Racconti
Uno contro tutti: Lendl
Ventisei uomini diversi hanno occupato il trono di numero uno del mondo. Ripercorriamo le loro storie: oggi è la volta di Ivan, quarto all time per numero di settimane in vetta

Come anticipato nella scorsa puntata, dal 13 settembre 1982 al 13 agosto 1984 (quindi in ventitré mesi) il vertice del ranking ATP cambia per ben venti volte, quasi una al mese. Uscito definitivamente di scena Bjorn Borg, il suo posto viene preso da Ivan Lendl, che dovrà attendere il 28 febbraio 1983 per diventare ufficialmente il sesto n.1 del mondo in ordine di tempo. Anche se concede ai diretti rivali sette (a McEnroe) e otto (a Lendl) anni, Jimmy Connors non si arrende e in questo periodo riuscirà ad accumulare altre 17 settimane in vetta e portare il suo record assoluto a 268 totali. Ma quello delle settimane non è l’unico rilievo di peso. Quando, come vedremo, Jimbo si toglierà per l’ultima volta la corona (il 3 luglio 1983) avrà giocato 449 incontri da numero 1 – vincendone 405 (90,2%, la seconda miglior percentuale di sempre) – in un totale di 102 tornei. E in quei tornei raggiungerà 65 volte la finale, conquistandone 49.
Bene, la premessa su Connors era doverosa perché il mancino di Belleville si è intrufolato, con successo, in uno dei più emozionanti dualismi nella storia del tennis: quello tra John McEnroe e Ivan Lendl. Sì perché, anche se si fa un gran parlare – a giusta ragione – della rivalità tra lo statunitense e Borg, è opportuno sottolineare come, sotto il profilo delle rispettive personalità, la stessa sia stata condizionata dall’involontario ma effettivo ascendente che Borg aveva nei confronti di McEnroe. Contro lo scandinavo, per sua stessa successiva ammissione, McEnroe era solo McEnroe, non il cattivo ragazzo pronto a cogliere qualsiasi sfumatura di un incontro per trasformarlo in uno show. Insomma, tra i due sul campo c’era solo una pallina da rimandare – ciascuno a suo modo, ed erano proprio gli opposti modi di intendere questo sport che li rendeva avversari perfetti l’uno per l’altro – di là una volta più dell’altro. Ma tra McEnroe e Lendl… Beh, tra questi due c’era proprio una reciproca intollerabilità epidermica, che trasformava ogni loro match in una battaglia a tutto tondo.
Quando inizia il periodo che stiamo prendendo in esame, sono già otto i confronti diretti tra i due; Mac ha vinto i primi due, Ivan i successivi, di cui l’ultimo è recentissimo: la semifinale degli US Open, che Lendl incamera con lo score di 6-4 6-4 7-6. Pur di un anno più giovane, Lendl sembra avere le armi per neutralizzare McEnroe: un servizio abbastanza robusto da tenerlo sulla difensiva e colpi di sbarramento da fondo campo per neutralizzare la propensione offensiva dello statunitense. Ma siamo solo all’inizio, nonostante il concetto venga ribadito anche nella finale del Masters di New York, consueta chiusura/apertura a cavallo di due annate che per l’occasione ha cambiato formula passando all’eliminazione diretta. Al Madison Square Garden la supremazia del cecoslovacco è quasi imbarazzante: in finale lascia dieci giochi al numero 1 mondiale (6-4 6-4 6-2) e allunga a tredici titoli e due anni di imbattibilità la sua striscia indoor.
Quasi inevitabile, con questi numeri, che Lendl venga considerato il vero leader ma questo avviene solo – come detto – il 28 febbraio, dopo l’intermezzo di Connors che, approfittando del ko di McEnroe a Richmond con Tanner (eccolo lo scalpo del quarto n.1 appeso alla cintura di Roscoe) vince a Memphis e si fa eliminare a La Quinta da Mike Bauer. Californiano di Oakland, Bauer è uno degli otto tennisti ad aver vinto l’unico match disputato contro un n.1 mondiale. Il Congoleum Classic, torneo con 225 mila dollari di montepremi che si svolge al Mission Hills Country Club, è antenato dell’attuale Masters 1000 di Indian Wells e Connors ci arriva in grande fiducia. “Mi sento benissimo” afferma Jimbo dopo aver battuto all’esordio Sammy Giammalva jr. e nulla fa presagire la sconfitta rimediata contro il n.90 ATP che, naturalmente, giudica il 6-3 6-4 inflitto al ben più quotato connazionale come “il miglior risultato della mia carriera”.
