La prima ora di tennis dopo il lockdown: tra ragione e sentimento

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La prima ora di tennis dopo il lockdown: tra ragione e sentimento

Il ritorno sul campo da tennis, dopo due mesi. Tra sensazioni ritrovate, nuove regole da seguire e indicazioni da applicare. Con il buon senso a fare da filo conduttore. E certe abitudini che andranno modificate, almeno per un po’

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TC New River - Rivergaro
 

Il tam tam era iniziato domenica sera, tra chat WhatsApp e Messenger e post su Facebook e Instagram. Subito dopo aver letto l’articolo 15 dell’ordinanza n.12 appena firmata dal Presidente regionale del Friuli Venezia Giulia, che aveva confermato i rumors dei giorni precedenti: “che sia consentita, in forma individuale o in coppia o con i componenti del nucleo familiare convivente, l’attività motoria e sportiva, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo…tennis”.

Si torna a giocare! Era questo il messaggio che rimbalzava tra i tennisti ”social” della regione e che avrà probabilmente intasato caselle mail e app di messaggistica dei gestori dei circoli tennis regionali. Alcuni dei quali smorzavano però a stretto giro l’euforia ormai dilagante, osservando che quanto indicato nell’ordinanza regionale doveva trovare il necessario allineamento con le disposizioni nazionali, che non prevedevano ancora l’apertura generalizzata degli impianti sportivi, prima di consentire a chi è responsabile di un circolo di riaprire le porte senza problemi. Ma a tranquillizzare tutti arrivava un post del presidente regionale FIT su Facebook, che confermava la ripartenza per tutti, a cui nella serata di lunedì ne faceva seguito un altro che richiamava le principali indicazioni da seguire per poter tornare in campo in sicurezza.

Il volantino sulla ripartenza del Comitato Regionale FIT del Friuli Venezia Giulia

Per chi scrive, però, l’imprimatur definitivo arrivava solo dalla mail ricevuta qualche minuto dopo dal proprio tennis club, che confermava la riapertura del campi a partire da mercoledì. Si torna a giocare davvero! Ed è così che mercoledì 6 maggio, ore 20.30, sul campo n. 5 dell’ASD Gaja di Padriciano, dopo esattamente sessanta giorni dall’ultima ora giocata, chi scrive è tornato ad impugnare una racchetta su un campo da tennis. Nota: facile da ricordare, che quell’ultima ora era stata giocata il 7 marzo, perché si trattava della seconda ora dopo tre mesi di stop per infortunio. Quindi la “voglia” di tornare in campo era veramente tanta…

Ma lasciando da parte le considerazioni sul comeback personale, vi raccontiamo un po’ com’è andato questo ritorno in campo – suddividendolo nelle tre fasi in cui sono suddivisi in consigli FIT al riguardo – analizzando l’effetto che le regole e le indicazioni da seguire per giocare in sicurezza avranno sulle nostre abitudini di tennisti amatoriali. Con l’aggiunta di alcune considerazioni che ti vengono in mente solo quando in campo ci vai davvero. Ad esempio, quelle sull’impatto ulteriore che avranno quando non ci limiteremo ad un’oretta di palleggio, ma ci giocheremo la classica birra (beh, se Djokovic ha giocato in Davis dopo una sbronza, noi amatori potremo farci una birra dopo il match…) o addirittura un match di torneo. Ma lo faremo cercando anche di strappare un sorriso, considerato che il poter tornare a calcare i campi da tennis è prima di tutto un momento di gioia per tutti, un gran bel segnale del fatto che ci stiamo riappropriando delle nostre abitudini e delle nostre passioni. Anche se con qualche modifica da apportare.

PRIMA DI GIOCARE – Le modifiche alle nostre abitudini iniziano già a casa, da uno dei momenti “sacri” per tanti tennisti: la preparazione del borsone. Bisogna infatti ricordarsi di metterci delle cose nuove (come il gel disinfettante ed  il guanto per la mano non dominante) e non metterne più delle altre (come il necessario per la doccia). Per chi, come il sottoscritto, ha sempre condiviso l’approccio alla preparazione del borsone di Brad Gilbert in “Winning Ugly”, che potremmo sintetizzare in melius abundare quam deficere, la cosa non è banale. Perché chiaramente i gel disinfettanti diventano almeno due, poi vuoi non mettere una mascherina e un paio di guanti di riserva, un asciugamano in più che se poi ti asciughi per sbaglio la mano dominante come fai? Insomma, rispetto al solito sicuramente il borsone stavolta non avrà il peso da sovrapprezzo massimo del bagaglio in stiva delle compagnie aeree low cost, ma comunque neanche quello del bagaglio a mano…

Nessun problema per il  “pulisci a fondo il tuo materiale di gioco”. Sulle scarpe ormai siamo abituati a spruzzare spray disinfettanti da un paio di mesi a questa parte, fa un po’ effetto farlo sulla racchetta, dato che a parte togliere la terra rossa quando finiva a terra (inavvertitamente o per frustrazione?  Non indaghiamo oltre…), non è che sia solitamente oggetto di pulizia approfondita. Si parte dunque per il tennis club. E  i due mesi di stop si fanno sentire anche in questo: nel girare a destra con l’auto per andare al supermercato, unico tragitto consentito negli ultimi 60 giorni, invece che a sinistra verso il club…

