US Open azzurro pallido: grande Seppi e… papà Goffin. Vedo Berrettini e Sinner sicuri almeno al terzo turno

Editoriali del Direttore

US Open azzurro pallido: grande Seppi e… papà Goffin. Vedo Berrettini e Sinner sicuri almeno al terzo turno

Non altrettanto Musetti, anzi. “Gulliver” Opelka non è Nava e fa paura. Che delusione Sonego. Più di Fognini. Cecchinato ma perché?

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Nel celebre “giallo” pubblicato da Agatha Christie nel 1939, venduto in 110 milioni di copie, terzo best seller di tutti i tempi, e riprodotto cinematograficamente come “10 piccoli indiani” (che in Inghilterra ebbe un titolo che oggi sarebbe considerato assai poco politically correct “10 little niggers” e che infatti negli USA fu prontamente corretto in “And than there were none” e in Italia nel ’46 si seguì la scia “E poi non rimase nessuno…”), le vittime dei misteriosi incidenti scomparivano uno a uno, fino a che, appunto, non ne rimase nessuno.

Ma a New York, nel primo turno dell’US Open, dei dieci piccoli azzurri che affollavano la metà alta del tabellone maschile ne sono scomparsi in un colpo solo – il primo round – ben sei. Un po’ troppi tutti insieme per la verità. La Christie non se lo sarebbe mai permesso. E sì che fra i quattro attuali superstiti compare anche il classe 1984 Andreas Seppi (3 anni meno di Federer ma due più di Rafa Nadal) che in tutta sincerità non mi aspettavo riuscisse a battere Marton Fucsovics, l’ungherese che all’Open d’Australia 2020 e a Wimbledon 2021 aveva fatto fuori Sinner raggiungendo il terzo turno a Melbourne e i quarti a Londra. E invece Andreas, irriducibile maratoneta di Caldaro, ha vinto la ventesima partita in carriera al quinto set, ma per la prima volta al tiebreak decisivo (che si gioca solo all’US Open) e ovviamente dopo oltre 4 ore. Molto meno ovviamente, però, addirittura al ventottesimo punto del tiebreak, 15-13, al suo sesto matchpoint e dopo 5 annullati all’ungherese in una gara che nel finale sembrava diventata per la verità più spesso un “ciapa no” che un duello di colpi vincenti. Però Seppi, costretto a giocare (e… a sbagliare in diversi frangenti) non pochi rovesci tagliati, è stato però ammirevole per la costanza con la quale ha continuato a lottare nonostante avesse sprecato un break di vantaggio nel set decisivo e si fosse invece ritrovato sotto di due minibreak, 4-1, nel tiebreak finale. Bravissimo, quasi eroico. Come si dice in tedesco “Chapeau”, Andreas? Usa togliersi il cappello nella tua regione e nella tua lingua d’origine, lassù nell’Alto Adige?

Andreas, dalla carriera professionistica di tutto riguardo, oltre 11 milioni di dollari di soli premi vinti, best ranking n.18 nel 2013, tre tornei vinti su tre diverse superfici in 10 finali, mi ha detto ieri sera di ricordare ovviamente la sua vittoria su Roger Federer all’Australian Open 2015 come “decisamente la mia più memorabile”, ma gli si farebbe un torto a dimenticare le  sue vittorie su altri dei migliori tennisti del mondo, n.1 come Hewitt e Nadal, su del Potro, su Medvedev (2016) e Zverev (2016 e 2018), su Wawrinka cui nel 2012 a Roma annullò 6 matchpoint. Forse l’unico dei top-top-players di più generazioni che non è mai riuscito a battere è stato Djokovic, contro il quale però lo ricordo al Roland Garros 2012 in vantaggio per due set a zero. Temo che sconterà questa faticaccia contro Hurkacz, ma intanto un passettino per centrare l’obiettivo del 2021 (“Essere ancora top 100 a fine anno”) è stato fatto.

Ricordo una dozzina di anni fa, e forse più, papà Goffin apostrofare i giornalisti belgi che si riempivano la bocca con il nome di Federer, Murray, Djokovic, Nadal sognando risultati straordinari per David. Papà Goffin rispose loro: “Ma voi sapete chi è Andreas Seppi? Professionisti seri e del calibro di Seppi sono quelli cui vi dovreste ispirare, altro che Federer, Murray e compagnia!”

Avea perfettamente ragione. E con quell’umile approccio di famiglia David Goffin è diventato, pian piano, un top-ten. Non un Federer, anche se lo ha battuto alle finali ATP di Londra 2017, ma chi non vorrebbe avere la carriera di un Goffin, del nostro Seppi?   

Dato a Cesare…pardon a Andreas quel che è di Andreas, perché la sua vittoria su Fucsovics era certo più inattesa di quella di Berrettini  su Chardy, di Sinner su Purcell e di Musetti su Nava – sono loro i 4 azzurri superstiti  in campo maschile (con Paolini e Trevisan in quello femminile), registro però la cocente delusione per almeno 4 evitabilissime sconfitte delle 6 patite dai nostri.

