Il Roland Garros di Krejcikova e dei ritiri - Pagina 2 di 4

Al femminile

Il Roland Garros di Krejcikova e dei ritiri

Lo Slam sulla terra rossa ha proposto quattro semifinaliste esordienti e una vincitrice a sorpresa. Ma anche tanti problemi fisici delle giocatrici di vertice

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Barbora Krejcikova - Roland Garros 2021 (via Twitter, @rolandgarros)
 

Krejcikova al Roland Garros 2021
Barbora Krejcikova si presenta al via del Roland Garros 2021 senza essere testa di serie, dato che al momento della compilazione dei tabelloni non aveva ancora vinto il torneo di Strasburgo (i punti conquistati sarebbero bastati per attestarsi attorno alla tds 30).

Per i bookmaker non è certo tra le prime favorite, anche se nei precedenti tornei su terra ha offerto un rendimento piuttosto convincente. Oltre alla vittoria in Alsazia, ha giocato a Roma, Madrid e Istanbul. A Roma aveva sfiorato il successo contro la futura vincitrice Swiatek (con due match point mancati nel secondo set, prima di perdere 3-6, 7-6, 7-5). A Madrid l’aveva eliminata Paula Badosa (altra giocatrice in ottima condizione), mentre a Istanbul aveva perso da Ana Bogdan, che proprio al Roland Garros avrebbe dato enorme filo da torcere alla stessa Badosa. In sostanza: notevole continuità, senza alcuna controprestazione.

Nell’ultimo Slam Barbora ha messo in mostra tutte le doti del suo caratteristico gioco: un tennis non particolarmente potente ma ricco di variazioni tecniche e tattiche. Discorso simile anche per quanto riguarda la mobilità: non dispone di un fisico rapidissimo o eccezionalmente scattante, ma riesce spesso a ovviare a qualche limite atletico grazie alla qualità esecutiva dei colpi di contenimento.

Durante il percorso di Parigi le cose non sono state sempre facili. Direi che si è trovata di fronte a due tipi di avversarie. Chi ha provato a misurarsi sul suo stesso terreno, quello cioè dello scambio articolato ma non in grandissima spinta, come Ekaterina Alexandrova, Elina Svitolina e Sloane Stephens, ha perso nettamente (6-2, 6-3 ad Alexandrova, 6-3, 6-2 a Svitolina, 6-2, 6-0 a Stephens). Ma invece chi aveva la possibilità di affidarsi a doti differenti, in termini di mobilità e/o di potenza, come Gauff, Sakkari o Pavlyuchenkova, è riuscita a metterla in difficoltà, a volte spingendola vicino al limite.

Contro di loro Barbora ha attraversato passaggi complicati, ma ne è uscita grazie alla più ovvia delle regole tennistiche: ha giocato meglio i punti decisivi. Nei quarti di finale contro Coco Gauff, Krejcikova ha salvato cinque set point in apertura di match, finendo per demoralizzare Coco in modo definitivo, e filando via più tranquilla nel secondo set (7-6, 6-3).

In semifinale contro Maria Sakkari si è salvata per il rotto della cuffia, in una giornata in cui per lunghi tratti di match alcuni aspetti del gioco di Barbora sono apparsi deficitari. Per esempio è riuscita a vincere il primo set malgrado abbia sbagliato tutti (ma proprio tutti) i rovesci lungolinea aggressivi che aveva provato (e sono stati più di mezza dozzina). E dopo che Sakkari sembrava essersi staccata in modo definitivo nel terzo set (arrivando a servire per la partita e ad avere un match point), è riuscita comunque a prevalere mantenendo più sangue freddo della avversaria. Ciliegina sulla torta: ha perfino assorbito l’episodio della overrule dell’arbitro, che sul match point a favore ha fatto riprendere una partita che sembrava già vinta (7-5, 4-6, 9-7).

Infine contro Anastasia Pavlyuchenkova ha saputo essere più precisa nei momenti decisivi del terzo set, anche se non sappiamo quanto avrebbe potuto dare Anastasia senza i problemi alla coscia che probabilmente qualcosa le hanno tolto. Ma contro qualsiasi avversaria in una finale Slam non è mai facile chiudere la partita, e invece Barbora ha mantenuto la lucidità necessaria per diventare la nuova campionessa del Roland Garros.

Sottolineerei alcuni aspetti tecnici che fanno di Krejcikova una giocatrice inusuale nel panorama tennistico attuale. Innanzitutto gli swing eseguiti con una specie di sospensione prima di caricare il movimento, ma anche con una ampiezza quasi didattica. Didattica perché a me ricordano i gesti volutamente accentuati dei maestri di tennis, quando provano a rendere più chiara agli allievi la meccanica esecutiva dei colpi.

Altro aspetto abbastanza inusuale di Krejcikova: più che sulla potenza di palla, quasi sempre fa leva sulla precisione del piazzamento della parabola. Naturalmente per non farsi sopraffare da avversarie più potenti è necessario che anche nei colpi interlocutori riesca a mantenere notevole profondità durante lo scambio, e a Parigi le è quasi sempre riuscito.

Infine ci sono alcuni aspetti del suo gioco che sono probabilmente il frutto della notevole qualità di doppista: in particolare la capacità di costruire geometrie articolate, lasciando trasparire la sensazione che riesca a leggere con anticipo lo sviluppo dello scambio e la gran parte delle intenzioni delle avversarie.

Se mettiamo in fila tutti questi aspetti, direi che stiamo descrivendo una tennista dalle caratteristiche più simili alle giocatrici del millennio scorso piuttosto che a quelle attuali. Mi riferisco cioè all’epoca terminata con i successi di Martina Hingis, prima che arrivassero le sorelle Williams (ma anche Lindsay Davenport o Maria Sharapova) a introdurre il cosiddetto Power Tennis.

Se aggiungiamo il fatto che, proprio come Hingis, anche Krejcikova è una ottima doppista, abbiamo davvero la sensazione di trovarci di fronte a una giocatrice che per diversi aspetti riannoda il filo di un discorso tennistico che, a livello di successi Slam, sembrava essersi definitivamente interrotto circa venti anni fa.

a pagina 3: Pavlyuchenkova, Sakkari e Zidansek

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