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Opinioni

La scomparsa dei giudici di linea nel 2025

Nel 2025 niente più giudici di linea, neanche a Wimbledon. Solo il Roland Garros resiste, ma per quanto?

Last updated: 31/12/2024 13:37
By Margherita Sciaulino Published 28/12/2024
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9 Min Read
Giudice di sedia a Wimbledon (foto Flickr stevekeiretsu)

📣 Guarda l'ATP500 di Halle 2025 in streaming solo su NOW

Nel bene o nel male, il Covid-19 ha cambiato le vite di molte persone. A causa della pandemia – e in misure diverse – abbiamo perso una parte di vita, ma scoprendone una nuova. Questo è successo anche nel mondo del tennis.

Sezioni
Wimbledon rinuncia alla tradizioneLa testimonianza di un giudice di linea dopo 40 anni a WimbledonI giudici di linea sopravvivono al Roland Garros  Chi deciderà in campo nel 2025: l’arbitro o la tecnologia?

Allo US Open del 2020 e al torneo di Cincinnati, per diminuire il numero di persone coinvolte durante la pandemia, è stato introdotto l’Electronic Line Calling Live (ELC). Un sistema automatico per chiamare gli “out” al posto dei giudici di linea, garantendo coerenza e precisione nei risultati delle partite. La FoxTenn ha progettato il sistema ELC assicurando una visione reale della traiettoria della palla, attraverso 40 telecamere in grado di fornire oltre 150.000 immagini per secondo. In seguito ai risultati precisi e coerenti riportati a Flushing Meadows, l’ELC è stato inserito a Melbourne, per l’Australian Open, anche per via dell’analisi e delle statistiche accurate sulle performance dei giocatori. Da quell’anno, diversi organizzatori di tornei si sono messi in coda per acquistare un prodotto innovativo e preciso come l’ELC, mentre altri storcevano il naso e si tenevano stretti i loro giudici di linea. Ancora per poco.

Nell’aprile del 2023 c’è stato l’ingresso a gamba tesa da parte dell’ATP: dal 2025 niente più giudici di linea nel circuito, l’Electronic Line Calling sarà introdotto in tutti tornei ATP. Una decisione che escludeva i tornei del Grande Slam, che non dipendono dal regolamento ATP. In poche parole, gli unici tornei rimasti con i giudici di linea in campo nel 2025 sarebbero stati Wimbledon e Roland Garros.

Wimbledon rinuncia alla tradizione

Wimbledon è sempre stato considerato il torneo di tennis più tradizionale del mondo. Ma cosa si intende esattamente per tradizione? Un complesso di memorie, notizie e testimonianze trasmesse da una generazione all’altra. Quindi, nel caso di Wimbledon, un “complesso” che durava da 147 anni. Finché l’All England Club non ha dichiarato che era tempo di cambiamenti.

“La decisione di introdurre la chiamata elettronica è stata presa dopo un significativo periodo di riflessione”, ha dichiarato l’amministratore delegato dell’AELTC Sally Bolton lo scorso aprile, “dopo aver esaminato i risultati dei test effettuati quest’anno ai Championships, riteniamo che la tecnologia sia sufficientemente robusta e che sia giunto il momento di compiere questo importante passo per ottenere la massima precisione nel nostro arbitraggio. Prendiamo molto seriamente la nostra responsabilità di bilanciare tradizione e innovazione a Wimbledon. I giudici di linea hanno svolto un ruolo centrale nel nostro sistema di arbitraggio ai Championships per molti decenni. Riconosciamo il loro prezioso contributo e li ringraziamo per il loro impegno e servizio”.

Così dopo 147 anni, in un giorno qualunque di metà ottobre, 300 giudici di linea che hanno vestito per gran parte della loro vita i campi di Wimbledon, sono andati a casa. L’AELTC ha risolto il suo dilemma tra innovazione e tradizione – forse ricordandosi che l’ultima volta in cui aveva vinto l’innovazione, era andata piuttosto bene. Con l’utilizzo di Hawk-Eye dal 2007, l’arbitraggio del torneo era migliorato in maniera significativa. Quasi a farlo apposta, la decisione di Wimbledon è giunta nella stessa settimana in cui una serie di discussioni hanno incendiato i rapporti tra giocatori e arbitri al Masters di Shanghai. Nelle 48 ore precedenti, Frances Tiafoe, Alexander Zverev e Stefanos Tsitsipas avevano accusato gli arbitri di chiamate errate.