Arriva il partner di gioco e cominciano le prime sensazioni “strane”. La classica stretta di mano, con cui ci si saluta ogni volta che ci si vede da ormai da quasi vent’anni, non s’ha da fare. Le solite due chiacchiere mentre si va in campo (in realtà di solito si andava prima negli spogliatoi, ma ovviamente non si può) fatte a due metri di distanza, ovattate dalle mascherine, fanno comunque effetto e ci ricordano che anche qui dovremo adattarci alla “nuova normalità”. Oltre al fatto che, tra la mascherina e l’età che avanza, non sempre ciò che si dice è chiaro e quindi c’è da anche da alzare la voce e ripetere, in una scena un po’ surreale che ricorda tanto quella cult del fiorino di Troisi e Benigni in “Non ci resta che piangere”.  

Tornando seri, osserviamo che ci sarà probabilmente da fare attenzione nelle prossime settimane, soprattutto sui campi all’aperto, per seguire l’ultimo dei consigli FIT prima di giocare, quello di “non toccare le recinzioni prima di entrare in campo”. Si tratta spesso di un’abitudine, di un gesto fatto senza pensarci, quello di appoggiarsi alla recinzione del campo mentre si attende il proprio turno, guardando chi sta giocando o mentre ci si scalda. Ecco, bisognerà stare più attenti.

Ma nel complesso, prima di entrare in campo tutto è sotto controllo. Tutto proprio no, dato che in realtà la legge di Murphy ha tentato di metterci lo zampino. Sotto forma del sistema di comando dell’impianto luci, che probabilmente non aveva recepito l’ordinanza regionale e quindi non voleva saperne di accendersi. Ma alla fine tutto si è risolto. Contrattempo che però ha permesso di notare una cosa. Fosse capitato prima del lockdown (ed era capitato, quindi parliamo con cognizione di causa), avrebbe fatto letteralmente infuriare qualcuno dei quattro tennisti presenti (i campi erano due). E invece stavolta tutti l’hanno presa con serenità, dato che, come ha osservato uno dei quattro: “Con tutto quello che succede, non mi arrabbio per delle luci che non si accendono!”. Magari solo perché alla fine si è risolto tutto per il meglio, ma lasciamoci con la convinzione che forse tutto quello che è successo ci farà vedere le cose in maniera diversa, almeno per un po’.

Wimbledon, campo 18

MENTRE GIOCHI – Si scende in campo. E si inizia a palleggiare, notando poco dopo come l’essere tornati a colpire la pallina ci fa venire, in modo del tutto spontaneo, il sorriso. Dal punto di vista delle regole da seguire, se fai un’oretta di palleggio blanda niente di particolare da segnalare. Non è un problema il guanto indossato sulla mano non dominante (ma chi scrive usa il rovescio a una mano) o il raccogliere le palline con piede e racchetta. Magari sarebbe stato meglio riflettere sul fatto che il tubo di palle aperto due mesi prima, anche se usato solo un’ora, è da buttare, perché le palline hanno perso pressione, ma questa è un’altra questione…

Una riflessione può essere fatta sul fatto che la mano non dominante che raccoglie le palline (la cui superficie è potenziale rischio di contagio) è anche quella che sostiene la racchetta e quindi potenzialmente anche l’altra mano può toccare la stessa parte della racchetta. Cosa che certamente avviene per chi usa il rovescio bimane. Quindi per stare sicuri e tranquilli, soprattutto i giocatori bimani è effettivamente opportuno che usino il gel disinfettante con una certa frequenza.

La difficoltà vera e propria? Come già accennato parlando dell’appoggiarsi alla recinzione, lo stare concentrati per evitare di cadere in gesti abitudinari. Chi scrive, ad esempio, ha (aveva) l’abitudine di sistemarsi i capelli o comunque di toccarsi la fronte con la mano non dominante. Cosa che adesso è da evitare: ma se lo fai da 35 anni, devi pensarci ogni volta… Quindi, soprattutto all’inizio, è necessario fare attenzione ed essere consapevoli di tutto quello che si fa sul campo. Cosa che ha un impatto ancora maggiore quando – entriamo per un attimo nell’ambito del mental coaching – questi gesti sono delle routine vere e proprie.

Tanto per capirci, immaginate la routine di Nadal al servizio e chiedetegli di non toccarsi la faccia con le mani. Come se ai tempi – come ben ricorderanno i lettori con qualche anno in più – avessero proibito a Lendl di togliersi le sopracciglia prima di servire. Tenendo appunto in considerazione che nel caso di Nadal si tratta di una routine consolidata (probabilmente anche nel caso di Lendl, che ricordiamo ai suoi tempi si avvalse della collaborazione di uno dei pionieri del mental coaching nel tennis, lo psicologo sportivo Jim Loehr).