Nell’ordine della delusione più forte vanno in testa quelle subite dalle nostre due teste di serie, cui per solito si chiede di superare il primo turno. Invece Sonego n.20 e Fognini n.28 hanno perso da Otte e Pospisil, due avversari francamente non irresistibili, anche se avevo fatto presente alla mia redazione le difficoltà che poteva presentare Otte, comportatosi assai bene a Wimbledon e ben rodato per esser emerso dalle qualificazioni a Flushing e anche le due sconfitte in due partite subite da Fognini con Pospisil. Tuttavia una volta che ho visto Sonego, che avrebbe potuto vincere sia il secondo sia il terzo set, avanti 4-0 nel quarto mi aspettavo che almeno al quinto ci arrivasse e facesse valere la sua superiorità tecnica. Nemmen quello!

Da Fognini invece ormai non mi aspetto mai più troppo. Quale che sia il punteggio. Fabio sembra essersi fissato sul suo certificato anagrafico, i 34 anni compiuti. Ma anche in questo caso, vinci a spasso i primi due set contro un giocatore come Pospisil, n.58 del mondo e a corto di risultati da un pezzo, 9 sconfitte fra primo e secondo turno in 10 tornei, appena 5 vittorie in tutto l’anno, beh se non ti deconcentri e butti via due set, nonché un break di vantaggio nel quinto, la partita la devi portare a casa anche se ti chiami Fognini l’imprevedibile. Macchè.

Avevamo per il terzo Slam consecutivo celebrato la circostanza di 4 teste di serie azzurre, ma due le abbiamo perse in questo modo. Meno male che Berrettini, seppur in svantaggio nei due tiebreak dei primi due set, e Sinner, distrattosi nel terzo set dopo aver vinto i primi due, non hanno tradito. Confortante soprattutto il fatto che Matteo ci ha mostrato – e non solo detto – di stare bene fisicamente. E bene anche che Musetti, dopo 6 sconfitte consecutive e problemi personali cui accenna ma non spiega (gliene ho chiesto conto…perché non si sa mai. Una ragazza? Boh), abbia trovato in Nava un ragazzino meno ragazzino di lui anagraficamente ma più immaturo sul campo, a giudicare dai doppi falli e dai regali che l’ex finalista dell’Australian Open junior battuto proprio da Lorenzo ha fatto in tutti i momenti più importanti. Magari al prossimo turno il Gulliver Opelka imitasse Nava…invece di promettere 23 ace come sparò a Roma contro Lorenzo, costringendolo ad arrampicarsi sui teloni di fondocampo.

Delle altre quattro sconfitte quella di Caruso contro Nishikori era quasi scontata, anche se quando gli ho visto vincere il terzo set ho sperato in un mezzo miracolo. Ma anche “Salva” si concede doppi falli che non può permettersi nei frangenti che possono decidere un match. Se Fognini è convinto di essere ormai troppo anziano per vincere partite di tennis, Cecchinato purtroppo è altrettanto convinto che il tennis che non si gioca sulla terra rossa non fa per lui. Se le cose volgono al peggio non molla, ma la sua espressione ha l’aria del perdente in partenza. Il diciottenne americano Svajda, campione junior negli ultimi due anni, è discreto, ma è pur sempre n.716 ATP. Ok, ha giocato poco nel circuito maggiore, ma Ceck dovrebbe saper far valere la ben diversa esperienza. Nada.

Travaglia contro Moutet almeno un set avrebbe potuto portarlo a casa. Ma sembra scoraggiato psicologicamente. Non crede più in se stesso. Ha patito ill divorzio dal coach? Forse. Fatto sta che non vince quasi più una partita. 7 ko al primo turno nell’ultima dozzina di tornei.

Peccato invece per Mager, già battuto da Thompson a Melbourne, ma stavolta soltanto al tiebreak del quinto set. Purtroppo non ho visto quasi nulla della sua partita. Ce n’erano troppe da seguire. Eppoi ieri avrete forse visto che ho scritto un lungo editoriale sulle “ragioni” di Murray, i “torti” di Tsitsipas, i sempre più insopportabili toilettes-breaks e la necessità di regolare quelli i gli MTO (cn alcune proposte), quel che penso riguardo al paradosso dei vaccini pretesi obbligatoriamente per gli spettatori dell’US Open e facoltativi invece per tennisti che girano incessantemente in tutto il mondo entrando in contatto con – appunto! –  il mondo.  Se vi fosse sfuggito, magari se avete tempo dategli un’occhiata.

Per il resto del torneo, dopo questo editoriale incentrato sui dieci piccoli italiani quando ancora perdura la speranza di un esito diverso da quello proposto da Agatha Christie per Berrettini o Sinner (prossimi avversari da battere e battibilissimi Moutet e Svajda…) che sono le nostre sole due serie speranze di raggiungere la seconda settimana, avremo tempo e modo di tornare nei prossimi giorni, quando a Khachanov, Carreno Busta, Isner, Goffin, Humbert, Cilic si saranno aggiunte altre teste coronate. E quando il torneo femminile sarà entrato maggiormente nel vivo.

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