Sinner-Kyrgios: il rosso e il nero

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Sinner-Kyrgios: il rosso e il nero

La pirotecnica partita di Miami ha generato sentimenti e posizioni contrastanti. Le due opinioni dei nostri rappresentanti a Miami

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Jannik Sinner e Nick Kyrgios - Miami 2022 (foto Ubitennis)
 

Forse nell’attuale panorama del tennis maschile non esiste un contrasto di personalità, più che di stili, più marcato di quello esistente tra Jannik Sinner e Nick Kyrgios, per cui dal loro ottavo di finale del Miami Open ci si aspettava certamente spettacolo. Tuttavia nemmeno i più ottimisti avrebbero potuto prevedere una quantità di fuochi artificiali simile, sia sul campo sia nel dopo gara durante le conferenze stampa, oltre ad un tennis di qualità più che apprezzabile.

Kyrgios è un personaggio sicuramente controverso, che vanta una lunga lista di comportamenti sopra le righe nel corso della sua carriera, e il match tra lui e Sinner qui a Miami ha aggiunto un altro capitolo alla sua personale storia di episodi problematici. L’atteggiamento di tifosi e addetti ai lavori nei suoi confronti si manifesta in maniere molto variegate su uno spettro che può raggiungere posizioni molto estreme, da una parte e dall’altra, così come dar luogo a una infinità di sfumature intermedie.

I due rappresentanti di Ubitennis presenti a Miami, Vanni Gibertini e Marco Lorenzoni, erano presenti a bordocampo sul Grandstand dell’Hard Rock Stadium, così come nelle due conferenze stampa dei due protagonisti dopo la partita. Queste le loro (divergenti) opinioni personali sui fatti di martedì pomeriggio, così che i lettori possano formarsi il loro parere ascoltando chi era sul posto.

L’ennesimo tradimento

(Vanni Gibertini)

Eh sì, bisogna ammetterlo: c’era riuscito un’altra volta. Ci aveva quasi tratto in inganno il buon Nick. L’atteggiamento posato, in gran parte per merito della sua nuova fidanzata, una forma fisica vista poche volte nella sua carriera, un tennis a tratti straripante che gli permette di vincere (quasi) qualunque partita in qualunque momento. E poi, arrivato al dunque, in un torneo nel quale “tutti” pensavano sarebbe andato lontano, con un quasi-Top 10 che “tutti” (a partire dai bookmakers) pensavano avrebbe battuto agevolmente, è ricaduto nelle vecchie abitudini.

L’impressione da bordo campo era che sentisse tremendamente la pressione in un match in cui aveva tanto da perdere, e alle prime avversità tecniche (Sinner) e ambientali (il giudice di sedia Bernardes e il pubblico) ha perso completamente la “brocca”. C’era parecchia gente sul Grandstand, parecchi rumori da dentro e fuori dal campo, non era semplice concentrarsi. Il pubblico è molto vicino ai giocatori in quello stadio: è molto suggestivo per gli spettatori, ma per gli atleti è una difficoltà in più, sembra quasi il vecchio Grandstand di Flushing Meadows prima che venisse demolito insieme al suo fratello maggiore Louis Armstrong.

Kyrgios ha preso di mira Bernardes e la sua gestione del pubblico fin dalla metà del primo set, e da lì le cose sono peggiorate. Prima un warning, poi un penalty point nel momento più caldo del tie-break, infine la racchetta devastata per il “penalty break” a favore di Sinner ad inizio secondo set. A quel punto non era scontato che la partita sarebbe arrivata alla fine: Kyrgios sembrava aver innescato la procedura di autodistruzione. Poi facendo leva sul pubblico e su quanto successo subito dopo, l’australiano è riuscito ad arrestare l’emorragia di buon senso e per poco non riusciva a raddrizzare il match.

Prima è arrivato un episodio increscioso che fortunatamente non ha avuto conseguenze. Un teenager è riuscito ad entrare sul terreno di gioco dalla parte di Sinner, attraversare tutto il campo in lunghezza, farsi un selfie con Sinner e tornarsene da dove era venuto prima che qualcuno della sicurezza riuscisse a intervenire. Si tratta di una falla inaccettabile della sicurezza che probabilmente avrà qualche conseguenza: se un ragazzino riesce ad arrivare in campo perché vuole fare una foto con il suo beniamino, immaginiamo cosa avrebbe potuto fare un malintenzionato.

