Uno contro tutti: l'esplosione precoce di Lleyton Hewitt, gli ultimi fuochi di Agassi

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Uno contro tutti: l’esplosione precoce di Lleyton Hewitt, gli ultimi fuochi di Agassi

Un giovanissimo australiano irrompe sulla scena del tennis già da minorenne. Sarà poi capace di tenere la vetta per 80 settimane. Il vecchio Kid arriva a quota 101

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Erano più giovani di lui, Aaron Krickstein e Michael Chang, quando vinsero il loro primo titolo ATP ma nessuno dei due era riuscito a farlo così presto. Lleyton Hewitt non ha ancora diciassette anni quando, l’11 gennaio 1998, alza il trofeo del torneo di Adelaide, la città che gli ha dato i natali. Primi di iniziare la striscia di cinque vittorie consecutive (nell’ordine Draper, Woodforde, Spadea, Agassi e Stoltenberg le sue vittime), Lleyton aveva giocato un solo incontro nel circuito, perdendo al primo turno degli Australian Open 1997 contro lo spagnolo Sergi Bruguera.

Un predestinato, Lleyton, che sempre in patria – ma questa volta a Sydney – il 18 novembre 2001 batte Grosjean e si aggiudica la Masters Cup, facendosi consegnare da Gustavo Kuerten lo scettro di numero uno del mondo. In precedenza, Hewitt aveva trionfato agli ultimi US Open sotto le Twin Towers battendo Sampras in finale ma aveva dovuto attendere che Kuerten scontasse i punti accumulati l’anno prima per scavalcarlo nel torneo dei maestri. Senza un colpo particolarmente mortifero per gli avversari, Lleyton ha nel carattere e nella solidità di ogni fondamentale le armi che gli consentono di marciare spedito verso la vetta e rimanervi per ben 80 settimane, di cui le prime 75 consecutive.

Tuttavia, nemmeno lui riesce a sottrarsi al destino che vuole il leader del ranking in grossa difficoltà subito dopo l’investitura e, neanche due settimane più tardi, sull’erba stesa per l’occasione dentro la Rod Laver Arena, Hewitt perde il singolare d’apertura della finale di Coppa Davis contro il francese Nicolas Escude (6-4 al quinto dopo essere stato avanti due set a uno) e a poco serve il parziale rimedio contro Grosjean perché nella quinta partita, con Australia e Francia sul 2-2, Wayne Arthurs sostituisce Patrick Rafter ma è di nuovo Escude a prevalere e mettere le mani sull’insalatiera.

Chiusa con una certa amarezza la stagione 2001, Hewitt apre ancora peggio quella successiva diventando la prima testa di serie n°1 sconfitta al debutto agli Australian Open; succede a Melbourne, dove Lleyton cede allo spagnolo Alberto Martin in quattro set e lascia il torneo – già orfano del n°2 Kuerten – quando questo è ancora agli albori. “Non sono Superman” ammette il ragazzo ma in cuor suo sta già pensando al riscatto, che avviene puntualmente nella doppia tappa californiana di San Josè e Indian Wells, tornei nei quali il numero 1 trova la maniera di battere, tra gli altri, Agassi e Sampras. La striscia di vittorie si interrompe a quota quindici a Key Biscayne, dove Hewitt diventa il primo re battuto in carriera da uno che la corona la indosserà a lungo: Roger Federer.

Sulla terra – specialmente quella europea – l’australiano non si trova a proprio agio e non a caso arrivano cinque sconfitte tra Monte Carlo e il Roland Garros. Anche se la classifica di chi lo batte non è sempre da primissimi posti, Moya (due volte), Gaudio, Safin e Canas sul rosso sono avversari ostici per il ventunenne che attende – con la giusta convinzione nei propri mezzi – l’arrivo dell’erba, sulla quale far valere le doti eccellenti in termini di risposta e rapidità sul campo. E l’attesa è tutt’altro che vana. Dopo aver conquistato al Queen’s il terzo titolo consecutivo (impresa riuscita, nell’Era Open, solo a McEnroe) e aver dato forfait nei quarti di finale a ‘s-Hertogenbosch, Lleyton Hewitt legittima la sua leadership conquistando i Championships a Wimbledon.

