Maria Sharapova lascia il tennis. Il ritiro arriva a 32 anni

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Maria Sharapova lascia il tennis. Il ritiro arriva a 32 anni

I continui problemi fisici alla base del precoce ritiro. L’operazione alla spalla nel 2008 e quella dello scorso anno. In carriera ha vinto cinque Slam e trentacinque titoli in totale, l’ultimo a Tianjin nell’ottobre del 2017

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Per annunciare il ritiro ha scelto un’intervista esclusiva a Vanity Fair, in coerenza con la sua carriera e la sua vita da superstar trascendente il mondo dello sport puro. Maria Sharapova lascia il tennis ad appena 32 anni. Non per un moto di stanchezza nei confronti del mestiere che l’accompagna da quando, su un campo della periferia di Sochi, per la prima volta impugnò una racchetta grossa due volte lei ad anni quattro. Lascia perché il suo fisico non reagisce più ai continui acciacchi, e ogni volta le speranze di poter competere assecondando le notevoli aspettative sue e di chi la aspetta al varco erano sempre più basse.

Maria non è interessata a giocare a tennis tanto per giocare a tennis; non può e non vuole passare settimane in giro per il globo sotto antidolorifici per sorbire il brodino di un successo a Tianjin, l’ultimo raccolto nel Tour nell’autunno del 2017. Troppo poco per una ragazza che in carriera ha messo in bacheca trentacinque trofei tra cui cinque titoli del Grande Slam, vincendoli tutti e quattro almeno una volta, che è stata icona planetaria e che ha sempre provato a tornare alzando l’asticella ai soliti livelli nonostante i problemi alla spalla emersi per la prima volta nel 2008 e la mazzata della squalifica per uso di sostanze illecite del 2016.

Il tennis mi ha mostrato il mondo e ha evidenziato di che pasta fossi fatta. È il modo in cui mi sono messa alla prova e ho misurato la mia crescita. Adesso, qualsiasi cosa sceglierò per il mio prossimo capitolo, la mia prossima montagna da scalare, continuerò a spingere. Continuerò ad arrampicarmi. Continuerò a crescere“. Questo il messaggio autografo affidato alla diffusione di Instagram: il tennis, che è come la vita, ha misurato la sua prospettiva nei confronti del mondo. A differenza di quest’ultima, tuttavia, lascia spazio a ulteriori programmi una volta che la sua parabola si conclude, e Maria ha intenzione di vincere, qualunque cosa si staglierà al suo orizzonte. Di dubbi in proposito ne avevamo pochini.

Più articolata la retrospettiva concessa in esclusiva al Top of the Pops delle riviste che si occupano di moda, costume e società. Dai primi scambi sotto l’occhio paterno al tentativo di agguantare il sogno americano. Dal clamoroso successo a Wimbledon a diciassette anni al Career Grand Slam con tanto di bis al Roland Garros. E poi, la pressione con cui deve convivere una ragazza cui madre natura ha regalato un enorme talento tennistico e un fisico da modella, con i fari dei riflettori sempre puntati addosso e i migliori risultati da portare spesso a casa. I problemi fisici che per più di dieci anni l’hanno tormentata e che adesso le impongono uno stop forse prematuro. Nessun accenno, comprensibilmente, all’antipatica vicenda Meldonium, il modulatore metabolico anti-ischemico utilizzato per curare le patologie cardiache, che la Nostra per dieci anni aveva assunto con l’obiettivo di scongiurare problemi diabetici presenti nello storico clinico della sua famiglia, ma che la WADA aveva da pochi giorni inserito nell’elenco delle sostanze proibite perché in grado di migliorare sensibilmente le prestazioni aerobiche degli atleti.

Ho iniziato prima di compiere cinque anni, ero così piccola che i miei piedi non toccavano terra quando mi sedevo sulla panchina a bordo campo e usavo una racchetta due taglie più grande del dovuto. Sono andata negli Stati Uniti per la prima volta a sei anni e tutto mi sembrava così enorme e irraggiungibile. Giocavo su campi in cemento sconnessi contro giocatrici sempre più anziane, più alte, più potenti di me, e ho imparato da ogni cosa. Di lì a non molto avrei provato la terra battuta più fangosa e l’erba più curata, liscia e perfetta che si possa calpestare”. I prati di Wimbledon, che per la prima volta le regaleranno, ad appena diciassette anni, gloria e fama planetaria.