Il paradosso della situazione – ma non è una novità, accadrà ancora in futuro – è che Lendl va a sedersi sul trono qualche giorno dopo aver perso da Pavel Slozil al primo turno del WCT di Delray Beach, rafforzando così la convinzione di tutti coloro che ritengono il computer inadeguato a stabilire i reali valori del tennis.
Opinioni personali a parte, Lendl raggiunge la vetta ma non ne farà certo buon uso. Nelle prime tredici settimane del suo regno, Ivan colleziona ben sei sconfitte (pur vincendo tre tornei: Milano, Houston e Hilton Head) di cui la più bruciante è sicuramente quella contro McEnroe nella finale del Masters WCT a Dallas. In Texas, John vince 7-6 al quinto set aggiudicandosi il tie-break decisivo per 7-0 con uno stratosferico ultimo punto – recupero vincente su palla corta, con complicità del raccattapalle che abbassa la testa per non intralciare la splendida traiettoria – e conferma, dopo averlo battuto anche a Filadelfia qualche mese prima, di poter vincere il complesso-Lendl.
In termini però di qualità assoluta degli avversari, sono ben altre le battute d’arresto di Ivan che fanno pensare: il 6-1 6-2 con Mark Dickson al primo turno del WCT di Monaco o ancora la sconfitta, sempre al debutto, con l’israeliano Shlomo Glickstein sulla terra di Monte Carlo. Tuttavia, sarà lo stop inflittogli da Balasz Taroczy ad Amburgo a detronizzarlo. Grande specialista della terra rossa (chiuderà la carriera con 20 finali nel circuito, di cui ben 18 su questa superficie), tennista forse un po’ leggero ma assai dotato tecnicamente, l’ungherese detronizza di fatto il n.1 rifilandogli un 6-1 al terzo set negli ottavi e riconsegna la corona a Connors, che si presenta al Roland Garros da leader del ranking.
Ma, vi avevamo avvertito, lassù in cima c’è poca stabilità e a Parigi Jimbo non va oltre i quarti di finale, eliminato nientemeno che da Christophe Roger-Vasselin, semisconosciuto anche al suo stesso pubblico tanto che, quando gli viene chiesto cos’abbia provato a sentire quei “Roger! Roger!” che arrivavano dagli spalti, risponderà sorridendo che “la prossima volta spero che si ricordino che mi chiamo Christophe…”. Cogliendo il risultato più importante della carriera, il n.130 del mondo permette a McEnroe di scendere in campo al Queen’s da leader ma qui in finale rimedia un doppio 6-3 dallo stesso Connors che così difende il titolo a Wimbledon da n.1. I punti in scadenza pesano però sul groppone di Jimmy e la sconfitta negli ottavi con il temibile sudafricano Kevin Curren segna i suoi ultimi giorni, che scadranno appunto il giorno prima dell’anniversario dell’indipendenza statunitense.
Il torneo lo domina McEnroe, che lascia per strada un set a Segarceanu ma regola Lendl in semifinale e strapazza il sorprendente Chris Lewis in finale con un triplice 6-2. John mantiene il primato per 17 settimane, nel corso delle quali viene battuto da due svedesi (Jarryd e Wilander) e soprattutto da Scanlon agli US Open ma l’ennesima rincorsa di Lendl è costellata di ottimi risultati (vittoria a Montreal e San Francisco, semifinale a Cincinnati) e solo la sconfitta nella finale degli US Open per mano di Connors – in quello che sarà l’ultimo degli otto Slam di Jimbo – gli impedisce di operare prima il sorpasso. Infatti, per rivedere Lendl n.1 occorre attendere la fine del torneo indoor di Tokyo, che il cecoslovacco fa suo battendo Scott Davis nell’ultimo atto.
