta della carriera sono state anche le settimane di Seyboth Wild: il vincitore degli US Open Juniores 2018 prima ha vinto nell’ATP 500 di Rio la sua seconda partita nel circuito maggiore, sconfiggendo Davidovich Fokina, quinto top 100 superato nella sua giovane attività professionale, poi a Santiago è diventato il primo tennista nato dopo il 2000 a vincere un torneo ATP. Per riuscirci è stato aiutato anche dalla fortuna – il citato ritiro di un Garin stremato da un mese di partite – e da un campo di partecipazione mediocre: per arrivare in finale non ha incontrato alcun altro top 50, ma ha sconfitto un unico top 100 (Londero) e due tennisti fuori anche da questa fascia di classifica (Olivo e Bagnis). Con la vittoria su Ruud, ha però mostrato di avere – oltre ad un bagaglio di indiscutibili qualità tennistiche – meritato il precedente aiuto del fato: con il titolo conquistato in Cile è diventato il numero 2 brasiliano ed è balzato al secondo posto della Race to Milan (in Cile ha dichiarato di avere come obiettivo stagionale la partecipazione alle Next Gen Finals).

In vista della stagione europea sulla terra battuta che si apre tra un mese e mezzo col primo grande appuntamento di Montecarlo, Garin e Ruud si candidano tra i principali outsider dietro i soliti favoriti, sebbene tutti e due vadano verificati contro tennisti di maggiore livello. Basti pensare che Garin per conquistare i suoi due titoli a Cordoba e all’ATP 500 di Rio de Janeiro ha sconfitto un solo top 20 (Schwartzman nella finale del torneo argentino) e due top 50 (Coric e Cuevas). Ancora meno probanti sono gli avversari superati da Ruud nelle sue cavalcate vincenti a Buenos Aires e (solo parzialmente) Santiago del Cile: il tennista nato a Oslo ha sconfitto appena due colleghi tra i primi 50: Lajovic e Ramos-Vinolas (nella semifinale del torneo cileno). Soprattutto, entrambi devono scrollarsi di dosso l’etichetta di essere soprattutto specialisti della terra battuta: sinora hanno raggiunto nove quarti di finale ciascuno a livello ATP, ma per tutti e due solo tre di essi sono arrivati fuori dal rosso. Sulle altre superfici non hanno mai raggiunto una semifinale e non va nemmeno dimenticato che solo due volte sono riusciti a sconfiggere top 20 lontano dalla terra battuta (Garin ha superato Isner a Montreal e Bercy l’anno scorso, Ruud all’ATP Cup Fognini e il numero 1 statunitense).

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