C’è stato un momento, questa notte, in cui, per un attimo, tutto è sembrato tornare al posto giusto, o forse al posto sbagliato, dipende dai punti di vista. Tweener, lob, smorzata ‘no look’, un altro tweener, un altro pallonettto, volée bloccata e così via, srotolando tutto il catalogo, con calma, per l’ultima volta. Avete presente quando si fa tardi e il vostro amico racconta – ancora – la solita barzelletta, quella lì, quella che non fa ridere? Nick Kyrgios alla fine ha perso il punto, ha masticato i suoi nervi e ha guardato nel vuoto, con il petto in fuori tipico dell’orgoglio: va bene così, mi sto divertendo. Forse.
C’è stato un momento, questa notte, in cui, per un attimo, Nick Kyrgios è tornato a crederci: “Lui ha battuto Alcaraz in tre set a New York, e oggi penso di aver giocato un match alla pari, ho anche avuto un set point. Abbiamo dato spettacolo!”. Lui è Botic Van de Zandschulp e non sorride quasi mai: nella nottata italiana ha approfittato del ritiro di Nick Kyrgios (30 anni da compiere il prossimo mese, numero 1099 del ranking mondiale) che, devastato dal dolore al polso, ha alzato bandiera bianca dopo un set e un pezzettino di partita, abbandonandosi alla sincerità delle lacrime.
Nick Kyrgios: “Non pensavo nemmeno di scendere in campo”
“Onestamente non pensavo nemmeno di scendere in campo” ha raccontato Nick nella conferenza stampa post-partita: “Mi sentivo bene, ma un paio di giorni fa, in allenamento, ho avvertito un dolore molto forte al solito polso: purtroppo non riesco a uscirne, ci sto provando ma sembra non ci sia una soluzione. Dopo Melbourne ho lavorato sodo, mi sono allenato, ho fatto le cose per bene, la riabilitazione e tutto il resto, sono arrivato presto qui in California per preparare al meglio uno dei tornei del mio cuore…Purtroppo è la prima volta nella storia del tennis che un giocatore subisce un’operazione di ricostruzione del polso e poi prova a tornare in campo. Non ho nessuno con cui confrontarmi, ogni mia sensazione è una sensazione nuova, di fatto sto vivendo un esperimento”.
C’è stato un momento, questa notte, in cui il talento di Nick Kyrgios ha deciso di mettere da parte i gesti plateali e la noia dei tweener (sbadigliamo) e ha disegnato finalmente il campo, con i lampi, quelli veri, quelli del braccio: il passante in controtempo di dritto, un altro passante, sempre di dritto, bloccando la palla con il polso maledetto. “Io voglio continuare a giocare, voglio competere”: Nick, dopo aver masticato le lacrime più amare della carriera, ormai spalle al muro, ha scoperto il fascino della quotidianità e perfino quello della sconfitta. La sofferenza del ritiro da Indian Wells, lo spauracchio del ritiro, quello definitivo. E poi che cosa succede?
Nick toglie la maschera?
“Il problema non è la sconfitta, sono abituato a perdere. Il problema è il polso”, e forse, per una volta, ha tolto la maschera. Quella maschera caratterizzata dall’indifferenza – nei confronti della vittoria e dell’avversario – e dalla superficialità degli atteggiamenti: Nick Kyrgios lo faceva apposta, interpretava sé stesso, mandava messaggi al pubblico. Perdo ma solo perché non ho voglia, perché non mi impegno, sennò li batterei tutti: l’insicurezza travestita da sicumera, il grido di aiuto doppiato dall’arroganza.
Infatti era quello che ci teneva più di tutti, anche più di quei giocatori che sfotteva ai cambi campo, con il ghigno della provocazione fine a sé stessa. E infatti, dopo i mesi da ‘influencer del tennis’ è ancora qui. E ci proverà: “Nel 2022 sono arrivato ad un passo dal titolo dello Slam e adesso non ho più nemmeno una classifica. È molto dura. Nel corso di questa lunga pausa ho imparato tante cose, mi sono dedicato ad altro e sono davvero felice di tutte le opportunità che ho avuto. Ma alla fine dei conti, nonostante questo rapporto di odio e amore, nonostante questo sport mi faccia arrabbiare come nient’altro, io sono un tennista: voglio giocare. C’è stato un momento, questa notte, in cui ho fatto vedere che sono ancora in grado di dare spettacolo e in cui ho ‘sentito’ il pubblico, come ai bei tempi. È stato fantastico”.

C’è stato un momento, questa notte, in cui, per un attimo, tutto è sembrato tornare al posto giusto: tweener, lob, smorzata ‘no look’, un altro tweener, un altro pallonettto, volée bloccata, un altro tocco in contropiede, e così via, srotolando tutto il catalogo del pittino, con calma, per l’ultima volta. Per l’ultima volta?