Il finale di stagione, come capita in certe serie tv, è deludente e contraddittorio perché il re del momento, Lendl, perde entrambe le finali importanti a cui partecipa. La prima sull’erba del Kooyong di Melbourne, la seconda al Masters di New York. In Australia – ma era già successo a Cincinnati – c’è un giovane svedese dal radioso futuro a mettere in riga i primi due della classe: si chiama Mats Wilander e di lui sentiremo parlare ancora. Al Madison invece McEnroe, sotto gli occhi della nuova fiamma Tatum O’Neal, ribalta completamente il verdetto dell’anno precedente e finisce alla grande il 1983 sconfinando nella nuova stagione. E il nuovo anno è il 1984, quello in cui Orwell aveva immaginato un mondo diviso in tre grandi potenze. Nel tennis, invece, non ci saranno alternative all’egemonia di un solo Grande Fratello: John McEnroe. Ma di una tra le più incredibili stagioni mai fatte registrare da un tennista parleremo più nel dettaglio nella prossima puntata.
TABELLA SCONFITTE N.1 ATP – SESTA PARTE
ANNO | NUMERO 1 | AVVERSARIO | SCORE | TORNEO | SUP. |
1982 | CONNORS, JIMMY | McENROE, JOHN | 16 36 | SAN FRANCISCO | S |
1982 | CONNORS, JIMMY | MAYER, GENE | 36 62 36 | SYDNEY INDOOR | H |
1983 | McENROE, JOHN | LENDL, IVAN | 46 46 26 | MASTERS | S |
1983 | McENROE, JOHN | TANNER, ROSCOE | 36 75 26 | RICHMOND WCT | S |
1983 | CONNORS, JIMMY | BAUER, MIKE | 36 46 | LA QUINTA | H |
1983 | LENDL, IVAN | McNAMARA, PETER | 46 64 67 | BRUXELLES | S |
1983 | LENDL, IVAN | DICKSON, MARK | 16 26 | MONACO WCT | S |
1983 | LENDL, IVAN | GLICKSTEIN, SHLOMO | 26 63 57 | MONTE CARLO | C |
1983 | LENDL, IVAN | McENROE, JOHN | 26 64 36 76 67 | DALLAS WCT | S |
1983 | LENDL, IVAN | LECONTE, HENRI | 26 36 | FOREST HILLS WCT | C |
1983 | LENDL, IVAN | TAROCZY, BALASZ | 26 64 16 | AMBURGO | C |
1983 | CONNORS, JIMMY | ROGER-VASSELIN, CHRISTOPHE | 46 46 67 | ROLAND GARROS | C |
1983 | McENROE, JOHN | CONNORS, JIMMY | 36 36 | QUEEN’S | G |
1983 | CONNORS, JIMMY | CURREN, KEVIN | 36 76 36 67 | WIMBLEDON | G |
1983 | McENROE, JOHN | JARRYD, ANDERS | 36 67 | CANADA OPEN | H |
1983 | McENROE, JOHN | WILANDER, MATS | 46 46 | CINCINNATI | H |
1983 | McENROE, JOHN | SCANLON, BILL | 67 67 64 36 | US OPEN | H |
1983 | McENROE, JOHN | LENDL, IVAN | 63 67 46 | SAN FRANCISCO | S |
1983 | LENDL, IVAN | WILANDER, MATS | 16 46 46 | AUSTRALIAN OPEN | G |
1984 | LENDL, IVAN | McENROE, JOHN | 36 46 46 | MASTERS | S |
Uno contro tutti: Nastase e Newcombe
Uno contro tutti: Connors
Uno contro tutti: Borg e ancora Connors
Uno contro tutti: Bjorn Borg
Uno contro tutti: da Borg a McEnroe
ATP
Classifica ATP: Sinner perde una posizione. Fils ne guadagna 49
Accanto a due grandi potenze mondiali in continuo conflitto extratennis, USA e Russia, la piccola Italia è la sola nazione a poter vantare 3 giocatori fra i primi 20 del mondo

Eppur si muove disse Galileo a proposito della Terra e forse oggi lo ripeterebbe a proposito della classifica ATP, nonostante la scorsa settimana si siano disputati solo due tornei categoria 250 (Lione e Ginevra) e molti dei top player abbiano ricaricato le batterie in vista del Roland Garros. Infatti all’interno delle prime 100 posizioni qualcosa è cambiato, a partire dalla Top 20 dove Taylor Fritz e Cameron Norrie – il primo semifinalista a Ginevra e il secondo a Lione – hanno guadagnato una posizione ai danni di Jannik Sinner e Hubert Hurkacz.
