Sulla sedia dell’arbitro, la finale di Phoenix: dura lotta tra tecnologia e ragione

Al maschile

Sulla sedia dell’arbitro, la finale di Phoenix: dura lotta tra tecnologia e ragione

La tecnologia ELC Live chiama out il servizio di Berrettini: la palla è buona ma l’arbitro nega l’evidenza

Pubblicato

il

Nuno Borges – ATP Challenger Phoenix 2023 (foto via Twitter @ATPChallenger)
 

L’ATP ha annunciato attraverso un comunicato ufficiale che dal 2025 il circuito maggiore maschile adotterà la tecnologia Electronic Line Calling Live (ELC Live) su tutti i campi. Il sistema automatico di chiamate degli “out” prenderà il ruolo occupato da sempre dai giudici di linea per garantire maggiore coerenza nei risultati delle partite, meno polemiche e maggior qualità del gioco. Motivazioni che avevano già introdotto l’occhio di falco (in inglese Hawk Eye) dallo US Open del 2006. I produttori di hawk-eye ammettevano un margine di errore di 3,6 millimetri, ma la FoxTenn, con la nuova tecnologia di “electronic line calling” ha garantito una visione reale della traiettoria della palla, attraverso quaranta telecamere in grado di fornire oltre 150.000 immagini per secondo. Un altro chiaro vantaggio di questa tecnologia è quello di fornire analisi e statistiche accurate sulle performance dei giocatori, per tutte le partite del circuito maggiore maschile.

Ancora una volta, la tecnologia appare come la soluzione a tutti i problemi, qualcosa di intaccabile. Per il momento, l’unico rimasto insostituibile sul campo da tennis (oltre ai giocatori) sembra essere il giudice di sedia. Anche se nella finale di Phoenix, domenica 18 marzo, l’arbitro ha dimostrato tutto il contrario.

Al Challenger di Phoenix, Matteo Berrettini è tornato a giocare una finale contro il portoghese Nuno Borges. La partita era arbitrata dal giudice di sedia e dal sistema ELC Live. Quando il tennista romano è andato a servire sotto 6 giochi a 5, Borges ha messo a segno tre punti consecutivi, guadagnandosi così tre chance di set point. Berrettini è riuscito a salvare la prima palla break e con il punteggio sfavorevole di 15-40 ha tirato una prima di servizio vincente, ma sotto gli occhi vigili dell’arbitro, la voce del sensore ha erroneamente chiamato la palla “out”. L’azzurro ha guardato il giudice di sedia incredulo, il quale ha subito confermato che la palla era effettivamente buona. Di fronte all’evidenza però, l’arbitro è apparso impotente. Come se la voce automatica del sensore fosse arrivata dall’alto di una divinità incorreggibile. Dopo diverse polemiche, il giudice ha telefonato al supervisore del sistema, il quale ha riferito che se la palla era stata giudicata out, la risposta non poteva essere diversa. Berrettini, nella disperazione di difendere quella cosa chiamata giustizia, ha insistito: “Ma se hai visto anche tu che la palla era buona!”. Dopo alcuni vani tentativi, al romano non è rimasto altro che chiamare in causa l’avversario. Borges avrebbe potuto scegliere di prendersi quel punto che gli avrebbe consegnato nella maniera più facile e veloce, il primo set. Ma il portoghese, un raro esemplare di “fair-play”, che fino a quel momento era rimasto in disparte ad aspettare la decisione dell’arbitro, non ha potuto negare l’evidenza e ha deciso di dare il punto a Berrettini. Una sua legittima scelta che non avrebbe ostacolato né la tecnologia inconfutabile del ELC Live e neanche la decisione iniziale dell’arbitro.

Ma di fronte a questa storia, non c’è solamente in ballo una semplice partita di tennis e un punto che, Borges sarebbe comunque riuscito a vincere pochi minuti dopo, guadagnandosi il set. Di fronte alla sconvolgente affermazione dell’arbitro c’è un problema di omertà che, su larga scala, rischia di avere gravi ripercussioni sulla società in cui viviamo. Le regole ci sono per essere rispettate, in qualsiasi settore o ambiente, ma la forma, così come gli ordini, non possono essere più importanti della ragione assoluta. Perché tra dare ragione a un sistema computerizzato errato e abbattere una scuola piena di bambini, solamente perché qualcuno ha ordinato di farlo, c’è un problema di fondo che non si può ignorare.

L’eccessiva fiducia riposta nella tecnologia sta deresponsabilizzando gli arbitri, alimentando una forma di debolezza, come in questo caso, imbarazzante. Il tennis e lo sport in generale, si basano su dei valori fondamentali come il rispetto delle regole, la solidarietà ma soprattutto, la lealtà. Per incarnare questi valori, è necessario far prevalere la ragione basata sull’evidenza, anche se questo non è esplicitamente scritto nel regolamento.

Affidare l’andamento di una partita, così come il futuro della società in cui vivremo, a delle persone che non guarderanno più con i loro occhi per giudicare cos’è giusto o sbagliato, può diventare pericoloso o meglio, tragico.

Un arbitro è chiamato a sedersi in campo per giudicare l’andamento di una partita. Se la tecnologia gli impedisce di esercitare la facoltà del giudizio, annullando così, la sua opinione e quello che rappresenta, forse la novità dell’ATP non è poi così un “successo”.  Gente come Borges non rappresenta solo il fair-play ma la speranza che ci sia ancora qualcuno disposto a non seguire regole sbagliate, per ricordarci che buonsenso e giudizio possono ancora migliorare una partita di tennis, così come la vita di tutti.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement