Due uomini e un n.1: Alcaraz per diventare il più giovane di sempre, Ruud per il ritorno scandinavo

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Due uomini e un n.1: Alcaraz per diventare il più giovane di sempre, Ruud per il ritorno scandinavo

Ormai entrambi a un passo dal primo posto in classifica, andiamo a vedere le statistiche che (ri)scriverebbero Carlos Alcaraz e Casper Ruud

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Carlos Alcaraz - US Open 2022 (foto Twitter @ATPTour_ES)
 

Se qualcuno, un paio di mesi fa, avesse detto a Casper Ruud che questo venerdì si sarebbe trovato a due vittorie (o forse addirittura una) dal diventare n.1 al mondo, il primo norvegese della storia del tennis, si sarebbe probabilmente messo a ridere. Se invece fosse stato detto a Carlos Alcaraz, la risposta sarebbero stata un’alzata di spalle e un sardonico :”Forse un po’ più avanti”, con la classica sfrontatezza di chi potrebbe diventare, con gli stessi “se” di Ruud, il più giovane di sempre a guardare tutti dall’alto in basso. Sabato mattina, chissà, forse avremo un primo verdetto, o forse tutto sarà rimandato alla finalissima di domenica, ma intanto chi sono stati gli “antenati” di Alcaraz, anagraficamente parlando, e del fantasmino, leggendo la questione da un punto di vista geografico?

Il 19 novembre 2001, a 20 anni e 8 mesi, Lleyton Hewitt, dopo la conquista dello US Open e delle ATP Finals di quell’anno, diventò il n.1 più giovane della storia della classifica ATP, battendo il record di Marat Safin, più “vecchio” di due mesi quando aveva raggiunto la vetta della classifica il 20 novembre 2000, dunque sempre sul finire dell’anno, e ancora dopo aver vinto l’ultimo Major, aggiungendogli però i 1000 (ai tempi Masters Series) del Canada e di Parigi Bercy. L’australiano e il russo sono ancora oggi gli unici due giocatori ad essere diventati n.1 al mondo prima del compimento dei 21 anni, record che andrebbe aggiornato se andasse ad aggiungersi alla classifica anche Alcaraz dopo questo US Open, rimodellando quindi il podio dei più giovani a potersi fregiare di un traguardo del genere, con i suoi 19 anni e 4 mesi. Lo spagnolo andrebbe a buttare giù dal terzo gradino di questa “classifica di precocità”, per prendersi però il primo, John McEnroe, che il 3 marzo del 1980 aveva 21 anni e 15 giorni. Va sottolineato, alla luce di quanto detto, che in realtà se Alcaraz non dovesse diventare n.1 alla fine di questo torneo, gli basterebbe riuscirci entro dicembre del 2023, a 20 anni e 7 mesi, per superare in ogni caso il record di Hewitt.

Non che la precocità e il diventare n.1 in giovane età sia un dato di fatto di qualità (non a caso Hewitt, il detentore del record in questo caso, ha vinto solo 2 Slam nell’arco della propria carriera, pur rimanendo primo per 75 settimane) ma può essere interessante confrontare il dato di Alcaraz con quello dei Big Three: infatti, il solo Nadal è tra i 10 n.1 più giovani di sempre, e tra l’altro al nono posto, con i suoi 22 anni e 2 mesi il 18 agosto del 2008. Federer è undicesimo, con 22 anni e 5 mesi il 2 febbraio del 2004, mentre Djokovic, che detiene tra l’altro il record di settimane totali in vetta (373, 3 più di Federer) è solo diciassettesimo, dato che aveva 24 anni e 1 mese il 4 luglio del 2011 dopo la vittoria del primo Wimbledon. Moya, Ferrero e Rios sono tutti e tre davanti a Nole in questo caso, per intenderci, ma messi insieme hanno vinto due Roland Garros, giusto 19 Slam in meno del solo serbo. Dunque l’età ha la sua componente, e non va trascurata, ma non è tutto.

Casper Ruud, che già ha riscritto e continua a riscrivere la storia tennistica della sua nazione, diventerebbe il primo n.1 ATP della storia della Norvegia, nonché di tutti i Paesi scandinavi, Svezia a parte (Alcaraz sarebbe il quarto spagnolo dopo Moya, Ferrero e Nadal). Il fantasmino, certo almeno della top 3, con i suoi 23 anni e 8 mesi, sarebbe il sedicesimo n.1 più giovane della storia, scavalcando proprio uno svedese, e cioè Wilander, che lo diventò a 24 anni e 11 giorni il 23 settembre del 1988. Mats, però, è solo uno dei tre svedesi (e scandinavi) che hanno raggiunto il primo posto nel ranking, il secondo cronologicamente parlando. Il primo, il 23 agosto di 45 anni fa, in tutto un altro mondo e tennis, fu l’orso Bjorn Borg, dopo aver vinto il secondo Wimbledon (di cinque consecutivi), a 21 anni, 2 mesi e 17 giorni, quinto più giovane di sempre, con soli 13 giorni in più di Andy Roddick nel 2003, che detiene la medaglia di legno della classifica di precocità.

A seguirlo, come detto in precedenza, ecco Mats Wilander, dopo aver vinto tre Slam su quattro nel suo anno magico, fermandosi ai quarti al suo torneo tabù, Wimbledon. L’ultimo svedese, l’ultimo rappresentante ad altissimi livelli di questa scuola ormai decaduta, a scalare la classifica fino alla fine, è stato Stefan Edberg, a 24 anni e 6 mesi, il 13 agosto del 1990, anno in cui vinse uno dei suoi due Wimbledon. Ruud, giusto con un tantino di pressione considerando questi illustri predecessori, potrebbe diventare il quarto scandinavo n.1 al mondo, e secondo tra questi più giovane di sempre (tra l’altro il suo regno inizierebbe il 12 settembre 2022, a quasi 30 anni esatti dall’inizio dell’ultimo di Edberg, il 14 settembre del 1992). Sapremo tutto da qui a 3 giorni, se sarà lo spirito severo del grande Nord o la sfrontatezza della calda penisola iberica a svettare su tutto il circuito (anche perché, se dovessero perdere sia Alcaraz che Ruud in semifinale, Nadal tornerebbe al primo posto della classifica, diventando a 36 anni e 3 mesi il secondo n.1 più vecchio di sempre, dietro solo ai 36 e 10 mesi di Federer).

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