Nelle sette partite disputate, solo l’olandese Sjeng Schalken lo mette alle corde; avanti due set a zero, nel terzo Hewitt non capitalizza nemmeno una delle undici palle-break a disposizione, le ultime quattro delle quali sono match-points. Schalken sopravvive, fa suo il set al tie-break e sfrutta il momento di sbandamento del numero 1 travolgendolo (6-1) nel quarto ma nel quinto, dopo break e contro-break, alla lunga emerge la “tigna” di Lleyton che chiude 7-5 e mette il mattone più pesante del suo secondo Slam.

L’indigestione di verdura (leggi erba) ha riempito lo stomaco del leader e, alla ripresa, Hewitt fatica a carburare e sono due spagnoli a sbarrargli la strada nei Masters Series dell’estate americana: Felix Mantilla al primo turno di Toronto e Carlos Moya, ancora lui, nella finale di Cincinnati. Il campione del Roland Garros 1998 l’aveva già battuto a Monte Carlo e Roma e lo batterà di nuovo nel round robin della Masters Cup, rassegna che chiuderà (in bellezza) il 2002 di Hewitt. Ma non corriamo. Dopo Cincinnati, Lleyton cade al secondo turno a Indianapolis (Rusedski) mentre agli US Open – dove difende il titolo – si ferma in semifinale al cospetto di Andre Agassi che nell’atto conclusivo troverà il rivale di una carriera, ovvero Pete Sampras. Una lieve digressione dal tema di questa rubrica (che vuole ripercorrere il cammino dei numeri uno quando sono tali) per ricordare che il vecchio re, Sampras, arriva a questa finale con un digiuno di titoli che perdura da oltre due anni, durante i quali ha giocato sei finali (due agli US Open, una a Indian Wells oltre a Los Angeles, Long Island e Houston) e le ha perse tutte. Ma non questa, con cui Pete sigilla il 14° Slam in carriera e si ritira imbattuto.

Tornando a Hewitt, i passi falsi proseguono anche in autunno. A Tokyo viene battuto dal più forte thailandese di sempre, Paradorn Srichaphan, mentre a Stoccolma rimedia un doppio 6-3 con Raemon Sluiter. L’olandese, che non andrà oltre un best-ranking di n°46 al mondo, troverà il modo di far parlare di sé nel 2009 a ‘s-Hertogenbosch quando, da n° 866 del mondo e in tabellone grazie a una wild-card, diventerà il tennista con la peggiore classifica ad aver raggiunto una finale ATP. Dopo due battute d’arresto, a Parigi Bercy Hewitt riesce ad avanzare fino all’ultimo giorno ma in finale Marat Safin lo regola in tre set (7-6 6-0 6-4). Il risultato di questi… risultati è che Hewitt arriva a Shanghai, sede della Masters Cup, con il timore di perdere lo scettro. La possibilità diviene ancora più concreta quando, dopo aver perso nel round robin con Moya, gli incroci del gruppo rosso fanno sì che, all’ultima giornata, se Albert Costa dovesse battere lo stesso Moya (già qualificato) senza perdere set, Hewitt verrebbe eliminato e a quel punto, vincendo il torneo, Agassi si prenderebbe anche la corona del re.