TOP 20
Posizione | Giocatore | Nazione | Punti | Variazione |
1 | Alcaraz | Spagna | 6815 | |
2 | Medvedev | Russia | 6330 | |
3 | Djokovic | Serbia | 5955 | |
4 | Ruud | Norvegia | 4960 | |
5 | Tsitsipas | Grecia | 4775 | |
6 | Rune | Danimarca | 4375 | |
7 | Rublev | Russia | 4270 | |
8 | Fritz | USA | 3470 | 1 |
9 | Sinner | Italia | 3435 | -1 |
10 | Auger Aliassime | Canada | 3100 | |
11 | Khachanov | Russia | 2945 | |
12 | Tiafoe | Usa | 2790 | |
13 | Norrie | GBR | 2565 | 1 |
14 | Hurkacz | Polonia | 2525 | -1 |
15 | Nadal | Spagna | 2445 | |
16 | Coric | Croazia | 2410 | |
17 | Paul | Usa | 2170 | |
18 | Musetti | Italia | 2040 | |
19 | de Minaur | Australia | 1870 | |
20 | Berrettini | Italia | 1832 |
LE DISCESE ARDITE E LE RISALITE
Negli ultimi 7 giorni non si sono verificate discese di classifica degne di nota, bensì vertiginose risalite. Scorrendo dal basso all’alto il ranking applaudiamo il + 17 realizzato da Nicolas Jarry grazie alla vittoria ottenuta nel torneo di Ginevra e soprattutto il + 49 di Arthur Fils, classe 2004, vincitore in quello di Lione. Bene anche Ilya Ivashka: + 13
TENNIS ITALIANO
L’unico tennista italiano presente nelle prime 100 posizioni ad essere sceso in campo settimana scorsa è stato Marco Cecchinato, giunto sino al secondo turno a Ginevra. Tra i primi 200 giocatori del mondo al momento ci sono 18 italiani:
Nome | Classifica | Variazione | |
1 | Sinner | 9 | -1 |
2 | Musetti | 18 | |
3 | Berrettini | 20 | |
4 | Sonego | 48 | -3 |
5 | Cecchinato | 72 | 1 |
6 | Arnaldi | 106 | -1 |
7 | Passaro | 128 | |
8 | Zeppieri | 129 | |
9 | Fognini | 130 | |
10 | Brancaccio | 141 | |
11 | Vavassori | 148 | |
12 | Nardi | 151 | |
13 | Cobolli | 159 | |
14 | Bonadio | 164 | |
15 | Agamenone | 166 | |
16 | Bellucci | 167 | |
17 | Darderi | 179 | |
18 | Pellegrino | 183 |
NITTO ATP FINALS
La classifica dei migliori 10 giocatori della stagione è rimasta invariata rispetto a quella dello scorso lunedì 22 maggio.
