Murray: "Da appassionato, non guarderei un match di cinque set dall'inizio alla fine"

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Murray: “Da appassionato, non guarderei un match di cinque set dall’inizio alla fine”

Il britannico si chiede se le abitudini di consumo degli appassionati di oggi siano compatibili con la durata dei match negli Slam

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Andy Murray - US Open 2020 (via Twitter, @usopen)
 

Per tutta la settimana, Andy Murray ha fatto da spalla a Gael Monfils per delle dirette di commento alle ATP Finals trasmesse in streaming su Twitch. Come sempre, il tre volte campione Slam ha espresso pareri non banali, coadiuvato anche dal format che ha incluso frequenti domande da parte dei fan.

Durante l’ultimo episodio, trasmesso ieri, è stata rivolta al britannico una domanda su uno degli argomenti più caldi degli ultimi giorni, vale a dire l’ipotesi ventilata da Novak Djokovic di ridurre la durata dei match anche negli Slam, portandoli al format due su tre con cui si svolgono tutti gli altri tornei del circuito ATP. Un po’ a sorpresa, Murray ha dato ragione al coetaneo e avversario di tante finali, ma mentre Nole ne fa una questione legata principalmente al dispendio fisico, Sir Andy usa l’esperienza dello spettatore come fattore dirimente: “Due anni fa ho commentato un match fantastico fra Nadal e Del Potro a Wimbledon, credo oltre quattro ore. Il problema è che, a meno che tu sia di persona allo stadio, non hai modo di trovare il tempo per guardarlo tutto”.

Ci sono sempre appassionati più tradizionalisti che vogliono i cinque set, ma i più giovani oggi consumano in maniera un po’ diversa, ha aggiunto. “Da giocatore ho sempre amato il tre su cinque, ma se tu guardi ai Masters 1000 negli ultimi dieci anni, i vincitori sono più o meno gli stessi degli Slam, quindi non so quanta differenza avrebbe fatto. La cosa certa è che da fan non mi siederei più a guardare un match al meglio dei cinque dall’inizio alla fine“.

In realtà, questo è il quinto anno di fila in cui i Big Three vincono “solo” la metà dei grandi tornei due su tre (i nove Masters 1000, ridotti a tre nel 2020, più le Finals), un dato che indica un notevole equilibrio nei match più brevi:

  • nel 2016, Djokovic 4 e Nadal 1 da una parte, Murray 4 e Cilic 1 dall’altra;
  • nel 2017, Federer 3 e Nadal 2 da una parte, Dimitrov e Zverev 2 e Sock 1 dall’altra;
  • nel 2018, Nadal 3 e Djokovic 2 da una parte, Zverev 2 e Del Potro, Isner e Khachanov 1 dall’altra;
  • nel 2019, Djokovic e Nadal 2 più 1 di Federer da una parte, Medvedev 2 e Thiem, Fognini e Tsitsipas 1 dall’altra;
  • nel 2020, i 2 di Djokovic sono stati controbilanciati dai 2 di Medvedev.

Quindi è quantomeno ragionevole ipotizzare che forse ci sarebbero stati più vincitori diversi. Infine, lo scozzese ha opinato sull’utilizzo del termine “epico” per qualsiasi incontro finito al quinto: “Tanti confondono partite lunghe per buone partite, mentre spesso non è così, anzi. Leggo spesso il termine ‘epico’ associato con la durata di un match ma non con la sua qualità. Un incontro di quattro ore e mezza può avere un tennis di livello solamente medio per buona parte della sua durata, mentre un incontro al meglio dei tre spesso ha una qualità di gioco migliore, perché i giocatori possono dare tutto per tutto il tempo, mentre a volte sui cinque set hai dei momenti in cui cerchi di conservare le energie”.

Su un’altra questione, invece, Murray ha espresso maggiore scetticismo nei confronti del punto di vista (piuttosto netto) del N.1 ATP. Lo scozzese non è infatti così sicuro che l’eliminazione dei giudici di linea sia una scelta saggia per il futuro del gioco, in quanto potenzialmente deleteria per la formazione degli arbitri: “Una delle mie preoccupazioni principali è che la gran parte dei migliori giudici di sedia ha imparato facendo prima il lavoro di giudice di linea, mentre con l’utilizzo di Hawkeye per ogni punto questa possibilità non esisterebbe più”.

Per non farsi mancare niente, infine, Murray ha detto la sua anche sul parere ribadito da Nadal anche quest’anno sull’opportunità di alternare varie superfici per il Master di fine anno, data la natura del torneo: Credo che quello di Nadal sia un commento giusto, perché è vero che le Finals sono sempre state giocate sulla stessa superficie [dal 2006 ad oggi si è sempre giocato sul cemento indoor, ndr]. Se si fosse giocato sulla terra, Rafa le avrebbe probabilmente vinte sei o sette volte”.

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