La testimonianza di un giudice di linea dopo 40 anni a Wimbledon

Wendy Smith, giudice di linea a Wimbledon da oltre 40 anni, ha rilasciato una lunga testimonianza al The Guardian: “Immagino che l’All England Club abbia preso questa decisione perché i giocatori vogliono le decisioni computerizzate, anche se a molti di loro non è piaciuto affatto Hawk-Eye quando è stato introdotto. Ci sono così tante cose che un computer non può offrire mentre un giudice di linea sì. Noi manteniamo le tradizioni del tennis e facciamo sembrare il campo completamente vestito. Gli spettatori possono imparare molto sul gioco vedendo le discussioni tra un giudice di linea e l’arbitro di sedia. Tutto ciò andrà perduto. Non dico che non commettiamo mai errori – siamo umani, dopotutto. Ma il nostro standard è molto alto”.

Wendy Smith era in campo quando Andy Murray ha vinto il suo primo Wimbledon, e quando Andre Agassi violava il codice verbale: “Andre Agassi stava giocando contro Pat Rafter e io ero sotto il Royal Box sulla linea centrale. Agassi imprecò forte e io dovetti andare a riferirlo al giudice di gara, rendendomi improvvisamente conto che era una lunga strada da percorrere con tutta la folla che mi guardava. È triste pensare che non avrò più un momento come quello. Non potrò più stare sul Centre Court. Avrei voluto che ce lo dicessero prima del torneo di quest’anno, in modo da avere la possibilità di dirgli addio”.

Forse la cosa più triste, racconta Wendy Smith al The Guardian, è come ha scoperto che non avrebbe più rivisto il Centre Court: “Ha fatto ancora più male perché ho scoperto che i giudici di linea venivano eliminati da Wimbledon solo quando l’hanno annunciato al telegiornale e il mio telefono ha iniziato a suonare. Le persone mi volevano chiedere come mi sentissi”. Il problema era che non lo sapeva neanche lei, nessuno l’aveva avvisata prima di quel giorno.

I giudici di linea sopravvivono al Roland Garros  

Quindi alla vigilia del 2025 sappiamo che l’ultimo torneo dove i giudici di linea non sono ancora scomparsi è lo Slam sulla terra rossa. Una decisione che si spiega per via della sua superfice, dove la palla lascia un segno facile da giudicare per l’occhio umano. Il Roland Garros si ritrova da solo a difendere la dimensione più umana del gioco. La matrice nostalgica di questo cambiamento spera che Parigi possa salvare i giudici di linea dall’estinzione. Ma la sensazione è che sia solo una questione di tempo. Perché quando il genio esce dalla lampada, rimetterlo dentro è difficile. Se i giocatori, così come gli arbitri, saranno ormai abituati a un solo format di gioco, cosa succederà quando dovranno di nuovo fare i conti con le caratteristiche umane: incertezza, dubbi e discussioni in campo? Con un computer non si può discutere, nel senso che fino ad oggi, è proprio vietato dal regolamento. E questo ci porta al prossimo dilemma.

Chi deciderà in campo nel 2025: l’arbitro o la tecnologia?

L’eccessiva fiducia riposta nella tecnologia rischia di deresponsabilizzare gli arbitri in maniera definitiva (e imbarazzante). Diversi episodi quest’anno ci hanno dimostrato che anche l’ELC può sbagliarsi. E’ successo a Matteo Berrettini, durante la finale di Phoenix, a Rafa Nadal durante il Mutua Madrid Open e nel match tra Kasatkina e Cirstea a Miami. Di fronte all’evidenza di un errore, gli arbitri in questione non hanno potuto esercitare il potere di “overrule” che avrebbero usato per correggere un giudice di linea. Questo significa che, indipendentemente dall’esito dell’ELC, giusto o sbagliato che sia, l’arbitro è costretto ad essere d’accordo.

La scomparsa dei giudici di linea e la rivoluzione tecnologica inducono a un importante momento di riflessione. Farsi aiutare dalla tecnologia e migliorare grazie al suo utilizzo è un conto. Farsi comandare o addirittura sottomettersi all’intelligenza artificiale, è un altro. Riusciremo a trovare il modo di far convivere gli arbitri con la tecnologia? E a non diventare dei giudici sterili, sia in campo, che nella vita? Glielo dobbiamo. A Wendy Smith, ai 300 giudici di Wimbledon e a quel pezzo di tradizione che abbiamo sacrificato.


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