Testa di serie | Giocatore | Nazione | Punti | Variazione |
1 | Medvedev | Russia | 4310 | |
2 | Alcaraz | Spagna | 3465 | |
3 | Djokovic | Serbia | 2755 | |
4 | Tsitsipas | Grecia | 2635 | |
5 | Sinner | Italia | 2285 | |
6 | Rublev | Russia | 2260 | |
7 | Rune | Danimarca | 2135 | |
8 | Fritz | USA | 1925 | |
9 | Khachanov | Russia | 1585 | |
10 | Norrie | GBR | 1545 |
ATP NEXT GENERATION
Di seguito l’elenco dei 10 migliori under 21 del 2023 aggiornato al 29 maggio:
Posizione | Giocatore | Nazione | Punti | Nato nel | Classifica ATP |
1 | Alcaraz | Spagna | 3465 | 2003 | 1 |
2 | Rune | Danimarca | 2135 | 2003 | 6 |
3 | Musetti | Italia | 70 | 2002 | 18 |
4 | Fils | Francia | 661 | 2004 | 63 |
5 | Shelton | USA | 555 | 2002 | 36 |
6 | Van Assche | Francia | 400 | 2004 | 82 |
7 | Cobolli | Italia | 278 | 2002 | 159 |
8 | Medjedovic | Serbia | 256 | 2003 | 168 |
9 | Stricker | Svizzera | 230 | 2002 | 116 |
10 | Cazaux | Italia | 220 | 2002 | 190 |
BEST RANKING
Tra i nomi di coloro i quali hanno ottenuto il best ranking questa settimana spicca quello di Arthur Fils.
Il diciottenne francese entra altresì per la prima volta nella top 100.
Giocatore | Posizione | Nazione |
Jarry | 35 | Cile |
Wu | 54 | Cina |
Fils | 63 | Francia |
O’Connell | 77 | Australia |
Flash
Serena Williams avrà una docu-serie su ESPN. Prime Video presenta un documentario sulla rivalità parigina di Djokovic e Nadal
Il colosso televisivo statunitense, interamente dedicato allo Sport, annuncia la produzione di una docu-serie incentrata sui momenti più importanti e significativi della carriera di Serena. Nel frattempo il servizio on-demand di Amazon ufficializza l’uscita, il prossimo 26 maggio, di un documentario esclusivo sulle sfide al Roland Garros tra Novak e Rafa

Il Tennis torna ad essere protagonista di alcune produzioni a stampo documentaristico, che svelano il dietro le quinte dei grandi appuntamenti del Tour con uno sguardo approfondito rivolto al lato umano degli atleti, dopo la serie Netflix “Break Point” che ha suscitato reazioni ed opinioni contrastanti – certamente indicato per un pubblico nuovo, e non per lo zoccolo duro degli aficionados della racchetta -. Ciononostante, pur non raccogliendo un consenso unanime, la Docu-Serie avrà seguito: è stata, infatti, già lanciata la nuova stagione targata 2024 dove a bucare lo schermo saranno – finora gli unici ad essere stati annunciati – Carlos Alcaraz, Alexander Zverev e Caroline Garcia.
Il ritorno dello Sport del Diavolo, come tema portante assieme alle sue figure di spicco di quella determinata tipologia di elaborazioni audiovisive che si incentrano sulla narrazione dettagliata e caratterizzante sul piano dello Storytelling, lo si deve a due colossi del settore: ESPN e Amazon Prime Video.
In The Arena: Serena Williams
Partiamo occupandoci della produzione finanziata dall’emittente televisiva americana dedita unicamente alla trasmissione di eventi sportivi: è stata, difatti, ufficializzata la nascita di un progetto che prevederà la creazione di una Docu-Serie sulla vita da professionista del tennis di Serena Williams, un prodotto che farà rivivere i momenti salienti e maggiormente significativi della carriera della 23 volte campionessa Slam attraverso immagini e dichiarazioni della stessa 41enne di Saginaw e delle persone più vicine alla leggenda del Michigan.
La serie, che verrà intitolata In The Arena: Serena Williams, conferma per l’ennesima volta – ce ne fosse ancora bisogno – come sia oramai innegabile il fatto che Serena, la sua epopea in campo e tutto ciò che rappresenta siano entrati completamente a far parte della cultura popolare aldilà dell’Oceano, e forse non “soltanto” lì.
