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Al femminile

Il Roland Garros di Krejcikova e dei ritiri

Lo Slam sulla terra rossa ha proposto quattro semifinaliste esordienti e una vincitrice a sorpresa. Ma anche tanti problemi fisici delle giocatrici di vertice

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Barbora Krejcikova - Roland Garros 2021 (via Twitter, @rolandgarros)
 

Lo Slam peggiore degli ultimi anni?
Non è mai facile esprimere giudizi complessivi sulla qualità di gioco di un torneo così ampio come uno Slam, ma ci provo lo stesso: la mia personale valutazione per l’ultimo Roland Garros non è molto positiva. Direi anzi che si è trattato di un Major che ha messo a dura prova la tenuta del tennis femminile, soprattutto a causa delle troppe giocatrici di vertice condizionate da problemi di varia natura: ritiri, infortuni, forfait.

Per quanto si possano apprezzare le due finaliste e la loro storia umana e professionale, penso che questo Roland Garros abbia offerto poche partite all’altezza della qualità che ci si aspetterebbe da uno Slam. Sono troppo severo? Forse, ma quasi mi verrebbe da dire che sul piano della qualità di gioco sia stato lo Slam peggiore degli ultimi anni.

Innanzitutto le prime tre giocatrici del mondo si sono trovate fuori dal torneo senza essere state sconfitte “normalmente” sul campo. La numero 1 Barty si è ritirata durante il secondo turno contro Magda Linette, dopo aver raccolto appena un game nel primo set: impossibile proseguire per i problemi all’anca.

La numero 2 Osaka ha dato forfait in seguito alla amarissima vicenda delle conferenze stampa (che qui non affronto per ragioni di spazio: non mi sembra giusto liquidare la questione in poche righe). La numero 3 Halep ha addirittura alzato bandiera bianca prima ancora che il torneo prendesse il via: infortunio al polpaccio. Ricordo che Barty e Halep erano le campionesse di Parigi nel 2018 e 2019, mentre Osaka la vincitrice dell’ultimo Slam disputato.

Non è finita qui. Sempre per problemi fisici, sono saltate altre due teste di serie: Alison Riske (alla vigilia delle prime partite) e Jennifer Brady, (terzo turno, dolore al piede). Infine è presto venuta a mancare anche la semifinalista dello scorso anno Petra Kvitova, a causa di un guaio tanto grottesco quanto sfortunato: è inciampata sui gradini della sala stampa, e si è storta la caviglia.

Purtroppo la lista dei problemi va ancora allungata. Tre possibili protagoniste del torneo non si sono potute presentare in condizioni ideali, e sono uscite al primo turno: Bianca Andreescu, eterna convalescente dal fisico di cristallo, ha dovuto saltare per quarantena Madrid e Roma, e all’esordio non è riuscita a superare lo scoglio rappresentato da Tamara Zidansek.

Garbiñe Muguruza è apparsa lontanissima dalla forma di inizio stagione, probabilmente ancora condizionata dall’infortunio subito a Charleston, ed è uscita anche lei al primo turno al termine di una prestazione molto insufficiente contro Marta Kostyuk. Garbiñe ha concluso il match addirittura con un saldo di meno 31: 9 vincenti e ben 40 errori non forzati in appena 17 game (6-1, 6-4).

Kiki Bertens, una delle migliori interpreti della terra rossa, ha dimostrato di non avere ancora recuperato dalla operazione al tendine di Achille, e anche lei ha lasciato strada al primo turno a una cliente difficile sulla terra battuta come Polona Hercog.

Ricapitoliamo: out Barty, Osaka e Halep (oltre che Kvitova, Brady, Riske). Fuori condizione Andreescu, Muguruza, Bertens. Provate a fare questo piccolo esperimento: immaginate di prendere uno Slam di un qualsiasi periodo del tennis Open, al femminile come al maschile, togliete dalla lista dei partecipanti i primi tre tennisti del mondo e poi alcuni dei migliori interpreti della superficie: lo spettacolo non ne avrebbe sofferto?

A questo punto si potrebbe obiettare: non è certo la prima volta che nella attuale WTA cadono presto così tante teste di serie. Però c’è una notevole differenza se l’eliminazione avviene contro avversarie capaci di grandi prestazioni, rispetto a quando si esce a causa di infortuni o per cattiva forma. Nel primo caso è come se la giocatrice capace dell’upset ricevesse una dose in più di entusiasmo e fiducia, che quasi sempre aiutano a giocare bene anche nei turni successivi. Nel secondo caso, invece, nel torneo rimane soltanto un vuoto difficilmente colmabile. Al Roland Garros 2021 solo Tamara Zidansek, vincitrice su Andreescu al termine di una battaglia molto intensa (6-7, 7-6, 9-7) ci ha davvero messo del suo per eliminare uno dei nomi citati. E infatti si è poi spinta sino alla semifinale, offrendo del tennis degno di nota per le sue possibilità. Ma per le altre?