Dopodiché è venuto lo scivolone di Bernardes, che fino a quel momento era stato pressoché inappuntabile: ai “boo” che arrivavano verso di lui da parte dei sostenitori di Kyrgios, il brasiliano ha risposto mettendosi a parlare con gli spettatori, cosa che un arbitro non può mai sognarsi di fare.

Infine, durante la sua conferenza stampa, Kyrgios si è lanciato in uno sproloquio di dubbia opportunità a proposito delle mancanze dell’ATP: “[…] Shapovalov ha lanciato una palla nel bulbo oculare di qualcuno e ha preso solo 5 mila dollari di multa. Lancio io una racchetta a Indian Wells, non ho nemmeno colpito nessuno, e ottengo 25mila dollari di pena. Dov’è l’equilibrio? Questo mi fa domandare a me stesso quanto effettivamente poco deve valere per questo sport? Questo è il problema del tennis. Semplicemente non proteggiamo affatto le nostre stelle. Amiamo colpirli attraverso cattivi media. L’ATP non difende mai i propri giocatori, mai. Voglio dire, ci sono abituato. Ci sono stato abituato in tutti questi anni. Ad essere onesti, fa schifo.”

Tutto quello che fa l’ATP è proteggere le proprie stelle, e gli esempi sono sotto gli occhi di tutti: non si può certo dire che Zverev sia stato trattato duramente per la sua sfuriata di Acapulco, oppure che Djokovic, che ritirandosi solo all’ultimo momento da Indian Wells ha sbilanciato il tabellone, sia stato trattato male (era stato penalizzato, poi il suo appello è stato accolto). Per non parlare del meccanismo del ranking attraverso il quale fino ad inizio agosto ci saranno giocatori che potranno contare su punti del 2019.

Ci sono forti possibilità che Kyrgios verrà punito per quanto successo qui a Miami, soprattutto dopo aver dato del “f***ing retard” (fottuto ritardato mentale) a Bernardes al posto della tradizionale stretta di mano.

Per alcuni sarà un martire, per altri semplicemente una vittima di sé stesso. O forse sarà semplicemente l’ennesima delusione di un talento troppo ribelle.

Spettacolo a tutti i costi

(Marco Lorenzoni)

Una ventata d’aria fresca. Questa è la mia sensazione quando mi trovo in ascensore dopo aver assistito alla conferenza stampa di Kyrgios. L’australiano non ha detto nulla di sconvolgente ma almeno è stato sincero. Ha affermato che Carlos Bernardes ha arbitrato in maniera pessima e davanti a Nicola Arzani, moderatore per l’ATP ha sparato a zero sull’associazione stessa. Il politically correct ha invaso il mondo del tennis da tantissimo tempo e i giovani, che con la loro esuberanza potrebbero portare un po’ di sana confusione, si comportano da “adulti”. Firmano contratti milionari con gli sponsor e quando intravedono una domanda provocatoria si “rifugiano”. In questo modo Jannik Sinner quando gli viene chiesto un parere sull’invasione di campo del ragazzino durante la partita preferisce non prendere posizione. E noi appassionati, vedendo questi campioni così robotici nel loro modo di vivere il tennis arriviamo ad ammirare questa freddezza.

Senza nemmeno rendercene conto però andiamo a vedere giocare Kyrgios, perché abbiamo disperatamente bisogno di un qualcuno che accenda la scintilla. Ma non facciamoci illusioni. Non sarà sicuramente l’australiano a fare la rivoluzione, non gli interessa nient’altro che se stesso e l’ha dimostrato anche oggi in conferenza stampa quando ha detto che l’ATP non fa abbastanza per proteggere i giocatori. Il suo esempio di spontaneità potrebbe però spronare gli altri a esporsi su temi davvero importanti. Ad esempio il Miami Open è uno dei tornei più ricchi al mondo ma nessun raccattapalle vedrà un centesimo per il duro lavoro svolto in queste due settimane. Questi campioni, grazie alla loro visibilità, hanno una voce. I giocatori del passato in fin dei conti non erano così ribelli, ma non avevano peli sulla lingua e questo li ha portati a essere ricordati talvolta più per le loro esuberanti personalità rispetto alle vittorie. Gli anni 70 sono Gerulatis, McEnroe, Borg, Connors. Ci ricorderemo davvero il nostro presente come l’epoca di Zverev, Medvedev e Sinner?

Il tabellone maschile completo di Miami

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