L’ex n. 1 del mondo ha appeso la racchetta al chiodo all’ultimo US Open e nonostante per l’appunto non sia trascorso neppure un anno dal suo ritiro, nei mesi scorsi ha flirtato in più di una circostanza durante svariate interviste con la concreta possibilità di rientrare seriamente alle competizioni. Tuttavia è in arrivo il secondogenito, perciò è molto più sensato pensare che “l’evoluzione” sia stata ormai superata del tutto e che nel prossimo futuro la minore delle sorelle Williams, si veda solamente – si fa per dire – nel ruolo di mamma con affianco qualche scappatella glamour e mediatica a cui non hai mai voluto rinunciare e che hanno sempre incontrato il suo gusto: le ultime in ordine di tempo al paddock del Gran Premio di Formula Uno di Miami, che ha sede nel complesso dell’Hard Rock Stadium ossia la location che ospita anche il torneo 1000 combined, in prelibata compagnia tennistica e al Met Gala sfilando sul Red Carpet con il pancione in bella vista.
Nadal/Djokovic, Duello al Roland Garros
Ad una produzione lanciata che si prospetta estremamente intrigante, dà seguito un’altra che al contrario è in già in procinto di essere visibile: il servizio on-demand di Amazon, dal prossimo 26 maggio, presenterà in esclusiva un documentario speciale che riavvolgerà il nastro sulla trascendente rivalità – sempre contraddistinta dal rispetto reciproco– consumatasi nell’iconico teatro del Roland Garros, e più precisamente sul manto terroso prestigioso del Philippe Chatrier, nel confronto fra due mostri sacri dell’Era Open.
Stiamo parlando di Novak Djokovic e Rafael Nadal – in doveroso ordine alfabetico -, i due tennisti con il numero più alto di prove Major mai inserite nella personale bacheca di un giocatore nella storia tennistica: 22 a testa. La produzione alimenterà l’epica di questi due fenomeni, iniziando il racconto ripercorrendo la prima grande sfida andata in scena a Bois de Boulogne datata nel lontano 2006, la bellezza di 17 anni fa a testimonianza della continuità ad altissimi livelli e della longevità di Nole e Rafa.
Un documentario, dunque, che darà spazio alle traiettorie delle loro legacy e del rapporto di questi due fuoriclasse assoluti delle raccheta con lo sport che praticano magistralmente da tempo in memore. Si muoverà, inoltre, sul filo sottile della contrapposizione ideale di uomini diversi che affondano le personali radici identitarie nei meandri di un vissuto quasi agli antipodi: sviscerando analogie e somiglianze, dalla condivisa sete per quel senso di competizione che provoca un sentimento di ossessione compulsiva e spasmodica verso l’ottenimento di continui successi, sino alla grandezza dei loro rispettivi palmares, decisamente simili, che controbatte a stili, origini, caratteri e temperamenti totalmente opposti.
I registi dell’opera, intitolata “Nadal/Djokovic, Duello al Roland Garros“, Céline Jallet, Julie Robert e Antoine Benneteau esplorano la rivalità tra lo spagnolo ed il serbo in cinque atti per una durata complessiva di 62 minuti, privilegiando l’approccio drammaturgico. Il file rouge tematico del racconto viene portato in scena proprio dai ripetuti duelli, divenuti per mezzo delle curve della memoria di padre tempo mitici, quasi mistici: dieci confronti diretti materializzatisi nella Parigi terrosa, più che in qualsiasi altro evento (tre volte si sono scontrati a Wimbledon e altrettante allo US Open, due invece le circostanze in cui si sono affrontati a Melbourne), dal 2006 al 2022 sintomi di un’epoca irripetibile tra le più tuonanti della storia sportiva: nel suo Regno, per 14 volte ha alzato al cielo la Coppa dei Moschettieri, Re Rafa XIV – le cui probabilità di vederlo ai nastri di partenza del suo feudo nell’edizione 2023 sono sempre più basse – ha soppiantato l’acerrimo ed agguerrito rivale in 8 occasioni facendo valere il peso della storia; nei quarti del 2015 e nella semifinale del 2021 però l’imponderabile si è fatto realtà con l’inossidabile uomo di gomma che è riuscito a sconfiggere uno che in carriera fino ad allora nell’appuntamento principe della stagione sul rosso aveva trionfato in 112 incontri a fronte di un unico e clamoroso KO con Robin Soderling maturato negli ottavi di finale del 2009.
