Il vaccino della FIT contro il coronavirus

Opinioni

Il vaccino della FIT contro il coronavirus

Con le restrizioni imposte dal DPCM di ottobre, che rimarranno le medesime (a parte le quattro ‘regioni rosse’) è vietato agli amatori giocare indoor. A meno di fare la tessera agonistica

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Illustrazione di Emanuele Rosso
 

Il presidente della FIT Angelo Binaghi ha dimostrato in più occasioni di essere un passo avanti a tutti. Per esempio, anticipando le “elezioni” federali (presumibilmente) per non correre alcun rischio nemmeno di fronte a quella che era solo un’idea di decreto del ministro Spadafora, volta a limitare il numero di mandati delle cariche delle federazioni sportive. “Elezioni” obbligatoriamente tra virgolette perché il termine implica una scelta da parte degli elettori; quando si presenta un solo candidato, manca la possibilità di scegliere e, almeno dal punto di vista linguistico, pare improprio parlare di elezioni. In ogni caso, Angelo Binaghi rimane in carica dall’inizio del millennio.

Tornando invece al passo avanti a tutti, mentre nel mondo c’è la corsa al vaccino che ci libererà dal morbo pandemico, il presidente lo ha trovato: è la tessera agonistica della FIT. Testata ormai da decenni, ha fatto registrare pochissimi effetti collaterali (abbiamo registrato squalifiche per i tesserati che partecipavano a tornei non autorizzati dalla Federtennis e minacce di multe per l’intenzione di partecipare a competizioni a squadre organizzate da altri enti sportivi). Nulla al confronto dei benefici che apporta istantaneamente, senza contare che non sconta problemi di distribuzione, è disponibile subito in dosi illimitate e assicura la protezione contro il virus per dodici mesi, il tutto a soli 30 euro annui (costo per un over 16 di quarta categoria o non classificato). Ma come funziona?

Diciamo che siete due amici che giocano più o meno abitualmente, senza velleità o tempo di partecipare a tornei, ma solo per divertimento. Il DPCM del 24 ottobre scorso vi vieta di giocare al coperto, disposizione che avete probabilmente accolto con un misto di sorpresa e sconforto (magari vi sarà addirittura scappato un “perbacco”) visto che faticate a comprendere come trovarsi in due a venti metri di distanza dentro un pallone pressostatico o sotto una struttura tensostatica pur aperta ai lati possa costituire un pericolo di contagio maggiore rispetto ad altre situazioni apparentemente ben più critiche nondimeno permesse. Il nuovo DPCM, che entrerà in vigore venerdì 6 novembre e sarà valido fino al 3 dicembre, dovrebbe porvi sostanzialmente nella stessa condizione a meno che voi abitiate in Calabria, Lombardia, Piemonte o Valle d’Aosta, le quattro ‘regioni rosse’ identificate dal governo nelle quali dovrebbe essere vietata anche l’attività tennistica all’aperto, in virtù della chiusura dei centri sportivi.

Dunque, abitate in una regione ‘gialla’ o ‘arancione’ e, purtroppo, il clima della vostra zona non consente il gioco all’aperto d’inverno; affranti, eravate sul punto di rassegnarvi ad almeno un altro mese senza l’amato tennis dopo quelli persi durante il lockdown primaverile.

Invece, acquistando la tessera agonistica della FIT, il rischio di contagio svanisce (*) e potrete tornare immediatamente a giocare. È proprio così: il possesso della citata tessera vi permetterà di tornare a farvi le vostre partitelle indoor, purché le chiamiate “allenamenti funzionali alla partecipazione a manifestazioni o tornei di interesse nazionale”.

(* non ci sono evidenze scientifiche al riguardo)

Per la Federtennis, infatti, l’evento “di interesse nazionale” citato dal DPCM (quantomeno nel decreto di ottobre) era sinonimo di evento “a carattere nazionale”, vale a dire un normale torneo open, quindi aperto (benché al chiuso) a tutti gli agonisti d’Italia. Con il nuovo decreto sembra che le cose possano cambiare, poiché a ritenere un evento ‘di interesse nazionale’ dovrà essere il CONI con specifico provvedimento.

In ogni caso, vi illustriamo la situazione che rimarrà sicuramente vigore ancora oggi. Non era necessario partecipare a un torneo chissà dove rischiando anche un doppio bagel, anzi, nemmeno ci si doveva iscrivere: bastava mostrare la vostra tessera nuova di zecca e dire che vi state “allenando in vista di un open”. Per completezza di informazione e senza con questo voler smorzare il vostro entusiasmo che, comprensibilmente, sarà ormai alle stelle, ci preme ricordare che, se fino a ieri un rovescio su tre vi finiva fuori dalla recinzione, l’essere diventati ufficialmente agonisti non trasformerà il vostro colpo in quello di Wawrinka o Djokovic. Ma, è facile immaginarlo, il team di esperti della FIT sta probabilmente lavorando per eliminare questo fastidioso aspetto.

Questo perché, secondo il DPCM di ottobre (ripetiamo che le cose potrebbero e dovrebbero cambiare con il nuovo decreto, diventando il CONI l’organo di riferimento per stabilire ‘l’interesse nazionale di un torneo), gli eventi di interesse nazionale potevano essere riconosciuti come tali non solo dalle federazioni, ma anche dagli enti di promozione sportiva (UISP, AICS, eccetera). Non a caso, pare che alcuni di questi si siano organizzati in tal senso, provando a lanciare competizioni nazionali nel loro settore, come può essere la danza, permettendo in questo modo ai propri affiliati di allenarsi.

Tornando invece alla “tessera-vaccino” che potrebbe trovare consensi anche tra i no-vax, resta quindi da prendere una posizione personale. Da una parte, un divieto le cui basi razionali vacillano (ferma restando la ratio dell’intero provvedimento che si propone di ridurre i motivi per andarsene in giro mentre i contagi crescono). Dall’altra, la “furbata all’italiana” all’insegna dell’egoismo per aggirare una norma e, nello specifico, l’escamotage di cui la FIT ha approfittato per andare a caccia di nuovi tesserati.

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