Per Medvedev il tennis ha un futuro: "Anche prima dei Big 3 il mondo adorava i tennisti"

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Per Medvedev il tennis ha un futuro: “Anche prima dei Big 3 il mondo adorava i tennisti”

Il nuovo n. 2 del mondo ha parlato a L’Équipe. Sul sistema di classifica: “Non ne ho beneficiato solo io”. E promette: “A Parigi, obiettivo secondo turno!”

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Novak Djokovic e Daniil Medvedev - Australian Open 2021 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

Dopo quasi sedici anni, ce l’abbiamo fatta: abbiamo un numero 2 del mondo che non è un Fab Four. Oppure, se preferite, non è né un Big 3 né Andy Murray, lo scozzese che vanta solo tre Slam, (e 14 Masters 1000, la vetta del ranking, eccetera). Ma siamo qui per parlare di Daniil Medvedev o, meglio, per sentire lui parlare nell’intervista pubblicata dall’Équipe nel giorno in cui ha scalzato Rafa Nadal dalla seconda posizione della classifica.

Fallita l’occasione di occupare la prestigiosa piazza all’Australian Open prima e a Rotterdam poi, il venticinquenne moscovita ha saputo con una settimana di anticipo che, questa volta, ce l’avrebbe fatta a prescindere dal suo risultato al torneo di Marsiglia che, forse coincidenza, ha vinto. Ma, lateralmente, toccherà anche questo argomento.

Intanto sorride, Daniil, spiegando che quando raggiungi il best ranking, va sempre bene. Segna un po’ i progressi della carriera, come quando entri tra i primi 100 oppure passi dal n. 48 al 45. Non sappiamo se sarò diventerò numero 1 o se vincerò Slam, (sappiamo però che ci pensa da sempre, ndr) ma oggi sono il numero 2 del mondo ed è qualcosa che conserverò per tutta la vita”.

NEI SOGNI DI BAMBINO – Non c’è però tempo di adagiarsi sugli allori (almeno per chi lo incalza con le domande) e bisogna già pensare a prendere il posto di quel Novak Djokovic che, lo abbiamo visto in un video, a sette anni diceva di voler diventare il numero 1. A quell’età Daniil non pensava al ranking, “ma mi immaginavo giocare contro Rafa e Roger. Novak ancora non c’era [ha conquistato i primi punti ATP quando il russo aveva sette anni]. Come tutti i bambini, tiravo contro il muro immaginando di giocare contro Rafa o Roger, però non potevo immaginare che sarei stato numero 2 del mondo. Ma negli ultimi quattro anni ho lavorato per quello e ho fatto di tutto per realizzarlo”.

Lo stesso Medvedev fa qualche distinzione quando descrive cosa rappresentano per lui i Fab Four. “È incredibile quello che sono riusciti a fare, soprattutto i Big 3 se parliamo di Slam. Per Murray è un po’ diverso perché, quando sono arrivato nel circuito, era un momento difficile per lui [l’ha incontrato e battuto a Brisbane nel 2019, poco prima dell’annuncio del ritiro]. Nessuno si è avvicinato a quello che hanno fatto, quindi per me conta moltissimo questo risultato. Certo, il sistema di classifica con il Covid è un po’ strano: ho mantenuto alcuni punti, ma anche gli altri, non ne ho beneficiato solo io e ho fatto ottimi risultati che si sono concretizzati nel n. 2.

ANCORA LORO – Neanche adesso che qualcuno è riuscito a lasciarsi alla spalle due terzi del Big 3, si può smettere di parlare di questo mostro a tre teste e allora al nostro viene domandato quale lo impressioni di più. “Tutti, davvero. Possiamo trovare un centinaio di cose fantastiche per ognuno di loro. Se dovessi sceglierne una, per Novak direi che è arrivato in un momento in cui Rafa e Roger stavano vincendo tutti gli Slam e lui è riuscito a unirsi a loro, magnifico. Per Roger, la sua facilità nel giocare a tennis è fantastica. Oltretutto è interessante vedere il suo ritorno, ne ho discusso con gli altri giocatori: quando rientri dopo oltre un anno per infortunio, normalmente non tieni in campo una palla e fai quattro giochi. Per Rafa, è soprattutto il Roland Garros. Ha vinto, quante volte, dodici o tredici? Tredici volte, è impossibile da contare” dice ridendo. “È eccezionale, ci domandiamo come sia possibile!”.

