Wimbledon curiosità e statistiche: da servizio di Rafa e al revival mancini. E la NextGen?

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Wimbledon curiosità e statistiche: da servizio di Rafa e al revival mancini. E la NextGen?

Una serie di statistiche curiose che giovano a Nadal e ai Fab Four, ma pongono l’accento sul famoso problema del futuro

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Rafael Nadal (ESP) reacts after a point against Botic Van De Zandschulp (NED) Centre Court2022. All England Lawn Tennis Club, Wimbledon. Day 8 Monday 04/07/2022. Credit: AELTC/Simon Bruty
 

Sono passati esattamente trent’anni da quando due mancini spettacolari e attaccanti, così diversi da Cameron Norrie e Rafael Nadal, (anche se lo spagnolo non scenderà in campo) arrivarono tra gli ultimi 4 ai Championships(e ben 12 anche dall’ultima volta in uno Slam, quando al Roland Garros del 2010 vi arrivarono il solito Rafa e il sorprendente Jurgen Melzer): erano John McEnroe e Goran Ivanisevic, che si arrese in finale solo ad Agassi dopo aver battuto Sampras. Da questo punto di vista la storia non farà sorridere Cam e Rafa, che dal canto suo però può comunque vantare (ancora) grandi numeri derivanti già solo dalla storica, faticosa vittoria contro Fritz: ottava semifinale a Wimbledon, che lo pone al pari con Pistol Pete e McEnroe(due che qui vi hanno però costruito una carriera), arricchita dal cinquecentesimo ace messo a segno nella battaglia di ieri sui verdi prati e dalla trentottesima presenza Slam a questo livello, distante 8 semifinali dal primatista, il Signor Roger Federer. Dunque record e soddisfazioni in serie per il maiorchino, che costruisce ogni giorno in più un pezzettino di storia del tennis(come se già non bastasse).

Eppure anche l’altro mancino, che domani si giocherà la più importante chance della carriera, ha messo una tacchetta nel grande libro delle statistiche. Infatti Cameron Norrie, insieme a Nick Kyrgios(otto anni dopo il primo tentativo), ha allargato a 20 il gruppo di giocatori nati negli anni ’90 capaci di arrivare almeno in semifinale in uno Slam. Solo sette tra questi hanno poi trovato la finale, e in due sono stati capaci di vincere il torneo: Thiem e Medvedev, alle ultime due edizioni dello US Open. Nell’elenco figurano anche nomi ormai desaparecidos dal panorama tennistico, che tanto avevano illuso e promesso, come Jerzy Janowicz, il funambolico polacco che fu il primo giocatore della generazione ’90(nato proprio nel primo anno di quel decennio) ad entrare nei primi quattro in uno Slam, nel lontano 2013 qui a Wimbledon.

I Championships che, tra l’altro, per la prima volta dal 2002 hanno visto ben tre quarti di finale finire al set decisivo nel maschile, ben vent’anni dopo le vittorie in 5 set di Hewitt su Schalken, di Malisse su Krajicek e di Nalbandian su Lapentti. E anche nel femminile è stata un’annata bella entusiasmante, dato che ben tre giocatrici su quattro hanno vinto in rimonta, dopo aver perso il primo set, con la sola Halep che ha vinto 2-0, per il restante inizi bruschi poi riscattati alla distanza. Dicevamo però dei maschietti: quest’anno solo Kyrgios ha avuto vita facile con Garin, mentre Nadal e Norrie hanno dovuto soffrire non poco contro Fritz e Goffin, e Djokovic ha dovuto addirittura rimontare uno svantaggio di due set a zero contro Jannik Sinner, unico Next Gen(parlando di giocatori nati dal 1996 in poi, Nick di certo non vi appartiene più) a spingersi fino a questo punto del torneo, ma con poca fortuna. E proprio la sconfitta del prossimo n.1 azzurro ha portato a una statistica non certo piacevole per il movimento tennistico: per la prima volta da Wimbledon 2019 non ci sarà neanche un giocatore Next Gen tra gli ultimi quattro di uno Slam, e di conseguenza saranno le semifinali con l’età media più alta degli ultimi tre anni.

E dire che sembrava ormai finalmente arrivato il momento del cambio della guardia, dell’affermarsi delle nuove leve, visto che dall’ultimo a Wimbledon all’ultimo Australian Open tre semifinalisti su quattro erano nati dal 1996 in poi: Berrettini, Hurkacz, Shapovalov a Wimbledon; Medvedev, Zverev, Auger-Aliassime a New York e sempre il russo, Matteo e Tsitsipas a Melbourne Park. Questo per citare gli esempi più recenti, e più nutriti, ma anche al Roland Garros erano stati due i “giovanotti” ad arrivare negli ultimi quattro, la situazione sembrava ben rosea. Da quel Wimbledon 2019 che vide come semifinalisti tre Fab 4(Nole, Roger e Rafa) più Bautista Agut, solo nel 2020 in Australia e a Parigi un solo semifinalista era NextGen, per il resto sempre almeno due. Certo va detto che questo torneo di Wimbledon aveva delle particolarità in partenza: Medvedev e Rublev hanno avuto il ban, Zverev era infortunato, e Berrettini ha contratto il COVID, dunque già il campo partecipanti che avrebbero potuto dire la loro è stato compromesso a prescindere. Ma ciò non nega l’evidenza che ancora una volta i ragazzi, al momento di compiere un vero passaggio di consegne e detronizzare i Fab Four, sono mancati all’appello. E, per una volta, è la matematica a confermarlo. E la matematica non è un’opinione, né potrà restituire ai NextGen la giovinezza e il tempo che ora si perde nel vento, che li tiene nel limbo tra campione fatto ed eterna promessa, che solo le vittorie e i risultati possono spezzare.

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