ATP Finals, Ruud: “Un match indoor da cui dipendesse la mia vita? Lo farei giocare a Djokovic”

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ATP Finals, Ruud: “Un match indoor da cui dipendesse la mia vita? Lo farei giocare a Djokovic”

Casper Ruud parla della possibile finale con Djokovic, di stagione frenetica, del Re della sua terra e di quello della terra: “Contro Rafa vuoi giocare bene, ma non c’era nulla in palio tranne qualche punto e qualche soldo in più”

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Casper Ruud - ATP Finals, Torino 2022 (Credits Photo Giampiero Sposito:FIT)
 

Nel mese di novembre erano previste cinque esibizioni – anzi, rivincite della finale del Roland Garros – tra Casper Ruud e Rafa Nadal e sono diventate sei. È vero che quello andato in scena giovedì pomeriggio è stato un match ufficiale con punti in palio e tutto quanto, ma il fatto che Casper fosse già qualificato e Rafa eliminato (controlliamo, è proprio così e non il contrario) ha certamente tolto qualcosa alla sfida vinta dal numero 2 del mondo con un doppio 7-5. L’aspetto negativo della formula a gironi, con almeno un giocatore sicuro del primo posto nel Gruppo, che va comunque in campo per vincere, ma più o meno coscientemente potrebbe avere la testa alle semifinali e non metterci l’intensità necessaria.

È proprio questa la prima domanda a cui Ruud risponde, ammettendo di essersi sentito “un po’ diverso. Non capitano spessa queste situazioni, è l’unico torneo dove ci sono i gironi. Da un lato puoi prenderlo come ogni altro match. Ma alla fine della corsa vuoi solo concludere senza rischiare di farti male, magari sforzandoti o giocando troppo sapendo che hai bisogno di essere pronto per sabato perché, a prescindere dall’avversario, sarà un incontro difficile. Giocando con Rafa, vuoi giocare bene, ma non c’è nulla in palio tranne qualche punto e qualche soldo in più, non come l’ultima volta, una finale Slam”.

D. Due finali Slam, numero 3 del mondo: hanno cambiato il tennis in Norvegia? Due anni fa eri una stella nascente, ora sei affermato. Il tennis ha molto seguito?

“Sta ovviamente crescendo. Il tennis e il golf hanno avuto una spinta a causa del Covid. Conosco persone che hanno ripreso a giocare e altre che hanno cominciato. Il calcio e gli sport invernali sono i più seguiti, tutti guardano la Premier League. La gente guarda anche il tennis in certe occasioni, ma ancora non c’è una gran cultura. Spero che si formi nei prossimi anni. Come in Svezia, che ha avuto grandi giocatori in passato. Forse se continuo a fare risultati, le persone lo seguiranno sempre più e giocare a tennis diventerà una scelta naturale da parte dei bambini.”

D. Hai visto gli incontri di Djokovic? Come lo valuti? Potresti affrontarlo questo weekend.

“Non l’ho visto contro Tsitsipas, era piuttosto tardi, forse ero a cena, ma l’ho visto con Rublev. Ha giocato in modo fenomenale, sia mentalmente sia fisicamente. Mi ricordo quando lo guardavo in TV da bambini, ha avuto delle stagioni folli, come il 2011. Credo che alle Finals fosse un po’ esaurito e venne subito eliminato [sconfitto da Ferrer e Tipsarevic]. Avrà giocato una decina di tornei quest’anno, è fresco e preparato. Su questa superficie, penso sia il migliore del mondo. Senza offesa per Carlos [Alcaraz] che è e finirà l’anno da numero 1, ma, se devo scegliere qualcuno che giochi il set o il match da cui dipende la mia vita, prendo Novak. A Parigi ha mostrato di essere umano anche lui perdendo in finale un po’ a sorpresa. Dovrò inventarmi qualcosa di nuovo per avere una possibilità contro di lui se dovessi giocarci.”

D. Dopo lo US Open hai perso presto in diversi tornei, dicendo che avevi giocato troppo. Ora sei al 100? Come ti programmerai in futuro per avere energie durante tutta la stagione?

“Dopo il risultato allo US Open, ero parecchio stanco. Cinque giorni dopo ho giocato in Coppa Davis, poi in Laver Cup, e subito dopo in Asia. Troppo frenetico, ma avevo già programmato quei tornei, mi sentivo in obbligo e volevo vedere com’era giocare in Giappone e in Corea. Mi sono comuqnue divertito. Ora mi sento bene e voglio fare un passo in più rispetto all’anno scorso, arrivare in finale.”

D. Tu, Haaland [calciatore], Ingebrigtsen [mezzofondista]. È un caso o c’entra qualcosa cultura dello sport?

“Se vuoi diventare un atleta in Norvegia, ci sono diverse possibilità, ci sono le scuole. Nel caso di noi tre, i nostri padri ci hanno aiutato quando eravamo molto giovani. Si discute spesso se sia un bene o un male avere un genitore che ti allena. In questo caso, credo sia una delle ragioni del nostro successo.”

D. Per quanto riguarda i membri delle famiglie reali, a Wimbledon vedi quelli inglesi, quelli spagnoli sono in contatto con Rafa, i danesi… Hai sentito quelli di Norvegia quando hai fatto la finale a Parigi?

“Non direttamente. Ma so che il principe e la principessa ereditari erano al Roland Garros per la finale. È stato un grande onore giocare di fronte a loro. Sono stato invitato ad alcuni eventi, al castello reale se così si chiama [Palazzo, gli suggeriscono]. Palazzo [risata]. Ho ricevuto un invito per i 18 anni della figlia dei principi l’estate scorsa, ma purtroppo ero in viaggio. È difficile dire no a un evento del genere. Ancora non sono stato contattato direttamente dal Re, ma sicuramente troverà il mio numero nel caso [sorride].

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