Invece lo statunitense non arriva nemmeno in semifinale mentre Moya batte uno stoico Costa in quasi tre ore e quello che fino a qualche ora prima era un vicolo stretto e buio si trasforma, per l’australiano Lleyton Hewitt, in una vera e propria autostrada. Oddio, in realtà è lui ad allargarne le corsie lottando come un leone sia in semifinale con Federer (7-5 5-7 7-5) che in finale con Juan Carlos Ferrero, sconfitto 6-4 al quinto dopo essersi fatto recuperare un vantaggio di due a zero. Maestro per il secondo anno consecutivo, Hewitt chiude la stagione da n°1 e smentisce nuovamente tutti i suoi (numerosi) detrattori, che non gli riconoscono le stimmate del fuoriclasse.

Pur facendo meglio dell’anno precedente, nello Slam di casa il numero 1 continua ad accumulare risultati negativi e così il 2003 si apre, per Hewitt, con la sconfitta negli ottavi degli Australian Open per mano di Younes El Aynaoui. Sarà, questa, l’unica vittoria contro un leader ATP in sette partite per il marocchino, che ha già perso due volte con Agassi e con lo stesso Hewitt e perderà di nuovo con gli stessi avversari nel corso della stagione. Una di queste avviene al primo turno di Indian Wells, dove Hewitt ci arriva da campione di Scottsdale e conferma il titolo conquistato nel 2002 battendo in finale il redivivo Kuerten con un doppio 6-1. Inattesa è invece l’eliminazione al debutto in quel di Miami, dove a sorprendere Lleyton è il 34enne mancino spagnolo Francisco Clavet, specialista della terra rossa e assai lontano, quanto a classifica, al suo best-ranking (18) conquistato oltre dieci anni prima. Adesso “Pato” è scivolato al n°178 ed è in tabellone dopo essersi qualificato ma è l’unico tennista nella storia ad aver vinto l’ultimo incontro in carriera battendo il numero 1 del mondo.

Sul rosso, Hewitt gioca in Germania tra Amburgo (dove perde al terzo turno contro il cileno Fernando Gonzalez) e Dusseldorf (tre vittorie nella World Team Cup, di cui particolarmente significativa quella con Moya) ma in precedenza, esattamente tra il 28 aprile e l’11 maggio, ha dovuto lasciare temporaneamente il trono ad Agassi, che però non ha approfittato dell’occasione perdendo a Roma contro il giovane iberico David Ferrer dopo averlo dominato nel primo set (0-6 7-6 6-4). Lo scivolone ha dunque rimesso Hewitt al suo posto ma le settimane di “Rusty” stanno giungendo al termine e l’ultima, l’ottantesima per la precisione, la trascorre al Queen’s dove Sebastien Grosjean ne interrompe una striscia positiva di 17 vittorie e ne decreta la fine del regno. Dunque, sono 80 le settimane complessive di Hewitt in testa alla classifica ATP, periodo nel quale l’australiano ha disputato 28 tornei vincendone 7 e 108 incontri, vincendone 87. A succedergli è nuovamente Agassi, semifinalista nel minore dei due tornei sull’erba londinese, che a sua volta estenderà il suo regno intermittente a un totale di 101 settimane distribuite in un arco temporale di ben otto anni e mezzo.

Gli ultimi quattro tornei da re non portano titoli nella bacheca dello statunitense. A Wimbledon esce negli ottavi vittima di Philippoussis mentre a Washington perde con Fernando Gonzalez prima di cedere a Schuettler nel Masters Series di Montreal. Sconfitto a Cincinnati nel 1999 da Sampras, il tedesco chiuderà la carriera con un bilancio attivo nei confronti del n°1; il 2-6 6-2 6-3 canadese con Agassi lo porta in parità e, a fine stagione, sarà il primo a infliggere una delusione al 22° re dell’ATP. Ma di questo parleremo nella prossima puntata, anche perché prima ci sarà pure un 21° e dopo inizierà la leggenda del re dei re. Adesso ci limitiamo a mettere in cifre la vicenda di Agassi, che si conclude nelle semifinali degli US Open con 101 settimane, 34 tornei e 135 incontri, di cui appena 107 vinti (è solo undicesimo nella speciale classifica che guarda la percentuale di vittorie). Tuttavia, è l’unico numero 1 ad aver vinto in carriera i quattro Slam, il Masters, la Davis e la medaglia d’oro olimpica. Scusate se è poco.

