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05/11/2011 17:24 CEST - Saranno famosi

Baby fenomeno Futuro da star?

TENNIS – A soli 7 anni, la statunitense Elizabeth Tindera sembra una predestinata: gioca contro ragazzine di 12 e spesso le batte. Il suo talento non è passato inosservato: la Federazione americana le paga l'iscrizione ai tornei e i viaggi. E lei ha le idee chiare: "Mi ispiro alla Sharapova e un giorno giocherò a Wimbledon". Ma è giusto caricarla di pressioni a un'età in cui dovrebbe solo pensare a divertirsi? Alberto Giorni

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Nonostante la rete sembri insormontabile – solo con la testolina riesce a superarla in altezza – sogna già il momento in cui le si avvicinerà per stringere la mano all’avversaria, dopo aver trasformato il matchpoint di una finale importante. D’altra parte se Maria Sharapova, il suo idolo, ha vinto Wimbledon a diciassette anni, perché non potrebbe sperare di riuscirci anche lei? Non chiedetele però che cosa si ricorda di quella finale in cui Serena Williams fu annichilita dalla russa, perché non l’ha vista. Per un semplice motivo: era ancora in culla. Ma papà Michael era stato previdente e, come primo giocattolo, invece delle apine colorate le aveva dato una pallina da tennis.

Non ci si deve stupire più di tanto allora se, sette anni dopo, Elizabeth Tindera sia considerata una potenziale campionessa e passi più tempo su un campo che al parco giochi. Nei dintorni di Dana, paese dell’Indiana dove vive, il passaparola è già partito e tutti coccolano il baby fenomeno con la racchetta. Il padre gliel’ha messa in mano per la prima volta quando ha soffiato su tre candeline e non l’ha più mollata: dall’anno successivo l’ha mandata a lezione due volte a settimana, lo stesso ritmo che mantiene anche adesso. E i risultati si vedono: "Elizabeth ha un talento incredibile – ha spiegato la sua allenatrice Jami Patterson al giornale locale, il Tribune Star –, non avevo mai visto una bambina così competitiva. Colpisce bene la palla, sa già usare il topspin e lo slice sia di dritto che di rovescio: veramente raro per la sua età. E ciò che prova in allenamento lo ripete in partita con successo contro avversarie più grandi di lei".

Sì, perché Elizabeth ha capito molto presto che cosa significa vincere. E ha bruciato le tappe. Sotto l’occhio vigile di papà, ha iniziato a viaggiare: a Indianapolis e a Chicago ha partecipato ai Quick Start Tournament, dove si usano speciali palline dal rimbalzo basso, adatte ai bambini, e ha conquistato un primo e a un secondo posto. La scorsa primavera ha vinto il Tri-State Tournament a Evansville battendo 6-0 6-0 una "collega" di due anni più grande di lei: "Faceva un caldo incredibile – ha detto candidamente la campioncina – al circolo c’era una piscina coperta e me la sono sbrigata il più presto possibile per potermi rinfrescare con qualche tuffo".

E quest’estate ha iniziato ad affrontare, e spesso a battere, ragazzine di dodici anni, ben figurando ai prestigiosi Little Mo' (così chiamati in onore dell'indimenticata Maureen Connolly). Appuntamenti che spesso coincidono con il primo vagito di un futuro campione: qui si segnalò un giovanissimo Andy Roddick. E la USTA, la Federazione americana, segue con grande attenzione i progressi di Elizabeth al punto da aiutare la famiglia dal punto di vista economico, pagando le iscrizioni ai tornei e i viaggi.

Una piccola professionista: ma non è un po’ troppo presto? "Ho stretto un patto con lei – ha fatto sapere il padre –. Se non ha voglia di giocare, non la obbligo. E’ capitato qualche volta che non se la sentisse e ho annullato immediatamente l’allenamento". Però si è trattato di una rara eccezione se una volta Elizabeth non ne voleva proprio sapere di tornare a casa dopo l’ora di pratica serale. "Mi sento a casa. Che ne dici se dormiamo qua stasera, papà?", è stata la sua proposta dopo essersi sdraiata sul campo.

La sua famiglia le è sempre vicina: c’è anche mamma Solangel, colombiana, che insegna spagnolo all’Indiana State University. Ma è soprattutto il papà a seguire i suoi progressi sportivi. Non sembra un esaltato che pretende un futuro da star per la figlia; anzi, sta leggendo l’autobiografia di Andre Agassi per non ripetere gli errori del padre del kid di Las Vegas, che arrivò a far odiare il tennis al figlio. Tuttavia non è del tutto normale che una bambina, oltre ai cartoni animati (Tom e Jerry è il suo preferito) rimanga ipnotizzata per ore ed ore davanti al Tennis Channel. Il rischio di indigestione è alto. "Il mio idolo è Maria Sharapova – non si stanca di ripetere lei –, possiede nervi d’acciaio, proprio come vorrei avere io. Il mio sogno? Giocare un giorno a Wimbledon".

Ciò che convince di meno, nel suo apprendimento tennistico, è il fatto che già le si danno consigli strategici su come vincere la guerra psicologica con l'avversaria. Nei tornei che disputa, per esempio, non ci sono arbitri e ogni giocatrice chiama dentro o fuori i colpi della rivale che rimbalzano nei pressi della riga. La sua coach l’ha già catechizzata su questo aspetto: attenzione a non farsi ingannare. Da allieva diligente, sta già mettendo in pratica i suoi suggerimenti, come si è visto qualche settimana fa. Una giocatrice più grande aveva chiamato "out" un suo colpo chiaramente buono ed Elizabeth, con estrema calma, si è avvicinata a rete dicendole gelidamente: "Il mio colpo era buono e tu lo sai. Non è bello il tuo atteggiamento".

E' un po' quello che succede in Italia nelle giovanili delle squadre di calcio. Non è raro che l’allenatore dei Pulcini, invece di insegnare solo a calciare, si preoccupi già di inculcare loro i movimenti del 4-4-2 o del 4-3-3, sgridando i malcapitati se sbagliano una diagonale difensiva. Ma quando si è bambini, non si dovrebbe pensare solo a divertirsi?

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