WTA, protagoniste del 2021: Barty, Kenin e Muguruza - Pagina 2 di 3

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WTA, protagoniste del 2021: Barty, Kenin e Muguruza

Primo articolo di riepilogo della stagione appena conclusa attraverso le vicende di alcune delle principali protagoniste. In positivo, ma anche in negativo

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Ashleigh Barty - Wimbledon 2021 (via Twitter, @wimbledon)
 

Sofia Kenin, la delusione
Nel capitolo precedente raccontavo del primato di Ashleigh Barty da numero 1 della classifica WTA. Un primato che, a oggi, dura da 109 settimane, di cui 102 consecutive. Solo Graf, Navratilova, Williams ed Evert hanno totalizzato periodi più lunghi senza interruzioni.

Eppure nel 2020, durante la fase di ranking calcolato sul biennio, e con Barty ferma in Australia senza giocare, c’è stato un momento in cui ci si è chiesti se la vera numero 1 non andasse identificata altrove: la giocatrice che si proponeva quale migliore del 2020 era Sofia Kenin.

Infatti Kenin, dopo avere vinto l’Australian Open 2020 e il torneo di Lione (ancora in periodo pre-pandemia) era riuscita a raggiungere un’altra finale Slam a Parigi, nel Roland Garros disputato in edizione autunnale. Nella Race ufficiosa (non valida per la ammissione alle WTA Finals perché il torneo non era in programma) Sofia era prima, e nessuna si era distinta quanto lei nell’insieme dei tre Slam disputati (Wimbledon era stato cancellato).

Insomma, il suo 2020 si era chiuso con una ipotesi di primato “morale”, che però i numeri ufficiali non certificavano. Per questo nel 2021 era chiamata a dimostrare di essere la vera e ufficiale alternativa a Barty quale leader in WTA. E invece nella realtà dei fatti, per Kenin la stagione appena conclusa ha avuto le sembianze di un incubo. Nulla è andato per il verso giusto.

I risultati migliori Sofia li raccoglie proprio all’inizio, nei due impegni di preparazione allo Slam australiano: quarto di finale ad Abu Dhabi e quarto di finale allo Yarra Valley Classic. Le sconfitte che subisce hanno però hanno già un andamento che mette in allarme. Nella partita degli Emirati contro Maria Sakkari, dopo aver vinto il primo set ha un crollo quasi verticale raccogliendo appena due game (2-6, 6-2, 6-0). Contro Garbiñe Muguruza allo Yarra Valley invece racimola quattro game in totale (6-2, 6-2). Questi set dai risultati esigui sorprendono, perché nelle stagioni precedenti Sofia si era costruita una fama di grande combattente, per nulla disposta a regalare le partite; e anche di giocatrice molto attenta sul piano tattico. Non la si conosceva come una tennista che va incontro a delle “sciolte”.

Si arriva quindi all’Australian Open, proprio lo Slam che vede Kenin campionessa in carica Sofia supera il primo turno contro la wild card locale (numero 133 WTA) Maddison Inglis, ma al secondo turno viene fermata da Kaia Kanepi (numero 65 WTA), per 6-3, 6-2. Una sconfitta netta, che non lascia spazio a dubbi o attenuanti.

Siamo appena nel mese di febbraio eppure i dati ci dicono che nel resto del 2021 Kenin riuscirà a vincere appena altri 5 match, in un proseguo di calendario sempre più complicato, caratterizzato prima dalla operazione di appendicite, e poi da una serie di tornei nei quali il suo tennis sembra sgretolarsi, senza più punti di riferimento e certezze. Numeri spietati: fuori al primo turno allo Phillip Island Trophy, al secondo turno a Miami, al primo a Charleston, al primo a Stoccarda e anche a Roma. A questo punto la crisi di Sofia è conclamata.

Qualche anno fa avevo scritto un articolo che identificava dei punti in comune nello sviluppo della carriera di molte giovani giocatrici, e l’avevo intitolato la “Sindrome del Sophomore”. Il processo in comune era questo: ci si presenta da giovani rampanti nel circuito professionistico, e sull’onda dell’entusiasmo si bruciano le tappe e si raggiungono traguardi importanti, che vanno anche al di là delle attese.

Poi però arriva la fase di carriera successiva, nella quale si comincia a sperimentare la pressione delle aspettative, che nel frattempo si sono alzate a dismisura. Una pressione che può diventare insostenibile. Di conseguenza i risultati latitano, e la mancanza di risultati porta a mettere in discussione tutto quanto si è fatto sino a quel momento. E di solito uno dei passaggi in comune delle giovani giocatrici in crisi, prevede anche il cambio di coach.

Non sorprende quindi che anche nel caso di Kenin arrivi la stessa mossa: nel mesi di maggio Sofia decide di licenziare il padre da allenatore. Mettiamoci nei suoi panni: già non è semplice separarsi da una figura tecnica che ti ha accompagnato sin da quando hai preso in mano la racchetta per la prima volta; figuriamoci se in più questa figura è anche tuo padre. Ma la decisione è presa.

All’inizio la scelta sembra produrre qualche effetto: al Roland Garros Kenin raggiunge gli ottavi di finale (sconfitta da Sakkari). Ma è una risalita momentanea. Sofia si presenta a Wimbledon da testa di serie numero 4, e a Londra tutto crolla. Supera al primo turno la qualificata numero 144 Wang Xinyu, ma al secondo perde contro Madison Brengle al termine di una partita sconcertante, forse la peggiore della sua carriera da professionista.

Il match finisce 6-2, 6-4 per Brengle, e dura appena 45 minuti: la partita intera più breve di tutto il torneo. Il punteggio non è nemmeno terribile, ma è l’atteggiamento di Kenin a lasciare interdetti: dà l’impressione di voler uscire dal campo il prima possibile, giocando ogni colpo senza la minima disponibilità a costruire lo scambio sul piano tattico. Semplicemente tira tutto alla “va o la spacca”, di fronte a una avversaria che si limita ad assistere alla sua autodistruzione, raccogliendone i frutti.

Le statistiche sono inequivocabili: Brengle 6 vincenti e 7 errori non forzati, Kenin 20 vincenti e ben 41 errori non forzati (saldo di -21). E visto che Brengle ha conquistato in totale 55 punti, significa che tre quarti dei punti Madison li ha ottenuti per “gentile regalo” di Sofia (41 su 55). Gli statistici di Wimbledon certificano che nessuno aveva mai compiuto 41 errori non forzati in appena 45 minuti: il dato di 0,91 errori a minuto costituisce un nuovo record negativo.

Di fatto a Wimbledon si chiude la stagione tennistica di Kenin; perché, come se non bastasse, ci si mette la positività al Covid a impedirle di affrontare lo US Open. Ma che qualcosa non andasse anche al di là del Covid, lo si è capito quando Kenin ha preferito non provare a rientrare per gli ultimi tornei in calendario. Il suo 2021 si è concluso a Londra con un bilancio di 11 vittorie e 10 sconfitte.

L’ultima notizia che la riguarda risale a qualche giorno fa. Per la ripresa della preparazione in vista del 2022, Kenin ha deciso di reinserire il padre nello staff tecnico. Scopriremo l’anno prossimo se Sofia è finalmente riuscita a superare la crisi di crescita che l’ha colpita quest’anno, tornando a fornire prestazioni più vicine a quelle del 2020.

a pagina 3: Garbiñe Muguruza

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