A conti fatti, delle primissime favorite, le uniche sopravvissute alla falcidia dei primi due turni sono state Sabalenka e Swiatek. Ma Aryna ha di nuovo dimostrato di non essersi lasciata alle spalle il complesso dello Slam, ed è uscita al terzo ostacolo, contro la futura finalista Pavlyuchenkova (6-4, 2-6, 6-0). E se pensiamo che Pavlyuchenkova ha confessato di avere giocato il match menomata alla gamba, suona ancora più grave il bagel subito da Aryna nel set decisivo.

Swiatek invece si è fermata nei quarti di finale contro Maria Sakkari, al termine di una prestazione ben al di sotto delle sue possibilità. Esito però non sorprendente, visto che Iga ha giocato corto per tutto il match: con la palla che rimbalzava troppo spesso nei pressi della linea del servizio, i suoi colpi in topspin sono diventati assist su cui Sakkari si è trovata a meraviglia nel trasformarli in vincenti.

E così in semifinale abbiamo avuto quattro esordienti che hanno sofferto il peso della responsabilità, come testimoniano i numeri. Naturalmente, per valutare la qualità del tennis, le statistiche non sono le tavole della legge, però un minimo indirizzo lo danno. Ebbene, le due semifinali si sono concluse con tutte le protagoniste in saldo negativo: Pavlyuchenkova -3 (19/22), Zidansek -6 (27/33). Peggio ancora la seconda semifinale: Krejcikova -27 (31/58) Sakkari -26 (27/53); per fortuna ci ha pensato il pathos degli ultimi game a risollevare, in parte, il loro match.

Qualcuno potrebbe pensare che siccome su Ubitennis mi occupo di tennis femminile, dovrei cercare di difendere sempre e comunque il “prodotto”. Ma non è così, perché non mi piacciono le posizioni preconcette, in negativo come in positivo. Non voglio quindi tenere un atteggiamento speculare (ma nella sostanza identico) rispetto a coloro i quali parlano esclusivamente male del tennis WTA: zitti in occasione dei tornei spettacolari (come per esempio Madrid 2021) e invece sempre pronti a intervenire quando si presenta l’occasione per denigrare (come è successo dopo il 6-0, 6-0 della finale di Roma).

No, secondo me si tratta di prendere atto della situazione e semmai provare a capire se questo Roland Garros sia stato semplicemente un torneo sfortunato a causa di una serie di circostanze occasionali, o se invece vada considerato come un campanello di allarme in vista del proseguo della stagione.

Nel dubbio, credo che in WTA farebbero bene a ragionarci un po’, perché le protagoniste del tennis di oggi sembrano essere diventate sempre più fragili. Sino a qualche anno fa le cose funzionavano più o meno in questo modo: i primi acciacchi da usura stagionale cominciavano ad affiorare durante gli impegni estivi delle US Open Series, per poi mettere in difficoltà alcune giocatrici durante la trasferta asiatica autunnale.

Quest’anno invece i problemi sono emersi già in primavera, e al Roland Garros i guai fisici di molte possibili protagoniste sono stati davvero tanti. Anzi: troppi. Chissà, forse il lungo stop della pandemia, ma anche le successive quarantene (più o meno rigide) non hanno aiutato le atlete a prepararsi al meglio.

Speriamo sia così, perché in WTA ci sono molte giocatrici che hanno dimostrato di poter offrire tennis di valore. Non occorre nemmeno andare tanto a ritroso: meno di due stagioni fa le cose avevano preso una piega ben diversa. La grande partita di Pechino 2019 tra Osaka e Andreescu, per esempio, sembrava potesse inaugurare una nuova rivalità destinata a fare epoca. Ma anche il 2020 aveva proposto nuovi nomi capaci di offrire ottimo tennis; penso a Elena Rybakina, a Ons Jabeur, a Iga Swiatek. E tutto questo senza trascurare le giocatrici già più affermate, come Barty, Halep, Azarenka, Kvitova, Sabalenka…

Oggi però bisogna ammettere che fra Roma e Parigi la qualità di gioco non è stata all’altezza delle aspettative. A questo punto bisogna sperare che il trasferimento sull’erba aiuti a recuperare la forma di qualche protagonista, anche se di sicuro la programmazione compressa (appena due settimane fra Roland Garros e Wimbledon) non è un buon punto di partenza. Ma gli strascichi della pandemia questo ci hanno lasciato, e non possiamo fare altro che conviverci.

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