A proposito dei record dei tre fenomeni, non può non dire che rimarranno per molti anni (se non altro perché vincere oltre 20 Slam richiede un tempo minimo anche se sei il più forte), ma aggiunge una sana considerazione: “A volte sento i fan o i media domandarsi ‘come faremo’ e se la gente continuerà a guardare il tennis anche quando si saranno ritirati. Prima dei Big 3, forse le persone non seguivano il tennis? Non funziona così. Non c’erano record del genere, ma tutto il mondo adorava i tennisti”.

Se tra i numeri 1 quello che oggi più lo impressiona è Djokovic per il nuovo record, Marat Safin è quello che ha nel cuore. “Ero troppo giovane per Kafelnikov. Marat, l’ho visto in TV quando era al massimo. L’ho vissuto davvero, non sui libri o su YouTube. È stato impressionante”.

IL NUOVO CHE AVANZA – Dal passato, che è ancora ben presente, si salta verso il futuro per una previsione della top 5 fra cinque anni. “È difficile perché ogni anno ci sono nuovi ragazzi in arrivo. Come Karatsev agli Australian Open. Chi lo avrebbe immaginato in semifinale? E credo che Novak ci sarà ancora, è così forte che lo vedo giocare ancora, come Roger. Ok, credo che Roger non ci sarà più. Lo rispetto molto, ma spero che tra cinque anni riusciremo a giocare meglio di lui” scherza, per poi finalmente passare ai più giovani, “Zverev, Tsitsipas, Thiem e io, spero”.

TROFEI O SCALATA? – Daniil considera titoli e classifica ugualmente importanti, anche perché solitamente vanno di pari passo e sono il risultato del lavoro in allenamento. Il Maestro in carica dribbla la falsa dicotomia della domanda sulla netta sconfitta subita in finale all’Australian Open, che dovrebbe farlo sentire o più lontano o più vicino al primo titolo Slam, per rifugiarsi in un classico: “Tutto questo è esperienza. Devo imparare da quel match. Mi dico che avrei dovuto essere ancora più pronto, al 100% invece del 150 per battere Novak in Australia dove aveva vinto otto volte. E anche così non ne sono sicuro perché non ha mai perso in finale. Ma imparo da tutti i miei titoli Masters 1000 e dalle finali.

Daniil racconta che un tempo era più attento a fare i calcoli ogni settimana, a ogni incontro. “Più sali, più capisci che è difficile che dieci o quindici punti facciano la differenza, anche se è quello che è successo con il mio n. 2. Prima della semifinale a Melbourne contro Rafa, non ho pensato che lo avrei avvicinato se avessi vinto: era la semifinale di uno Slam, per quello era importante. Quando lotti per i grandi titoli, non ti interessa la classifica. D’altra parte, all’inizio conta, quando vinci un Futures e passi dal n. 1000 al 600, o quando ho vinto Sydney e sono passato da 100 a 60 [precisamente, da 84 a 53] potendo così entrare direttamente nei Masters 1000, poi Winston-Salem e il n. 33”. In realtà la posizione era la n. 36, un altro ‘errore’ quasi a testimoniare che, se allora prestava la massima attenzione al ranking tanto da poter anche cambiare la programmazione di conseguenza, oggi quei numeri significano molto meno.

TERRA SÌ, MA… – A proposito di programmazione, manca pochissimo al ritorno sulla terra battuta europea. Su 28 incontri nel circuito maggiore, le 10 vittorie rosse di Medvedev sono arrivate quasi tutte raggiungendo la semifinale di Monte Carlo e la finale di Barcellona del 2019; poi, solo sconfitte all’esordio. Ciò suggerisce due ovvie considerazioni: innanzitutto, ha la possibilità di guadagnare parecchi punti, mentre in secondo luogo… È la superficie che mi piace di meno per il mio tennis [ricordati che stai parlando all’Équipe, ndr], ma posso giocarci bene. Sulla terra, i giocatori sono molto vicini come livello, tranne gli specialisti. Farò un buon lavoro”. Particolare attenzione al Roland Garros, dove non ha mai vinto un incontro in quattro partecipazioni. Daniil se la ride augurandosi un buon tabellone (chissà quanto gli dispiace non poter incontrare de Minaur al primo turno) e che “si possa giocare in condizioni normali, in maggio, con più caldo per sentirmi un po’ più sul duro che sulla terra. Scherzi a parte, il mio obiettivo è passare il primo turno e poi si vedrà.

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