TABELLA SCONFITTE N.1 ATP – DICIOTTESIMA PARTE

ANNONUMERO 1AVVERSARIOSCORETORNEOSUP.
2001HEWITT, LLEYTONESCUDE, NICOLAS64 36 63 36 46DAVIS CUPG
2002HEWITT, LLEYTONMARTIN, ALBERTO61 16 46 67AUSTRALIAN OPENH
2002HEWITT, LLEYTONFEDERER, ROGER36 46MIAMIH
2002HEWITT, LLEYTONMOYA, CARLOS46 36MONTE CARLOC
2002HEWITT, LLEYTONGAUDIO, GASTON46 57BARCELLONAC
2002HEWITT, LLEYTONMOYA, CARLOS36 26ROMAC
2002HEWITT, LLEYTONSAFIN, MARAT36 16AMBURGOC
2002HEWITT, LLEYTONCANAS, GUILLERMO76 67 46 36ROLAND GARROSC
2002HEWITT, LLEYTONMANTILLA, FELIX62 46 36CANADA OPENH
2002HEWITT, LLEYTONMOYA, CARLOS57 67CINCINNATIH
2002HEWITT, LLEYTONRUSEDSKI, GREG67 46INDIANAPOLISH
2002HEWITT, LLEYTONAGASSI, ANDRE46 67 76 26US OPENH
2002HEWITT, LLEYTONSRICHAPHAN, PARADORN46 36TOKYOH
2002HEWITT, LLEYTONSLUITER, RAEMON36 36STOCCOLMAH
2002HEWITT, LLEYTONSAFIN, MARAT67 06 46PARIGI BERCYS
2002HEWITT, LLEYTONMOYA, CARLOS46 57MASTERS H
2003HEWITT, LLEYTONEL AYNAOUI, YOUNES76 67 67 46AUSTRALIAN OPENL
2003HEWITT, LLEYTONCLAVET, FRANCISCO46 46MIAMIH
2003AGASSI, ANDREFERRER, DAVID60 67 46ROMAC
2003HEWITT, LLEYTONGONZALEZ, FERNANDO16 63 06AMBURGOC
2003HEWITT, LLEYTONROBREDO, TOMMY64 61 36 26 36ROLAND GARROSC
2003HEWITT, LLEYTONGROSJEAN, SEBASTIEN36 46QUEEN’SG
2003AGASSI, ANDREPHILIPPOUSSIS, MARK36 62 76 36 46WIMBLEDONG
2003AGASSI, ANDREGONZALEZ, FERNANDO63 46 67WASHINGTONH
2003AGASSI, ANDRESCHUETTLER, RAINER62 26 36CANADA OPENH
2003AGASSI, ANDREFERRERO, JUAN CARLOS46 36 63 46US OPENH

  1. Nastase e Newcombe
  2. Connors
  3. Borg e ancora Connors
  4. Bjorn Borg
  5. Da Borg a McEnroe
  6. Ivan Lendl
  7. McEnroe e il duello per la vetta con Lendl
  8. Le 157 settimane in vetta di Ivan Lendl
  9. Mats Wilander
  10. Lendl al tramonto e l’ultima semifinale a Wimbledon
  11. La prima volta in vetta di Edberg, Becker e Courier
  12. Sale sul trono Jim Courier
  13. Il biennio 1993-1994, da Jim Courier a Pete Sampras
  14. Agassi e Muster interrompono il dominio di Sampras
  15. La seconda parte del regno di Sampras, Rios re senza corona
  16. Moya, Rafter, Kafelnikov e Agassi nell’ultima fase del regno di Sampras
  17. Le 9 settimane di Marat Safin, le 43 di Guga Kuerten
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