Verso Williams-Osaka. Patrick Mouratoglou: “A Serena non serve lo Slam n. 24”

Australian Open

Verso Williams-Osaka. Patrick Mouratoglou: “A Serena non serve lo Slam n. 24”

Il lavoro atletico e mentale con la sua pupilla, gli infortuni di Djokovic e Nadal e la necessità di ripensare il tennis secondo il coach francese

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Serena Williams e Patrick Mouratoglou - US Open 2020 (via Twitter, @usopen)
 

La notizia è sorprendente: intervistato all’Australian Open, Patrick Mouratoglou non ha parlato dell’età media degli appassionati di tennis o, come forse li (ci…) definisce tra amici, “quel branco di vecchi decrepiti”. È così riuscito ad analizzare situazioni e a esprimere opinioni interessanti su svariati argomenti – al solito senza filtri e facendosi qualche complimento per il suo Ultimate Tennis Showdown – con particolare riferimento a Serena Williams, in quel di Melbourne per mettere le mani su quello titolo Slam numero 24 che le sfugge ormai da quasi quattro anni. Ma è proprio così? Serena ha davvero bisogno di quella sorta di legittimazione?

“Non credo che le serva” dice Mouratoglou. “Ovviamente, lei è rientrata per vincere altri Slam, quindi è di sicuro l’obiettivo. Ma non è così ossessionata dal ventiquattresimo come lo sono molti altri nel mondo del tennis”. In effetti, Serena è parsa più rilassata in campo rispetto a quanto mostrato nel recente passato. E, probabilmente, arrivare a 25 non farebbe una grande differenza rispetto ai 23 attuali. “Lo credo anch’io” conferma il suo coach. “Esiste il tennis prima dell’Era Open e quello dopo. Sappiamo tutti che sono due sport diversi, uno dilettantistico e uno per professionisti. Non ha alcun senso paragonarli, ma capisco che sia divertente parlare di record da battere”.

La sfida senza dubbio complicata per la campionessa statunitense, come da lei stessa ammesso, è trovare il giusto equilibrio mentale, evitando di pensarci troppo ma neppure entrando in campo con la testa altrove. Sempre che sia davvero possibile ogni volta che ci si avvicina alla meta. Secondo Mouratoglou, il trucco è non pensare alle occasioni “perché portano aspettative, non certo le migliori amiche degli atleti professionisti. L’unico modo è concentrarti non su quello che vuoi, ma su come ottenerlo. Chi è vicino ai giocatori può essere d’aiuto parlandone nel modo giusto. Ma non è facile. Porto sempre l’esempio della vittoria a Wimbledon di Marion Bartoli. Diverse giocatrici hanno avuto l’occasione della vita in quel torneo e molte di loro non sono state in grado di giocare proprio a cause delle aspettative. Non volevano perdere l’occasione. Se ci pensi, è finita”.

Ma non va curato solo l’aspetto mentale perché in campo ci vanno anche i piedi e tutto il resto del corpo. Anche qui, Serena ha fatto dei progressi e non poteva essere altrimenti. “È una cosa su cui ci siamo concentrati perché tra le più importanti. Se sei in ritardo sulla palla, non puoi fare quello che vuoi, a volte neanche arrivi a toccarla. Le conseguenze su Serena si sono viste negli ultimi due o tre anni. Inoltre, quando non sei in giornata, hai bisogno di un piano B e, se non ti muovi bene, l’unico piano è attaccare. Credo che ciò le sia costato degli incontri importanti, così abbiamo deciso di ritrovare quel gioco di piedi che aveva in passato e sento che ha fatto un ottimo lavoro. Prima di tutto, la forma fisica, poi molti piccoli dettagli che fanno la differenza. La palla viaggia veloce: se ritardi lo split step di nezzo secondo, perdi uno o due metri. È una cosa enorme, quindi ci vuole un’estrema precisione”.

Dopo aver espresso apprezzamenti per il gioco unico di Su-Wei Hsieh (“è come se vedesse la palla in anticipo, per questo non la vedi correre tanto”), viene toccato un argomento che sta tenendo banco in questi giorni: gli infortuni e la loro gestione “mediatica” da parte dei tennisti. “Comprensibilmente, alcuni non vogliono parlarne durante il torneo per non dare informazioni ai potenziali avversari. Ma viviamo anche in un mondo molto politicamente corretto, cosa che non apprezzo, come ho detto più volte. Per questo, molti giocatori vogliono apparire cortesi e dicono ‘ma no, sto bene’ anche se chiaramente non è vero. Penso che la verità sia più interessante. Essere infortunato non sminuisce il tuo avversario: ti ha battuto. Abbiamo visto tutti che ti sei fatto male, dillo e basta”. Bisogna tuttavia riconoscere che l’onesta di Sascha Zverev sul suo stato febbrile dopo la sconfitta con Jannik Sinner al Roland Garros non è stata da molti particolarmente apprezzata – al netto, naturalmente, della parte per cui avrebbe dovuto avvertire subito lo staff medico del torneo.

