Phoenix, Arizona. E’ il luogo etimologicamente adatto per una rinascita. Lo scenario dove le proprie ceneri possono avere un’altra chance, un grande ritorno per una vita nuova. Una suggestione che deve aver sfiorato la mente di Matteo Berrettini, quando sul ciglio di un burrone senza fine, decise di accettare la proposta degli organizzatori del challenger americano. Era il 17 marzo del 2024 quando Nuno Borges gli tolse la vittoria finale, ma gli restituì il sentore che nel suo tennis albergava ancora il sacro fuoco, quello che la fenice è in grado di controllare a piacimento. Quasi un anno dopo, quell’avvisaglia positiva ha partorito una consapevolezza per Matteo e un monito per gli avversari, quello che si apprende da piccoli: non scherzare con il fuoco.
“Matteo is back”, “il martello è tornato”, “Berrettini amarcord”. Questi sono solo alcuni dei titoli boom con cui si cerca di sbrogliare una matassa in modo troppo semplicistico, forse senza scendere nel merito degli sforzi profusi in percorsi del genere. Chiunque tenga a cuore le sorti di Berrettini non può che avere negli occhi la finale di Wimbledon 2021, auspicandosi che quei momenti tornino al più presto. Ma l’assioma che collega i buoni momenti di forma del classe 1996 alla finale dei Championship non è così immediato e consequenziale, ci passa un mondo nel mezzo. L’impressione è che l’obiettivo di Matteo sia collocarsi in questi tanti spazi vuoti e inesplorati, e vedere cosa viene fuori nel mentre.
Partiamo dai buoni momenti di forma. Premettendo che l’integrità fisica è un perno valido per tutti i tennisti, Berrettini appartiene a una tipologia di giocatori che fa della brillantezza atletica un caposaldo che enfatizza esponenzialmente tutti i suoi pregi, servizio e dritto. Di rimando non essere tirato a lucido mette a nudo alcuni suoi talloni d’Achille: il rovescio in primis. Non potrebbe essere altrimenti per un ragazzone di 196 centimetri per più di 90 chilogrammi. Una struttura imponente che ha bisogno di tanta manutenzione, che tante volte è stata la sua delizia ma anche la sua croce.
Anche quando gli addominali non lo tradiscono, Matteo ha dimostrato che al più piccolo ritardo di condizione, il suo tennis perde smalto, andando a pregiudicare esito e performance del match. Per intenderci, se un Sinner a mezzo servizio è sufficiente per sfangarla contro Rune all’Australian Open, questo non sembra essere nelle corde del romano. Un limite difficilmente colmabile, che fa da preambolo a quello che può essere il futuro di Berrettini, sul medio e lungo termine. La seconda componente dell’assioma preso in analisi è la finale di Wimbledon 2021. Quasi quattro anni fa, un lasso temporale che ha la semantica di un’eternità, considerando che sui campi di Londra di erba ne è cresciuta e ricresciuta e gli equilibri della scena tennistica, in generale, hanno cambiato completamente faccia.
Nonostante il ko contro Jack Draper in quel di Doha, Matteo è in evidente ripresa come da lui stesso dichiarato in più occasioni ma il topic è stabilire il ruolo che possa avere questo Berrettini nel circuito. Il classe 1996 tira dritto per la sua strada, una ricerca di rendimento continuo che passerà per lo switch tra più superfici, una versatilità che il romano ha sempre dimostrato di avere, Sinner a parte, forse più di tutti nella pattuglia azzurra e che ha recriminato recentemente, sostenendo di rendere al meglio non solo sui campi in erba.
Negli ultimi anni Berrettini non è mai riuscito a completare la stagione sul rosso. Il recente ritorno in top-30 gli offre il fianco per continuare a sognare, con i prossimi mesi a rappresentare una ghiotta occasione data l’esigua quantità di punti da difendere. 4 anni fa non c’era Alcaraz, non c’era Sinner e non c’era la rampante schiera di giovani che come lo spagnolo e l’altoatesino vogliono irrompere sulla scena. C’è ancora spazio per Matteo? Fortunatamente non è un qualcosa che lo tormenta, chi ha vissuto tanti stop forzati ragiona day by day ma più che un ritorno all’Amarcord, il romano dovrebbe tenere a mente una frase di un altro film: “Le persone danneggiate sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere, non hanno pietà”. Il Dubbio può attendere, i rivali sono avvisati: Matteo la fenice è un pericolo per tutti.