Maria Sharapova con il trofeo vinto nel 2004

Mai nella mia vita avevo pensato anche solo lontanamente che un giorno avrei vinto tutti i Major. A Church Road ero solo una ragazzina che collezionava ancora francobolli e non ho realizzato ciò che avevo fatto per anni. Meglio così, me la sono goduta molto di più. Allo US Open ho imparato a controllare le emozioni e le pressioni, a evitare le distrazioni, a concentrarmi al massimo qualsiasi cosa accadesse attorno a me. Se non riesci a gestire il glamour, il chiasso e le luci di New York, do svidanya, l’aeroporto è lì a due passi. Con l’Australia non avevo mai avuto nulla a che fare, eppure si è presto rivelato un posto dove sentirsi a casa. Lì stavo bene, ero in totale comfort. E poi Parigi, il Roland Garros che ho vinto addirittura due volte. Non me lo sarei mai aspettato, i primi anni non riuscivo nemmeno a scivolare sulla terra battuta. Ho dovuto imparare a cambiare, a migliorarmi, ad adattarmi alle situazioni. Una grande scuola di vita”.

Un percorso esaltante, interamente percorso sotto le luci della ribalta, che l’ha condotta a diventare la signora di un impero da decine di milioni di dollari. Per undici anni consecutivi, Forbes l’ha posta in cima alla classifica delle atlete più pagate, con oltre trenta milioni di bigliettoni verdi incassati nel solo duemilaquindici. Eppure il capolinea è arrivato anche per la siberiana. Dal ritorno alle competizioni dopo la squalifica, avvenuto a Stoccarda nell’aprile del 2017, è arrivato il solo titolo a Tianjin di cui sopra. Nelle prove del Grande Slam, il miglior risultato coincide invece con i quarti di finale raccolti a Parigi nel 2018, mentre nelle ultime tre uscite sono arrivati altrettanti KO al primo turno, l’ultimo a gennaio a Melbourne contro Donna Vekic, in quella che resterà l’ultima pagina agonistica della sua vita.

È ora di dire basta. I problemi alla spalla non sono una novità per me. Ho subito la prima operazione nel 2008, e un’altra nel gennaio dello scorso anno. In mezzo, ho fatto tante di quelle terapie e sessioni di riabilitazione da perderne il conto. Ho sempre guardato avanti con grinta per vincere e tornare ai massimi livelli, ma qualcosa è cambiato la scorsa estate. Ero all’Open degli Stati Uniti, negli spogliatoi. Venivo da un periodo pieno di problemi fisici, l’ennesimo, e prima del mio esordio mi sono detta che già il fatto di scendere in campo era un successo. Non avevo mai ragionato in quel modo: ciò che io ritenevo una vittoria era semplicemente la condizione base per competere. Il mio corpo stava diventando una distrazione e lì ho pensato che sarebbe stato inutile accanirsi”.

L’ultima partita giocata da Maria Sharapova, all’Australian Open 2020

Il futuro è ancora incerto, com’è più che giusto sia: adesso c’è un corpo da coccolare e una normalissima quotidianità da assaporare forse per la prima volta. “Mi mancherà il mio team, il clima della partita, persino le sfiancanti sessioni all’alba. Mi mancherà ciò che è stato il mio mondo per ventotto anni, ma qualsiasi cosa farò, la farò al massimo, mettendoci lo stesso impegno”.

Per molti l’addio di Masha non sarà una sorpresa così incredibile, valutatone il decorso fisico e sportivo degli ultimi diciotto mesi. Per molti altri invece lo sarà, anche alla luce del rapporto recentemente instaurato con Riccardo Piatti, che l’aveva ospitata nella sacra accademia di Bordighera in vista di un presumibile tentativo di ritorno in grande stile.

Ci lascia, Masha, e il vuoto che ne conseguirà non sarà facile da colmare, piaccia o no. Per appeal, classe, grinta e carisma solo Serena Williams negli ultimi vent’anni ha potuto competere con la campionessa nata a Njagan’ il 19 aprile del 1987. “Non mi sono mai ispirata a nessuna nemmeno quando ero ragazzina. Non ho mai voluto essere come un’altra giocatrice, perché non ho mai pensato ci fosse qualcuna brava al punto da voler essere come lei”. Nel bene e nel male, Maria Sharapova è stata davvero unica.

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ATP/WTA Pechino, il programma di domenica 1° ottobre: Alcaraz vs Musetti a metà mattinata, Sinner per colazione

Il super match tra il campione spagnolo e l’azzurro terzo match sul Centrale dalle 6:30. Paolini e Sinner sul secondo campo contro Haddad Maia e Nishioka

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Programma ricchissimo per il ricco torneo combined di Pechino nella domenica che segna l’inizio di ottobre: i 4 ottavi di finale della parte alta del tabellone maschile (ATP 500 e il completamento del primo turno del torneo femminile (WTA 1000).

