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Al femminile

Quattro temi da Indian Wells

La sorpresa Andreescu, le trasformazioni di Naomi Osaka, lo strano cambio campo di Elina Svitolina e altro ancora sul torneo californiano

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Bianca Andreescu ed Elina Svitolina - Indian Wells 2019
 

4. Bianca Andreescu
Per parlare di Bianca Andreescu ho bisogno di prendere le cose un po’ alla lontana, partendo da una considerazione del tutto personale. Non so se a voi accade, ma per quanto mi riguarda in alcune occasioni ho la sensazione di non riuscire a capire davvero certi giocatori. Mentre li seguo mi sfugge il perché delle loro scelte di gioco, e mi sento uno spettatore estraneo ai processi che attuano in campo. Attenzione: non si tratta di essere d’accordo o meno con le loro scelte, quanto proprio di capirle. È qualcosa che viene prima del giudizio critico (giusto – sbagliato), ma riguarda i postulati, il senso profondo del loro tennis.

Tra la giocatrici in attività di un certo rilievo, quella che forse mi crea più problemi di interpretazione è CiCi Bellis; e infatti su di lei non ho mai scritto nulla, per il semplice motivo che non mi sento in grado di farlo. Purtroppo oggi CiCi è ferma a causa di un infortunio al polso: un guaio che impedisce a lei di giocare, e a me di seguirla, nel costante sforzo di chiarirmi finalmente le idee sul suo modo di stare in campo.

Oggi devo confessare che mi trovo in una situazione simile con Andreescu. Rispetto a Bellis ho però qualche attenuante in più, che mi fa sperare di trovare il bandolo della matassa in tempi ragionevoli. La prima attenuante è questa: complessivamente ho visto giocare troppo poco Bianca. In più fra le prime occasioni in cui l’ho incrociata e gli impegni di questo 2019 è passato diverso tempo; e nel suo caso non è passato invano. E questa è anche la seconda attenuante, perché fra la sedicenne alle prime esperienze in WTA e la giocatrice di oggi c’è una differenza abissale: così grande che fatico a mettere insieme le due versioni per strutturare il giudizio.
Agli esordi in WTA spiccava soprattutto per la rapidità di gambe e per il grande impegno, al limite della frenesia, che metteva in campo. Considerata la giovanissima età, non sorprendeva la sensazione che fosse ancora una giocatrice alla ricerca di un equilibrio: a volte confusionaria, era capace di tentare vincenti in situazioni quasi impossibili, come di scegliere soluzioni interlocutorie quando invece c’era l’occasione di chiudere il punto.

E oggi, dopo lo straordinario successo a Indian Wells? Dopo che si è affermata da wild card, a soli 18 anni, nel torneo forse più prestigioso a parte gli Slam? Senza cercare di costruire una sintesi, provo a raccontare quello che mi sembra di avere capito su di lei, e quello che invece mi sfugge.

Partiamo dal servizio: sicuramente vario, non superpotente ma con una buona prima, che ha anche dimostrato di saper variare; non sono tante le diciottenni in grado di colpire non solo teso ma anche in kick. Non è ancora il kick della miglior Stosur o di Madison Keys, ma rimane comunque una esecuzione in grado di far rimbalzare la palla alta a sufficienza per mettere in difficoltà chi risponde.

In più ci sono i colpi in topspin da fondo, che Luca Baldissera ha descritto nel dettaglio la scorsa settimana: un solido rovescio e un dritto di impostazione “canadese”, cioè spinto molto di spalla (proprio come Bouchard, ma direi anche Svitolina). Oltre ai topspin sa eseguire con notevole facilità il rovescio slice giocato, ma anche i colpi choppati da entrambe le parti, necessari per difendere bene. Chop a cui ricorre nelle situazioni di contenimento, senza però comunicare affanno, quanto piuttosto sicurezza: si percepisce che li usa convinta di non sbagliare; e in questo atteggiamento specifico mi ricorda da vicino Elise Mertens. Questo repertorio di tagli “dall’alto in basso” è completato dalle smorzate, eseguite sia di rovescio che di dritto.

Già con questi elementi ne avrebbe a sufficienza per proporre un gioco discretamente vario, ma in più nella costruzione dello scambio Andreescu aggiunge un frequente uso della palla con parabola molto alta sopra la rete. Non proprio una moonball, ma quasi: definiamola una “mezza moonball”. Tra le giocatrici di successo forse chi usa con una certa sistematicità (ma sicuramente con meno frequenza) una simile mezza moonball c’è Garbiñe Muguruza.

