Roland Garros: chi emerge dal basso? Le presunte favorite a sud del tabellone

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Roland Garros: chi emerge dal basso? Le presunte favorite a sud del tabellone

Kenin è la più alta in grado, ma ha convinto poco. Muguruza forse avanti a Sabalenka e Kvitova. Sempre che Ostapenko, Martic e Ferro non optino per sparigliare

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Garbine Muguruza - Roland Garros 2020 (via Twitter, @rolandgarros)
 

Quasi una settimana di Roland Garros anomalo, freddo, piovoso, contestato. Un Roland Garros non dissimile dal suo classico, omologo primaverile, se guardiamo solamente ai risultati. Il tabellone femminile non fa sconti né prigioniere, come sempre, come al solito, da quando Serena Williams ha comprensibilmente deciso di dare priorità assoluta all’erede Alexis Olympia. Saltata lei, ancora regina del circuito ancorché scarsamente praticante, affogata nel perdurante incubo avente le sinistre sembianze di Margaret Smith Court, il campo è apertissimo.

Azzoppata dal tendine d’Achille e costretta al ritiro poco prima della rivincita di New York con Tsvetana Pironkova, Serena era sistemata nella parte alta del draw, dove alberga l’unica signorina di cui tenderemmo a fidarci, dovessimo puntare un marengo per scommessa: naturalmente la moltiplica più bassa offerta dagli allibratori è posta accanto al nome di Simona Halep. A sud del tabellone, nonostante le discrete vittorie ottenute al secondo turno da Garbine Muguruza, Sofia Kenin e Petra Kvitova, l’incertezza è regnante, specialmente dopo l’ennesimo scivolone Slam occorso alla sempre più atarassica Karolina Pliskova, sulla quale peraltro avremmo puntato un dollaro previe molte resistenze anche se il dollaro non fosse stato nostro. Del resto, parafrasando la campionessa dell’edizione 2016, “di favorite non ce ne sono, una giornata al 98% non basta, si va a casa con poco“. Sarà.

In attesa del day 7 in procinto di scattare tra poco più di un’ora abbiamo già registrato il massacro delle teste di serie, là in basso. Superstiti, sei su sedici. Tra arrabbiature, tristezze, nostalgia del Rolando che fu, inettitudine a sopravvivere nella cosiddetta bolla e “condizioni fisiche imperfette”, hanno già salutato Parigi a sorpresa variabile Jennifer Brady, Elena Rybakina, Karolina Muchova, Donna Vekic, Magda Linette, Angie Kerber, Madison Keys, Alison Riske, Sloane Stephens e, appunto, la viceregina del territorio Karolina Pliskova. Ciò che succede negli Slam rimane, o dovrebbe rimanere, negli Slam, come già si è più di una volta avuto modo di annotare: la stagione corrente, e figuriamoci questa, i precedenti, il ceto e la casata contano fin che contano: pochino.

La più alta in grado è Sofia Kenin, campionessa in carica dell’Open d’Australia, piuttosto allergica alla polvere di mattone: in carriera, mai un quarto di finale sul rosso; un digiuno che mal si abbina al pedigree di una giovane campionessa che vorrebbe ampliare presto il palmarès dei trofei grossi. Qui finora ha giocato a corrente alternata, come dicono quelli che frequentano l’ambiente, ma quasi sicuramente il livello espresso nei primi due turni non basterà . “Fatico a trovare ritmo, a entrare in partita – ha detto la bionda Sofia in conferenza dopo la vittoria in rimonta su Ana Bogdan -. Soffro un po’ di tensione extra, prima di scendere in campo mi capita di piangere“.