Per quanto ci riguarda da vicino, saranno 3 gli azzurri in campo: la prima è Jasmine Paolini che alle 5 italiane apre il programma sul Campo Lotus (secondo per importanza). Per lei sfida complicata contro la brasiliana Beatriz Haddad Maia, N.15 del tabellone.

Sullo stesso campo dopo Ethcheverry vs Ruud (non prima delle 6:30) toccherà poi a Jannik Sinner contro il giapponese Yoshito Nishioka, in tabellone grazie a una Special Exempt. L’inizio dovrebbe essere intorno alle 9 italiane.

 

Sul campo Centrale, denominato Diamond, si comincia più tardi, alle 6:30, con due match femminili in sequenza: Vondrousova vs Kalinina e la N.1 del mondo Aryna Sabalenka contro Sofia Kenin in un primo turno da sogno per gli organizzatori

Il terzo match, si spera intorno alle 10:30 del mattino, è quello per noi più atteso: Carlos Alcaraz sfida il nostro Lorenzo Musetti. I precedenti dicono 1-1 ma entrambi sulla terra battuta. La finale di Amburgo 2022 vinta da Lorenzo e il match dominato dallo spagnolo al Roland Garros di quest’anno negli ottavi di finale.

Diretta TV di entrambi i tornei su SuperTennis (Canale 64 DTT e 212 di SKY)

Questo il programma completo del China Open per domenica 1° ottobre (orari cinesi, +6 ore rispetto all’Italia)

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WTA Tokyo: Kudermetova lotta per tre ore e mezza contro Pavlyuchenkova. Sarà finale con Pegula

Pegula lascia cinque giochi a Sakkari interrompendo la striscia di 7 vittorie consecutive. Fatica assai Kudermetova nel derby russo con una ritrovata Pavlyuchenkova

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Veronika Kudermetova - WTA Tokyo 2023 - Twitter (@WTA)

[8] V. Kudermetova b. A. Pavlyuchenkova 7-6(6) 6-7(2) 6-3

Sono servite tre ore e ventotto minuti di gioco all’ottava forza del seeding Veronika Kudermetova per sbarazzarsi 7-6(6) 6-7(2) 6-3 della veterana Anastasia Pavlyuchenkova in netto spolvero in questa settimana dopo le sue vittorie su Vekic, Noskova e Alexandrova. Non da meno, però, è stata Kudermetova, che ai quarti di finale ha estromesso la n.2 al mondo Iga Swiatek sempre in tre parziali. Le due tenniste russe si erano affrontate quattro volte prima di questo testa a testa e il bilancio era in perfetta parità, 2-2. A riportarsi in vantaggio negli scontri diretti è stata, quindi, la più giovane tra le due, che ha duellato al servizio con l’avversaria per tutto l’arco del match. Infine, i suoi 16 ace contro gli 11 doppi falli della n.86 WTA hanno fatto la differenza e l’hanno catapultata alla sua seconda finale in stagione dopo quella persa a S’Hertogenbosch in giugno.

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IL MATCH: Contrariamente a quello che si può spesso pensare, questa partita è stata gestita molto bene al servizio da entrambe le giocatrici, autrici di ottime interpretazioni con questo importantissimo fondamentale. Nel primo parziale, oltre a un break e immediato contro break, nel decimo gioco Pavlyuchenkova non è riuscita a capitalizzare cinque set point in risposta e si è fatta trascinare al tie-break. Kudermetova qui è partita con piede giusto, portandosi prima sul 3-0, poi sul 5-3, infine sul 6-4 con due set point a disposizione. L’ex n.11 al mondo non ha voluto saperne di perdere il set e lo ha allungato fino a un ulteriore parità: 6-6 e cambio di campo. Non c’è stato niente da fare, però, perché la 26enne di Kazan ha chiuso i conti e si è messa in tasca il primo parziale dopo un’ora e diciotto minuti.

Azzerato quanto successo, Pavlyuchenkova ha strappato il servizio all’avversaria nel terzo game della seconda frazione, lo ha tenuto stretto per qualche gioco, ma infine è stata costretta a restituirlo. Kudermetova, dopo aver annullato una pericolosa chance di break dul 4-4, si è resa minacciosa in risposta portandosi a due punti dal match, ma la 32enne di Samara ha voluto che il set si decidesse al tie-break, e così è stato. Dal 2-2 un assolo di Pavlyuchenkova ha rimesso tutto in discussione in questo match, lasciando al terzo parziale il compito di decretare una vincitrice dopo ben due ore e trentanove minuti di battaglia spietata tra conterranee.

