Sinner non cerca scuse: "La sconfitta non è colpa della stanchezza"

Australian Open

Sinner non cerca scuse: “La sconfitta non è colpa della stanchezza”

La delusine però è tanta: “Dura perdere partite così”. Shapovalov raggiante: “Non ero felice del sorteggio, ma averlo battuto mi dà tanta fiducia”

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È deluso Jannik Sinner dopo la sconfitta al primo turno dell’Open d’Australia contro Denis Shapovalov. Molto deluso. Jannik come sempre è lucido nell’analisi della partita, ma il tono di voce tradisce una ferita interiore, perché “non è mai facile perdere così“. Un match iniziato a passo spedito, un set di vantaggio, qualche occasione in avvio di secondo. Poi il percorso si è accidentato. Dirimente il servizio: l’altro è salito notevolmente con il fondamentale d’inizio scambio, lui è altrettanto notevolmente sceso. Poi, sbandierata, prevista, temuta da decine di addetti ai lavori nelle ultime ventiquattro ore, si è manifestata la stanchezza per le molte battaglie condotte nel torneo vinto giusto ieri, il secondo della sua verde carriera. Il diciannovenne da Sesto Pusteria rifiuta però di ricercare i motivi del KO nelle fibre sfiancate e nel ridottissimo tempo di recupero concessogli.

Non cerco scuse, proprio no – attacca il nuovo numero trentadue del mondo -, mi rifiuto di credere di aver perso per la stanchezza. Se avessi giocato domani forse avrei vinto lo stesso il primo set, ma lui mi avrebbe fatto correre come un matto e avrei affrontato il resto del match ugualmente stanco. La verità è che Denis ha giocato meglio in certe situazioni, specialmente i punti più importanti, e ha servito meglio di me, tutto qui. Ha meritato di vincere“. Da metà del secondo set Sinner ha fatto sempre più fatica a rispondere, e tutti hanno potuto notare come via via il giovane fenomeno abbia arretrato la propria posizione in risposta, scoprendo il fianco sul lato destro quando Shapovalov azionava il cannone da sinistra in battuta. Una decisione strana per un tizio abituato a tenere la linea di fondo ben vicina ai piedi.

Avevo vinto bene il primo – ragiona Jannik -, lui è partito servendo così così, con quattro o cinque seconde. Lì ho spinto come volevo e mi sono procurato il break di vantaggio, poi Denis ha migliorato le percentuali e io facevo fatica. Ho perso due set e sono finito sotto nel quarto, mi sono detto che dovevo per forza modificare qualcosa, trovare una soluzione. Ho pensato di provare a stare più lontano in risposta, e infatti ho rimontato. Nel quinto ho continuato a provarci, ma è andata male“. E il quinto non dice bene a Jannik negli Slam: anche l’ultimo US Open era sfuggito al set decisivo contro Khachanov, addirittura al tie break. Dura da digerire, anche se il periodo trascorso in Australia lascia comunque in dote un bagaglio di buoni pensieri. “Ogni partita è diversa, di certo ho perso un altro quinto set. Ci riproverò, prima o poi ne vincerò uno. Sicuramente qualcosa di positivo porto a casa, anche se a caldo faccio fatica a pensare cosa“.

Di sicuro un torneo vinto, una partita comunque giocata su grandi livelli contro il numero dodici del mondo e un altro master nell’obbligatorio percorso di crescita di una star designata. “Ma del periodo qui in Australia il regalo di cui farò maggiormente tesoro sono le due settimane di allenamento con Rafa. Ho imparato tantissimo, per il modo che ha di allenarsi, di concepire la professione, di stare in campo. Di vivere i momenti cruciali delle partite con la giusta mentalità“. In attesa di verificare se gli insegnamenti della leggenda daranno i frutti sperati, adesso c’è spazio solo per l’analisi della sconfitta, usando un linguaggio caro agli opinionisti politici della Prima Repubblica. “Perché ho perso? Di solito sono lucido alla fine di ogni match, ma a volte serve un po’ di tempo per per metabolizzare. Questa è una di quelle volte. In campo sono deciso sulle scelte che faccio, anche oggi lo sono stato, poi possono essere scelte giuste o sbagliate. Insieme a Riccardo Piatti ragioneremo su tutto, ci confronteremo, per venirne a capo la prossima volta“.

Intanto al secondo turno contro il redivivo Bernard Tomic ci va il canadese, comprensibilmente raggiante dopo quatto ore di lotta dall’esito positivo. “Sono contento di come ho giocato, specialmente perché l’avversario era molto duro. Lo conosco bene, l’ho visto giocare tante volte, ci siamo allenati spesso insieme. Jannik è forte e oggi l’ha dimostrato, abbiamo entrambi espresso un livello altissimo. È stato un gran match“.

Un gran match, vero, che Denis ha portato a casa dando fondo all’ampio repertorio in dotazione. “E forse con quel pizzico di esperienza in più, anche se è strano parlarne. Ho ventuno anni, non mi capita spesso di essere quello anziano in campo. Ovviamente sapevo che lui avrebbe potuto accusare un po’ di stanchezza alla lunga, perché è stato costretto a sudare tantissimo nel torneo della scorsa settimana, e il fatto di potermi aggrappare a questo appiglio mi ha dato fiducia nei momenti più critici, specialmente dopo aver perso il quarto set“. Il prossimo è avversario insondabile, se ce n’è uno. “So che Bernie può giocare un tennis fantastico, se vuole. Ha un ottimo servizio, una gran mano, sa variare ed è astuto. Intanto fatemi godere questa vittoria. Sapete, quando guardi il sorteggio e vedi che ti tocca uno come Sinner al primo turno non sei necessariamente contento. Però ero eccitato di andare là fuori e poter dimostrare in campo ciò che valgo contro un grande avversario. Avercela fatta mi dà tanto entusiasmo, perché ho giocato bene e porto via parecchia fiducia per il futuro del torneo“. Parafrasando il titolo della nostra cronaca, solo applausi per entrambi.

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