Quattro temi (e mezzo) da Lexington - Pagina 2 di 3

Al femminile

Quattro temi (e mezzo) da Lexington

Da Jennifer Brady a Serena Williams, passando (in parte) per Jil Teichmann: in vista dello US Open il circuito WTA è tornato a giocare sul cemento, proponendo spunti interessanti

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Jennifer Brady - Brisbane 2020 (via Twitter, @BrisbaneTennis)
 

2. Le giocatrici “sfuggenti”
Nell’articolo di questa settimana oltre che di Jennifer Brady avrei voluto parlare anche della finalista sconfitta, la svizzera Jil Teichmann. Sarebbe quasi un tema obbligatorio, visto che non ho mai scritto di lei neanche lo scorso anno. Si tratta di una giocatrice in crescita, capace di vincere nel 2019 l’International di Praga (in finale su Muchova) e quello di Palermo addirittura battendo in finale una Top 10 specialista della terra battuta come Kiki Bertens.

Invece anche questa volta preferisco non scrivere di lei. Per spiegare la ragione mi rifaccio a un articolo dello scorso anno, che spiega il problema: “Non so se a voi accade, ma per quanto mi riguarda in alcune occasioni ho la sensazione di non riuscire a capire davvero certi giocatori. Mentre li seguo mi sfugge il perché delle loro scelte di gioco, e mi sento uno spettatore estraneo ai processi che attuano in campo. Attenzione: non si tratta di essere d’accordo o meno con le loro scelte, quanto proprio di capirle. È qualcosa che viene prima del giudizio critico (giusto – sbagliato), ma riguarda i postulati, il senso profondo del loro tennis. Tra la giocatrici in attività di un certo rilievo, quella che forse mi crea più problemi di interpretazione è CiCi Bellis; e infatti su di lei non ho mai scritto nulla, per il semplice motivo che non mi sento in grado di farlo”.

Questo brano era riferito a Bianca Andreescu, subito dopo il suo primo importante successo a Indian Wells 2019. “Dovevo” parlare di lei, ma in quel momento avevo l’impressione che qualcosa del suo tennis mi sfuggisse. Poi però, per fortuna, le cose si sono risolte, e non seguo più i match di Bianca con il disagio descritto prima.

Questo non significa che non ci siano altre giocatrici che mi pongono lo stesso problema. Ho già citato Cici Bellis, ma devono confessare che anche con i match di Donna Vekic a volte mi sento uno “spettatore escluso”. Li seguo senza riuscire a definire un preciso quadro tecnico-tattico di riferimento, che mi consenta di costruire un minimo di pensieri coerenti. E infatti su di lei ho scritto pochissimo, e solo su questioni marginali. Ma ricordo che difficoltà simili le avevo avute anche con la giovane Kim Clijsters.

Purtroppo oggi ho lo stesso problema con Jil Teichmann: sento che troppo spesso mi sfuggono le sue scelte in campo. Non sono nemmeno riuscito a capire davvero come e quanto sfrutti il suo essere mancina. Rispetto a Bellis e Vekic sono più ottimista, perché ho visto giocare davvero poco Teichmann, oltre tutto con molto distanza di tempo fra i vari match. Se mi capiterà di seguirla con più assiduità, spero di essere in grado di inquadrarla meglio. Ma oggi devo per forza desistere: tema affrontato a metà.

3. Serena Williams
Come sta Serena Williams? La giocatrice che da tre anni va alla caccia del 24mo titolo Slam, è tornata in campo a Lexington a distanza di oltre sei mesi dall’ultimo impegno ufficiale. Williams infatti, dopo la sconfitta contro Wang Qiang all’Australian Open 2020, aveva affrontato solo i due match di Fed Cup di inizio febbraio contro la Lettonia di Ostapenko e Sevastova. Come ha giocato la scorsa settimana? Se ragioniamo in vista dei tornei più importanti, secondo me ha dato indicazioni positive. Ci sono state occasioni nel passato in cui nei tornei pre-Slam mi era sembrata più indietro di condizione, e poi era comunque riuscita ad arrivare in fondo nel Major.

In Kentucky ha esordito contro Bernarda Pera perdendo il primo set, e poi ha perfino rischiato di compromettere il match quando nel secondo set sul 4 pari si è trovata al servizio sullo 0-40. Però in quel frangente ha alzato il livello del proprio tennis (in battuta, ma anche durante lo scambio) di quanto bastava per salvare le palle-break e poi anche rovesciare rapidamente la partita a proprio favore (4-6, 6-4, 6-1).

Al secondo turno ha trovato Venus Williams. Trentunesimo scontro diretto di una leggendaria vicenda tennistica, nella quale però ultimamente Serena finisce quasi sempre per avere la meglio (il parziale degli ultimi 11 match è 9-2 per lei). Come nel primo turno è partita lenta, ha perso il primo set, ma ha avuto la meglio alla distanza (3-6, 6-4, 6-3). Sinceramente ho avuto l’impressione che più che un miglioramento di Serena sia stato determinante un calo di Venus (anche sul piano fisico); ma è stato comunque un altro incontro abbastanza positivo.

Andamento e risultato opposti nel terzo match contro Shelby Rogers: Serena è partita meglio, sembrava avere la situazione sotto controllo, ma quando Rogers ha cominciato a reggere meglio lo scambio e trovare più spesso il campo con le sue notevoli accelerazioni di dritto, la partita si è fatta equilibrata. E Shelby ha finito per prevalere di un soffio: 1-6, 6-4, 7-6(5).

Sul 4-5 del secondo set Williams ha perso per la prima volta la battuta, e a conti fatti è stata anche l’unica volta in tutto il match nella quale ha perso il servizio. Eppure tanto è bastato per perdere la partita, visto che nel terzo set non ci sono stati break e tutto si è deciso al tiebreak. Anche in questo match quindi il servizio di Serena è stato complessivamente solido, e questa è una buona notizia in chiave futura, visto che a quasi 39 anni per lei è fondamentale ricavare punti facili senza dover scambiare.

Piuttosto è mancata nell’altro colpo di inizio gioco: la risposta. Primo set a parte, poche volte ha messo sotto pressione il servizio di Rogers. Ma direi che ha il tempo per crescere in questo fondamentale, in vista del Premier che si giocherà la prossima settimana a New York.

a pagina 3: Rogers e Gauff, le semifinaliste di Lexington

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