Per i primi sei game della frazione decisiva l’equilibrio l’ha fatta da padrone, ma poi è stata Kudermetova a guadagnarsi in risposta l’allungo decisivo, prima strappando il servizio all’avversaria nel settimo gioco, poi nel nono, l’ultimo, che le ha concesso di arrivare alla vittoria al quinto match point dopo tre ore e ventotto minuti di match. È in finale. Per lei, ora, la numero 3 al mondo Jessica Pegula.

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[2] J. Pegula b. [4] M. Sakkari 6-2 6-3

“A tennis masterclass” si sente spesso dire dai commentatori delle varie emittenti televisive. Beh, il torneo di Jessica Pegula fino ad ora è l’esempio più lampante. La giocatrice statunitense era arrivata in semifinale con alle spalle ventiquattro giochi vinti e solamente quattro persi (chiedere info a Bucsa e Kasatkina) e non ha cambiato scala con una Maria Sakkari altrettanto in forma (anche per lei solo otto game lasciati per strada prima del penultimo atto) dopo il successo di Guadalajara.

In realtà il punteggio di questa partita, 6-2 6-3, mente un po’, perché spesso le due giocatrici hanno dovuto conquistarsi i giochi ai vantaggi; sta di fatto che in un’ora e venticinque minuti Pegula è arrivata al successo – recuperando nei testa a testa con Sakkari, con cui si trova ancora sotto 4-5 – confermando così il suo periodo di forma più che positivo e conquistando la sua terza finale in stagione (una persa a Doha, una vinta a Montreal) senza troppe difficoltà.

IL MATCH: Nonostante nessuna delle due giocatrici si sia comportata molto bene al servizio, la resa leggermente superiore è stata quella di Pegula, che nel primo parziale si è portata su un pesantissimo 5-1 per poi chiudere il set 6 giochi a 2 al quinto set point. Nella seconda frazione, invece, Sakkari è partita in quarta portandosi in pochi minuti sul 2-0, ma in seguito la battuta l’ha abbandonata senza fare più ritorno. Questo ha portato al successo la tennista statunitense, che interrompe la sfilza di sette vittorie consecutive di Sakkari, e in finale sarà senza dubbi la favorita contro Kudermetova.

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WTA Ningbo: Jabeur lascia le briciole a Shnaider. Primo titolo sul veloce

La tunisina, che non doveva neanche patecipare, vince il quinto torneo in carriera, il secondo della stagione. La 19enne Diana Shnaider si consola col best ranking

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Jabeur

[1] O. Jabeur b. D. Shnaider 6-2 6-1

Una finale senza storia al Ningbo Open dove la testa di serie numero 1 Ons Jabeur batte 6-2 6-1 Diana Shnaider in un’ora e un quarto di match. La 19enne russa era alla sua prima finale WTA della carriera al suo nono torneo assoluto e, trovandosi davanti un’avversaria decisamente più esperta di lei, non è riuscita a tenerle testa. Per Jabeur, attuale numero 7 del mondo, si tratta del primo titolo sul veloce alla quarta finale su questa superficie. Le altre erano arrivate alla Kremlin Cup nel 2018 (la sua prima finale in assoluto) vinta da Kasatkina ma si giocava indoor, poi nel 2021 a Chicago (battuta da Muguruza) e ovviamente lo scorso anno allo US Open quando vinse Swiatek. Oggi invece è la tunisina ad alzare le braccia al cielo mettendo in bacheca il quinto torneo della carriera, il secondo di categoria 250 dopo il Birmingham Classic del 2012, nonché il secondo della stagione che la portano all’ottavo posto nella WTA Race to Cancun per le Finals di fine anno.

Inizialmente Jabeur non doveva partecipare a questo torneo cinese, ma la prematura sconfitta al 1000 di Guadalajara contro Trevisan l’ha indotta a rivedere i suoi piani e accettare la wild card offertale dagli organizzatori. Scelta quanto mai proficua. Shnaider invece, attuale numero 85, nonostante la batosta rimediata oggi si accontenta della sua prima finale in carriera che le consentirà di fare un balzo in classifica di 22 posizioni salendo alla numero 63, ovviamente suo best ranking. Un anno fa, la diciannovenne era classificata al numero 220 e iniziava il suo primo anno alla NC State University. È entrata nella Top 100 mentre era ancora al college prima di diventare professionista a maggio.

 

Vincitrice del torneo Wimbledon junior in doppio nel 2021, Shnaider ha mostrato una buona dimestichezza negli scambi da fondo ma senza mai riuscire a scalfire la solida difesa di Jabeur. Quest’ultima invece è sempre stata cinica nei momenti decisivi vincendo tutti e sei i game finiti ai vantaggi. Neanche una pausa nel finale per asciugare le righe rese bagnate dall’umidità ha distratto la tunisina, che al secondo match point ha chiudeo 6-2 6-1 il match più semplice del suo torneo.

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