Questo Berrettini sembra d’annata 2019

Editoriali del Direttore

Questo Berrettini sembra d’annata 2019

Due vittorie su due top… 11 non si buttano via neppure in allenamento. E l’ATP Cup distribuisce punti. Thiem è più avanti nel ranking, ma senza dubbio lo soffre. E Matteo mi è parso più agile e scattante del solito

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Matteo Berrettini - ATP Cup 2021 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

Chi se lo aspettava un Matteo Berrettini in così grande spolvero? Io, son sincero, no di certo. Avevo avvertito la grande fiducia di Vincenzo Santopadre nei confronti del suo poulain, ma si sa che talvolta i coach si “innamorano” dei propri pupilli, si illudono a seguito di allenamenti nei quali sembrano in grado di spaccare il mondo, ma poi la realtà di una vera partita spesso offre scenari diversi e meno idilliaci.

Dopo un 2020 molto meno brillante di quello che lo aveva visto protagonista di una grande stagione nel 2019, primo italiano dopo 41 anni a qualificarsi fra gli otto Maestri delle ATP Finals, si erano diffuse molte perplessità sul conto del tennista romano. Dubbi legati soprattutto a una apparente fragilità fisica, in particolare delle caviglie, sfortunatamente emersa in diversi periodi della scorsa stagione. Ma il tennis davvero straordinario con cui Matteo si è sbarazzato di Dominic Thiem, primo top-3 sconfitto in carriera, in tutta franchezza mi ha notevolmente impressionato.

Anche contro Monfils, seppure in modo meno continuo e convincente, Matteo non ha solo giocato ancora una volta piuttosto bene, ma ha dimostrato una condizione atletica e un’agilità nei recuperi, nei cambi di direzione, che non gli ricordavo. I punteggi sono quasi identici, 6-2 6-4 a Thiem, 6-4 6-2 a Monfils – anche Sinner ha vinto 6-2 6-4 su Vukic, un punteggio leit-motiv per i “nostri” nella notte Down Under – anche se il secondo duello è stato molto più contrastato, al di là delle diverse condizioni climatiche (più caldo), del campo (più veloce), della diversa garra del francese rispetto all’austriaco meno determinato del solito e non in gran giornata.

Se ho visto giusto, ciò dovrebbe significare che Matteo ha lavorato davvero bene nella difficile epoca Covid, quando magari molti potevano pensare che la sua love-story con la bella e simpatica Ajla Tomlianovic potesse averlo distratto più del dovuto. Sia chiaro che non voglio commettere l’errore di sopravvalutare l’importanza da attribuire a match di ATP Cup, manifestazione che molti tennisti approcciano sì con il desiderio di far bene, ma anche come ad un allenamento in vista del torneo che più conta, quello che comincia lunedì prossimo, l’Open d’Australia.

Senza assolutamente voler sminuire il successo di Matteo ai danni del campione austriaco dell’ultimo US Open, ho avuto l’impressione che Thiem non fosse centrato come nei suoi giorni migliori. Qualcuno mi faceva notare addirittura che la sua muscolatura apparisse (ma dalla tv…) un po’ meno sviluppata e poderosa del solito e questa – se fosse vera – potrebbe essere forse conseguenza di un lavoro meno spinto e pesante del solito (a causa del Covid?) per l’austriaco che è notoriamente uno stakanovista dei… lavori pesanti in condizioni normali. È giusto ricordare anche che lo scorso anno Thiem disputò un grande Australian Open, lottando fino all’ultimo in finale con Djokovic… dopo che nell’ATP Cup aveva giocato invece malissimo.

Resta il fatto che Berrettini si trova evidentemente piuttosto a suo agio quando deve affrontare Thiem. Altrimenti non lo avrebbe battuto tre volte su cinque e sfiorando la vittoria una quarta, a Vienna quando se l’austriaco non fosse stato sospinto da un pubblico incandescente a reagire a un inizio difficoltoso avrebbe probabilmente perso. Fu allora che… mi feci prendere dall’entusiasmo e arrivai a dire che visto e considerato che Thiem è classe ’93 mentre Berrettini è classe ’96, tutto sommato si poteva dire che in fondo Matteo avendo dimostrato di poter giocare alla pari con l’austriaco più anziano di tre anni pareva in vantaggio “potenziale” sulla tabella di marcia dell’austriaco.