“Riguardo a Novak e Rafa” riprende Patrick precisando alcune sue frasi dei giorni scorsi, ”ho detto che sono campioni e per questo non cercano di togliersi pressione di dosso fingendo un infortunio. Non esiste, altrimenti non sono campioni. Sono sicuramente infortunati. Credo che Novak, quando è successo, abbia pensato che fosse peggiore di quello che era in realtà, perché avete visto tutti il match [contro Raonic]. Si muoveva, colpiva. A quel livello, se hai uno strappo muscolare, è semplicemente impossibile fare quello che ha fatto. Ma certo aveva qualcosa, non l’ha inventato di punto in bianco. È un bene che non siano troppo infortunati perché vogliamo vedere tutti al meglio nelle fasi finali del torneo”.

Purtroppo non è andata esattamente così, con il forfait di Matteo Berrettini, il ritiro di Casper Ruud e l’infortunio che ha condizionato Dimitrov. Anche Serena aveva dovuto rinunciare presto al Roland Garros dello scorso anno per il problema al tendine d’Achille. “È un circolo vizioso con gli infortuni perché, quando non puoi allenarti bene, non entri in forma; se non sei in forma, ti fai male. Ne dovevamo uscire e, con quel problema che poteva aggravarsi pericolosamente, ritirarsi è stata la scelta corretta. Ora siamo entrati in un circolo virtuoso”.

Spostando l’analisi sul tennis in generale, Patrick non può che constatare come sia diventato sempre più professionale, specialmente negli ultimi dieci anni. A permetterlo ha contribuito in misura essenziale la crescita dei montepremi, che non significa semplicemente più soldi nelle tasche dei giocatori. “Molti di quei soldi li investono nel loro tennis. Ormai hanno tutti un preparatore atletico e un fisioterapista. Non tutti, ma molti. Si prendono la massima cura del loro corpo, lavorano su ogni aspetto, tecnico, fisico, nutrizionale. Come conseguenza, giocano più a lungo. I top player sono molto potenti, ma hanno anche più armi a disposizione, quindi il gioco è anche molto tattico. Come il match tra Muguruza e Osaka. Ciò lo rende più interessante”.

Tutto questo è però a rischio con la pandemia che non molla la presa. Gli spalti di Melbourne arricchiti dalla presenza del pubblico ci hanno regalato un’illusione di ritorno alla normalità salvo poi riprendersela bruscamente con un seppur breve nuovo lockdown. Così, per ricordarci che i problemi che hanno afflitto la scorsa stagione tennistica (e non solo) ci aspettano al varco. “La situazione è estremamente preoccupante perché i tornei soffrono” rimarca Mouratoglou. “Molti tornei non si sono disputati e i montepremi si sono ridotti. Anche se tanta gente pensa il contrario, la maggior parte dei tennisti non guadagna molti soldi. Togli le imposte, i costi e lo stipendio dell’allenatore, con i montepremi talvolta dimezzati perdono soldi ogni settimana”.

“Questa situazione non può durare a lungo”, prosegue Mouratoglou. “Il tennis deve essere ripensato? Sì, ma non vedo come sia sostenibile senza spettatori e senza gli introiti dei biglietti. Se togli quelli, devi ridurre il prize money: il torneo riesce appena a sopravvivere e i giocatori no, almeno la maggior parte. La WTA ha fatto un gran lavoro organizzando tanti tornei in Australia. È stata un’idea molto intelligente, primo perché elimini i viaggi e i relativi costi, secondo perché hai un posto dove puoi sicuramente giocare. Ho sentito che se vai a Singapore e capiti sull’aereo sbagliato, devi passare 21 giorni in una piccola stanza di ospedale perdendo i benefici della tua preparazione e un sacco di soldi. Sì, credo che tutto debba essere ripensato, ripartiamo da zero, dimentichiamo tutto quello che sappiamo. È quello che abbiamo fatto con l’UTS, spero che lo abbiate guardato. È solo un inizio, ma ci abbiamo provato”.

L’intervista è stata rilasciata prima della sfida contro Simona Halep, dunque non ci sono pareri e pronostici sulla sfida di questa notte contro Naomi Osaka, il clou della giornata di giovedì che coinciderà anche con il ritorno del pubblico. I precedenti dicono 2-1 in favore della giapponese, e soprattutto raccontano che Naomi ha vinto l’unico confronto diretto in uno Slam. Un match che tutti ricordano.

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