“Non toccarti la faccia con le mani” è il consiglio della FIT. Come farà Rafa?

Certo, le indicazioni sono destinate agli amatori e gli esempi citati sono due dei più grandi campioni della storia del tennis, ma le routine vengono utilizzate anche a livelli inferiori. Quindi è sicuramente un punto sui cui è necessaria particolare attenzione, soprattutto quando il gioco… si farà duro. Finché facciamo l’oretta di allenamento tutto dovrebbe essere facile da gestire e controllare, ma quando il primo di noi pronuncerà la fatidica frase “Facciamo un set?”, le cose cambieranno. Ancor di più quando inizieranno i tornei. Ecco che entrando – a prescindere dal livello – nella sfera agonistica, il rischio di non fare attenzione a certi gesti potrà essere maggiore, soprattutto i primi tempi. Auspicando comunque che prima della riavvio dell’attività agonistica certe precauzioni non siano più necessarie, per quanto riguarda le routine ci sarà da capire se si potranno modificare o si potranno prendere degli accorgimenti per applicarle in totale sicurezza.

Un aspetto che i consigli non toccano, a parte la raccomandazione di “non toccarsi la faccia con le mani”, e che forse andrà trattato, è quello di come asciugarsi il sudore. L’asciugamano va toccato solo con la mano dominante che non ha toccato le palline? Devo avere un asciugamano ad hoc per l’altra mano? In attesa di eventuali ulteriori consigli, per il momento ognuno segua il buon senso: ad esempio, alcuni accorgimenti possono essere quelle di mettere una bandana o un capellino per limitare la necessità di ricorrere all’asciugamano per il sudore della fronte e indossare i polsini ad entrambi i polsi.

Infine, un’osservazione condivisa da tutti gli altri tennisti in campo: la sensazione, dopo mezz’ora, di aver giocato molto di più di trenta minuti. Non proprio una sensazione di stanchezza fisica (anche perché tutti si sono tenuti in forma, nel limite del consentito), ma qualcosa di più simile a quella sensazione di leggero affaticamento che può capitare di provare quando facciamo qualcosa che non siamo abituati a fare. E in effetti, non eravamo più abituati a giocare a tennis (e questo lo si era già notato dopo pochi minuti, vista la diffusa ruggine nei colpi). Ma soprattutto, abbiamo dovuto fare attenzione a cose che di solito facevamo in maniera automatica, inconscia. E questo porta ad un consumo energetico maggiore.

DOPO AVER GIOCATO –Niente di particolarmente difficile o strano, subito dopo aver terminato di  giocare. Si saluta il partner di gioco con la racchetta, si tira lo straccio con la mano con il guanto, si toglie l’overgrip della racchetta. Ecco, forse quest’ultimo passaggio può risultare un po’ anomalo per chi è abituato a sostituire l’overgrip solo quando i segni dell’usura del tempo sono talmente evidenti da suscitare un po’ di vergogna… A parte gli scherzi, c’è da osservare che un buon overgrip costa almeno un paio di euro, quindi se qualcuno fa delle riflessioni sui costi (soprattutto se in famiglia si è in tanti a giocare, e più volte a settimana, la cifra totale non è proprio bassa), magari in questo periodo si potrà accettare qualche compromesso sulle capacità di assorbimento del sudore e accontentarsi di uno un po’ più a buon mercato. A tale proposito, non crediamo che valga come “cambia subito” toglierlo e rimetterlo dall’altro lato. No, certo, nessuno di voi lo aveva pensato… Comunque, fatta anche questa ci si toglie il guanto, ci si disinfetta le mani e si esce dal campo.

Ed è qui che si avverte un’ultima sensazione strana. I due giocatori sull’altro campo sono anche loro amici di lunga data. Tanto che l’ora del mercoledì finisce regolarmente con una chiacchierata in spogliatoio e periodicamente, quando i discorsi si fanno più seri, con un salto al pub. Per la precisione, dopo gli Slam e buona parte dei Masters 1000: tanto per capirci, con un paio di loro abbiamo condiviso più di una finale Slam, come quella leggendaria dell’Australian Open 2017 tra Roger e Rafa. Stavolta, niente di tutto questo. Ed è, forse, la cosa veramente più strana della serata. Quattro vecchi amici che risalgono le scale che dai campi portano al parcheggio in rigorosa fila indiana, con le mascherine ed ad un paio di metri di distanza (“Sai mai il sudore…”), per poi salutarsi da lontano, ognuno mentre sta aprendo la propria auto.

Ma quel sorriso che ci accompagna dall’inizio dell’ora non ci ha abbandonato e fa svanire subito una leggera sensazione di malinconia. In fin dei conti, abbiamo imparato che dobbiamo solo avere pazienza. Basta attendere ancora un po’ e potremo sorridere anche per essere tornati a discutere di tennis davanti a una pizza. E chissà, forse anche le discussioni su chi è più forte tra Federer, Nadal e Djokovic d’ora in poi saranno vissute con più serenità.

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