Bianca costruisce il palleggio da fondo su questi colpi, che sono gli strumenti-base del suo tennis. Ma al momento di spiegare come e perché sceglie di utilizzarne uno invece di un altro, emergono i miei dubbi, ed è il motivo per cui il nocciolo del suo gioco al momento non mi è chiaro.
Il punto di partenza è la varietà. Ma usata come? Non direi che in Andreescu l’alternanza dei colpi sia particolarmente mirata a sorprendere chi ha di fronte (palla corta esclusa, ma questo vale per tutte), come accade per alcune giocatrici, fino agli estremi massimi proposti dalla diabolica “casualità”, di Laura Siegemund. Laura è capace, quando è in grande condizione, di far stare la sua avversaria nel costante timore di essere colta in controtempo. Ma non è il caso di Bianca.

Allora come compie le scelte? Se non sono così influenzate dalle reazioni avversarie, forse le sue decisioni derivano da un’idea quasi precostituita di variazione, come se si trattasse di applicare un “pattern” prestabilito di colpi differenti. Significherebbe un tipo di tennis meno cerebrale ma comunque produttivo, e più semplice da attuare.

Potrebbe essere una spiegazione logica, considerando la giovane età di Andreescu, e quanta maturità normalmente è necessaria per mettere in campo tante soluzioni diverse. E comunque decidere di “variare per variare”, significa in ogni caso puntare a far sbagliare l’avversaria con maggiore frequenza; perché offrendo parabole differenti la si obbliga ad aggiustare più spesso la meccanica dei colpi. È una tesi possibile, ma mi resta il dubbio che ci siano altre ragioni che governano il tennis di Andreescu, che potrebbero essermi completamente sfuggite.
Per capirne di più sarà anche utile vedere come la affronteranno le altre giocatrici, che sicuramente dopo l’exploit californiano cominceranno a studiarla, per decrittarla e individuarne i punti deboli.

Nei prossimi impegni si potrà anche misurare un altro aspetto molto importante, fondamentale per chi ricorre alla varietà dei colpi: quanto cioè Bianca sia in grado di mantenere la costante profondità di palla esibita a Indian Wells. Perché, per esempio, una “mezza moonball” che rimbalza a pochi centimetri dalla linea di fondo si trasforma in una parabola molto complicata da gestire, dato che spinge lontano dal campo; ma la stessa mezza moonball che rimbalza corta è quasi un suicidio. Essere capaci di giocare così profondo con regolarità può essere decisivo per l’esito dei match; e in generale direi che quanto più si è in grado di tenere la palla a ridosso della linea di fondo (nelle situazioni offensive, ma anche difensive), tanto più si ha possibilità di stare ai vertici del ranking.

Infine rimangono da scoprire gli aspetti mentali. Che però, come ho già scritto più volte in passato, non credo si possano valutare a 18 anni. Quando si è una esordiente di successo in WTA e le cose cominciano a girare per il verso giusto, ci si trova in una condizione irripetibile: con nulla da perdere, e una enorme carica di entusiasmo legata al successo e alle novità del circuito. Tutte le giocatrici che attraversano questo periodo di carriera risultano coraggiose, e quasi sempre capaci di giocare bene i punti determinanti dei match.

Per esempio nell’anno della sua vittoria al Roland Garros, Jelena Ostapenko era apparsa come una “terminator” senza paura. L’anno dopo, chiamata a difendere il titolo, avrebbe perso al primo turno da Kateryna Kozlova dopo una partita disastrosa, paralizzata delle responsabilità. Stessa giocatrice, stesso torneo e due estremi opposti; ma in fondo nessuno dei due illustra il vero carattere di Jelena.
Ecco perché sono convinto che sia più sensato sospendere il giudizio sulle qualità caratteriali delle teenager, e aspettare che si stabilizzino nel circuito, dopo aver attraversato esperienze e momenti diversi, positivi e no.

Già da Miami si potrebbe capire di più delle qualità Andreescu, e i prossimi tornei su terra forniranno ulteriori indicazioni; ma è probabile che per delineare un quadro completo occorrerà ragionare a lungo termine, senza pretendere di arrivare troppo presto a conclusioni definitive.

Come già lo scorso anno, questa rubrica non uscirà martedì prossimo e tornerà fra due settimane, al termine di Miami.
Buon torneo a tutti.

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