Beh, ripeto, ho abbastanza anni di tennis alle spalle per sapere che a volte certe caratteristiche tecniche favoriscono certi risultati – sono stati scritti tanti articoli sulle “bestie nere” di questo e quel giocatore e non mi vengono mai a noia, bisognerà riscriverne uno – e quindi non avrei dovuto lasciarmi trascinare dal mio entusiasmo… patriottico e dalla simpatia che nutro nei confronti di Matteo. Fatto sta che ad ogni sconfitta di Matteo nel 2020 e a ogni successo di Thiem, nel frattempo asceso al terzo posto del ranking ATP, gli amici lettori di Ubitennis mi hanno preso di mira dicendomene di tutti i colori, rinfacciandomi le peggio cose.

Avevano più ragione loro di quanta ne avessi io, lo ammetto, tuttavia io confido ancora in ulteriori progressi di Matteo, progressi che tutti coloro che hanno scritto in tempi recenti che lui sarebbe precipitato attorno alla trentesima posizione evidentemente non condividono. Ma è abbastanza raro che un giocatore di 25 anni peggiori rispetto a quando ne aveva 23. Se non altro l’esperienza dovrebbe aiutare. E anche una maggiore serenità.

Diverse volte in passato Matteo ha dimostrato di soffrire più del necessario quando doveva chiudere un set o anche un match. Il servizio inappuntabile fino ai momenti decisivi si bloccava un po’ sul più bello. L’abitudine a gareggiare e a trovarsi in frangenti del genere, con il passare degli anni, aiuta a fronteggiare meglio quelle situazioni. Questo è vero fino a quando… si scollina, quando cioè si arriva a quell’età in cui si comincia inevitabilmente a pensare di non essere più forti come una volta, insomma a dubitare di se stessi.

Ricordo che la prima volta che lo sentii dire fu con Martina Navratilova. Non so più se fu dopo che perse la finale di Wimbledon con Conchita Martinez nel ’94, quando si pensava che avrebbe vinto il torneo lei per la decima volta, ma ricordo che disse: Si sente molto più la pressione a una certa età che quando si è giovani e incoscienti o di quando ci si è fatta un po’ di esperienza, ma io forse me ne sono fatta troppa e ora è più dura”. Ho sempre poi pensato che le stesse sensazioni di Martina deve averle provate Serena Williams, da quella semifinale persa con Roberta Vinci all’US Open in poi. Fino alle quattro finali di Slam giocate dopo l’avvenuta maternità, tutte giocate da favorita o quasi e tutte perse in due soli set!

Chissà se quella tensione da “vet” ora l’avverte Fabio Fognini. Vedremo, intanto dopo il brutto esordio con il n.2 austriaco, Fabio ha fatto vedere confortanti segni di ripresa contro Paire che peraltro gli ha dato una mano regalandogli un set e un bel po’ di game prima di decidersi a giocare come saprebbe. Scusate la digressione!

Intanto, per tornare a Matteo che con dritto e servizio in vena può farsi rispettare da tutti, beh è vero che lo scorso anno aveva mantenuto la decima posizione solo grazie ai punti conquistati e “congelati” dell’anno prima, ma qui ha cominciato a mettere da parte un piccolo bottino di punti ATP che potrebbero un domani fargli comodo. Che Matteo sogni di difendere la propria posizione e di poter essere fra gli otto che giocheranno a Torino mi pare legittimo. Che poi ci riesca è un’altra storia.

Intanto sarà dura, fra coloro che lo precedono, che a Torino possa esserci Roger Federer, se lo svizzero non si metterà di buzzo buono a giocare un bel po’ di tornei. Non sono mica sicurissimo – altra digressione! – che agli appassionati italiani di tennis faccia più piacere vedere Berrettini a Torino piuttosto che Federer… Beh, io vedo sempre volentierissimo Federer, ci mancherebbe!, ma in fondo l’ho visto già tantissime volte. Per dire che preferisco Berrettini alle ATP Finals. E non solo perché per il tennis italiano sarebbe un grandissimo spot. Se poi ci fosse anche Sinner… vabbè, sono le cinque del mattino. Sto aspettando che arrivi Sinner dopo la vittoria su Vukic, con conferenza stampa annunciata per le 05:05… è meglio che mi appresti a continuare i miei sogni… in branda. E prima che mia moglie mi chieda il divorzio.

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