Perciò uno spettacolo, quello di Prime Video, che ci offre la possibilità di rivivere quella serie di sfide incredibili e aprire così le porte a flashback che riportino alla luce lo splendore passato, senza per questo tralasciare la costruzione prima umana e poi agonistica di questi due iconici campioni: immergendosi nel cuore della loro infanzia tra tormenti e gioie, che garantiscono allo spettatore di poter indentificare e comprendere al meglio la meravigliosa rivalità di cui sono stati autentici protagonisti.
Il racconto di un viaggio immersivo che verrà accompagnato da illustrazioni evocative e che si mostrerà nella sua dimensione universale, ben più profonda della pur notevole logica sportiva, narrando un susseguirsi incessante di ricordi, confessioni e aneddoti anche di coloro che in questi anni hanno avuto il privilegio di condividerne il rettangolo di gioco: vincitori e finalisti Slam del calibro di Stan Wawrinka, Dominic Thiem, Alexander Zverev, David Ferrer, Jo-Wilfried Tsonga o vere e proprie leggende dell’Open di Francia come Gustavo Kuerten e Sergi Bruguera, fino a coach, giornalisti, addetti ai lavori di vario genere. Tutti testimoni di sfide epiche passate – e che passeranno – ai posteri come capolavori strategici dell’arte tennistica.
Flash
È morto Günter Parche, l’attentatore di Monica Seles
L’aggressore viveva in una casa di cura tedesca da 14 anni ed è deceduto lo scorso agosto all’età di 68 anni dopo un periodo di cure palliative

Tra 8 giorni il mondo del tennis vivrà uno spiacevole anniversario. Quello dei 30 anni da quando la campionessa Monica Seles, il 30 aprile del 1993, venne accoltellata a una spalla da Günter Parche. La notizia è che l’uomo è morto all’età di 68 anni e il decesso, come riporta Bild, risale allo scorso agosto. L’aggressore è stato trovato senza vita nella casa di cura a Nordhausen in cui aveva trascorso gli ultimi 14 anni, dopo che nell’ultimo periodo era stato sottoposto a cure palliative.
Ma ripercorriamo brevemente i fatti che hanno certamente cambiato la storia di questo sport: alle ore 17 di quel funesto 30 aprile Seles – vincitrice in carriera di 9 Slam, di cui 8 prima di quell’episodio che le ha cambiato radicalmente la vita – stava conducendo tranquillamente per 6-4 4-3 il suo quarto di finale sul campo centrale di Amburgo, la Rotenbhaum Arena, contro Magdalena Maleeva. Parche, al cambio di campo, riuscì a confondersi con il resto degli spettatori e raggiunse la ringhiera – non invalicabile – che separava il pubblico dalla giocatrice, estraendo un coltello dalla sua borsa e colpendo la tennista jugoslava naturalizzata statunitense, provocandole lievi lesioni fisiche ma importanti conseguenze mentali e costringendola a una lontananza dai campi per 27 mesi. Dovette ripartire da capo Monica, segnata nella propria persona anche dalla scarsa solidarietà delle colleghe tenniste (ad eccezione di Gabriela Sabatini), nel non voler congelare il suo ranking.
Il motivo del gesto dell’attentatore era da ritrovarsi nella sua netta predilezione, se non ossessione, per un’altra campionessa, quella Steffi Graf che all’inizio della stagione ’93 si stava giocando, con continui sorpassi e controsorpassi, il vertice della classifica mondiale proprio con Seles. L’uomo voleva dare alla sua tennista preferita la possibilità di dominare incontrastata nei mesi a venire, cosa che poi effettivamente avvenne, dato che Graf trionfò nei successivi quattro Slam (dal Roland Garros ’93 fino all’Australian Open ’94).
Seles non è mai più riuscita a tornare forte come prima (all’epoca dell’aggressione non aveva ancora compiuto 20 anni e aveva giocato 33 finali su 34 tornei disputati dal gennaio 2021), mentre Parche, dopo l’episodio, si dichiarò immediatamente colpevole e rimase in carcere solo fino al 13 ottobre 1993, data della condanna per aggressione aggravata, prima di trascorrere due anni in libertà vigilata.
Federico Martegani