Sampras, Djokovic e lo "stress" da numeri uno

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Sampras, Djokovic e lo “stress” da numeri uno

L’ex tennista statunitense ricorda le difficoltà nel restare in cima al ranking per sei anni consecutivi: “Rimasi svuotato emotivamente, ma è stato il mio successo più grande”. Djokovic conferma: “Certe volte ti capita di essere insensibile con te stesso”

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Dopo le tante video-telefonate che ci hanno accompagnato durante il primo lockdown, il canale ufficiale dell’ATP ha deciso di riproporre il formato con una doppia intervista a Novak Djokovic e Pete Sampras, con Tim Henman come moderatore. Il serbo è matematicamente certo di chiudere l’anno da numero uno del mondo per la sesta volta in carriera, eguagliando così proprio il record di Pistol Pete il quale però riuscì nell’impresa in sei anni consecutivi. La difficoltà di rimanere in cima alla classifica con così tanta costanza è rimasta ben impressa nei ricordi dello statunitense. “Non è stato divertente, voglio essere onesto”, ha confidato Sampras in quella che è forse la parte più interessante dell’intervista.

“Dopo il torneo di Vienna nel 1998 passai un altro paio di settimane in Europa perché avevo ancora una chance di battere questo record, sei anni consecutivi da numero uno” ha spiegato Sampras. “Mi sono detto <<Ok, se devo restare ancora qui per riuscirci lo farò>>. E alla fine ci riuscii e fu grandioso, ma rimasi svuotato emotivamente. Anche negli anni successivi per cercare di rimanere sempre numero uno fu durissima. Se riguardo alla mia carriera vedo che ho vinto tanti Slam e ho ottenuto altri successi, ma restare numero uno per tanti anni consecutivi fu il mio più grande traguardo”. Così Sampras ha descritto il suo record, che ora condivide con Novak e con il quale si è prontamente congratulato.

Gli ha subito fatto eco il serbo. Il tipo di dedizione alla quale ti devi sottoporre e il modo in cui devi organizzare la tua vita, anche quella extra-sportiva, è tremenda. Comprendo perfettamente quando Pete parla di non dormire bene, di non mangiare bene, di avere problemi allo stomaco, può capitare persino di avere relazioni difficili con le persone che ti circondano. Certe volte ti capita di essere insensibile con te stesso, considerando tutto il nervosismo, lo stress che ti si accumula dentro perché tu ci tieni davvero tanto alla cosa”.

Henman ha scherzato con i due domandando a Sampras: “Se potessi scegliere un colpo del tuo avversario, quale prenderesti?” e prima che Pete potesse rispondere, un sorridente Djokovic lo ha anticipato: “Fammi indovinare, fammi indovinare!” Poi il 14 volte campione Slam ha spiegato: “Ogni volta che mi chiedono chi mi impensierirebbe di più oggi io dico sempre Djokovic perché con quella risposta è difficile stargli dietro. Se potessi prenderei anche la sua velocità”. Il serbo ha replicato con signorilità: “Non mi dispiacerebbe rinunciare alla mia risposta e alla mia velocità per il tuo servizio e il tuo gioco di volo.”

VERSO LONDRA – La settimana prossima inizierà la 50esima edizione delle ATP Finals di fine anno e Novak ricorda bene chi fu a farlo appassionare a quel torneo. “È stato Sampras, da sempre il mio idolo. Non posso dire che cercavo di imitarlo perché il mio gioco è forse completamente diverso dal suo, ma ho sempre amato il modo in cui gestiva la pressione e giocava al meglio nelle situazioni che lo richiedevano.” E in passato anche lui è riuscito a fare altrettanto a Londra.Uno dei match più memorabili è stata la vittoria su Federer nel 2012 in due set tirati. Il passante di rovescio vincente lungolinea sul match point è stato uno dei miei colpi più belli giocati in un momento topico come quello.” Djokovic batté lo svizzero in finale in due set anche nel 2015, ma assicura che il successo di tre anni prima per lui ha un valore maggiore.

Il rivale principale di Sampras alle Finals è stato invece Boris Becker. Il tedesco ha avuto la fortuna di giocare il torneo per 10 anni davanti al pubblico di casa. “Una grossa sfida” ricorda Pete, “perché Boris giocava molto bene indoor, aveva un gioco solido e un buon servizio. Era una figura che imponeva il suo gioco in campo e aveva il pubblico che lo supportava. Io ho cercato sempre di prendere coscienza della situazione in cui mi trovavo e di restare calmo.” Così calmo da riuscire a batterlo ogni volta che si incontrarono in finale, nel 1994 e nel 1996, prima a Francoforte e poi ad Hannover.

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