Il padre la dileggia alla fine di ogni match vinto col brivido: “Mi devi spiegare perché non ti piace vincere sei-uno sei-zero“. Le sue chance di arrivare finalmente tra le ultime otto non sono scarse: al prossimo turno arriva la qualificata Irina-Maria Bara, che ha battuto al primo turno Donna Vekic, poi, forse, Fiona Ferro, riemersa dopo il trionfo di Palermo con una bella vittoria su Elena Rybakina. Prima ancora di pensare alle rivali, urge alzare il livello: il borsino, allo stato dell’arte, vede Sofia pericolante davanti a ogni ostacolo.

Subito dietro a Kenin, la griglia propone Kvitova, Sabalenka e Muguruza. Scegliere la più in palla delle tre non è facile: Aryna e Petra ex Petrona sin qui non hanno perso set a differenza di Garbine, uscita per miracolo e con titaniche fatiche dal match di primo turno con Tamara Zidansek, ma Sabalenka ha dovuto salvare un set point contro la mesta Kasatkina di questi tempi e Kvitova ha penato non poco per evitare il terzo con Jasmine Paolini. “Preparando la partita ricordavo lo stile di Sara Errani, Roberta Vinci, Francesca Schiavone – ha fatto sapere la mancina da Bilovec -, e chissà perché mi aspettavo da Paolini qualcosa di simile. Invece lei colpisce piatto da ambo i lati, mi ha sorpresa. In più la mia risposta non ha funzionato come avrei sperato e uscire con il secondo set in tasca è stato complesso“.

Per lei ora la sfida – che ci perdonerete se osiamo definire generazionale – alla teen prodigio Leyla Fernandez, la quale si sta approcciando all’evento con cerebrale serenità. Si definisce “solo una ragazzina che sta provando a diventare professionista“, ma lo studio tattico dietro ogni singola partita è quello di una veterana: “La palla non è la cosa più importante. Studio i movimenti dell’avversaria, gli angoli aperti, gli spazi. Sto facendo un buon lavoro mi pare“. Per Petra non sarà semplice.

Non sarà facile nemmeno per Aryna Sabalenka, le cui prospettive sul rosso sono ancora in divenire. Disinnescati i dropshot di Daria Kasatkina, al carrarmato bielorusso toccherà ora sbrogliare la complicata ragnatela che la maghetta Ons Jabeur non mancherà di tessere, nell’unico scontro tra teste di serie della zona. “So che i cambi di ritmo le danno fastidio, e quando posso cambiare il ritmo mi sento a casa“, ha detto la tunisina. Partita aperta, un’altra. Muguruza pare la favorita, in fondo, anche perché di Danielle Rose Collins non si ricordano grandi imprese sulla terra battuta. “Lei è molto aggressiva, ma dopo un primo round molto complicato adesso mi sento meglio e sono convinta delle mie possibilità. Sono contenta di come ho giocato con Kristyna Pliskova, era la prima mancina che affrontavo quest’anno e ha un gran servizio. Il mio livello è buono, ma non sufficiente e dovrà per forza salire se voglio giocarmi il titolo“.

Tra le graduate resta Petra Martic, una che a Parigi merita sempre un occhio di riguardo: affronterà Lauretta Siegemund, divertente (e divertita) sulla terra battuta. Le altre? Fiona Ferro, se sta bene, è un brutto osso per tutte, con quel drittaccio, e parlando di padrone di casa sarà bello osservare da vicino la parabola della diciannovenne invitata Clara Burel, new entry a questi livelli e attesa dal tignoso tennis di Zhang, per vendicare il rovescio patito da un’altra bleu, Alizé Cornet.

Non vorremmo proprio prevedere alcunché, visti gli annessi e connessi di uno spicchio di draw su cui gravano le peggiori perturbazioni, non solo meteorologiche. Ma con un revolver puntato alla tempia vediamo, pronta a smentirci, Muguruza un filo avanti alle altre. Sempre che non spunti dietro all’ultima curva l’unica di cui non abbiamo parlato: Jelena Ostapenko, tra pochissimi acuti e molte cadute rovinose, ha già abbondantemente dimostrato di saper come imbroccare la settimana da sogno, al Bois de Boulogne.

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