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09/12/2011 02:47 CEST - COPPA DAVIS

Ciao Tito, sei stato troppo...Modesto

TENNIS – La federazione argentina avrebbe deciso di sollevare Modesto “Tito” Vazquez dal ruolo di capitano di Coppa Davis. “Non vogliamo cicli lunghi”. Una scelta che lascia perplessi: a parte i risultati, è riuscito nell’impresa di far convivere Del Potro e Nalbandian. “Pazienza: avrò più tempo per la letteratura”. Il successore dovrebbe essere Martin Jaite. Il sogno-Davis ripartirà dalla Germania: i tedeschi hanno scelto la terra battuta (!). Riccardo Bisti

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Lo chiamano tutti “Tito”, e qualcuno pensa che si chiami veramente così. Ma il suo vero nome è un altro. L’avvento di Modesto Vazquez al timone della nazionale argentina di Coppa Davis fu…modesto. E…modesto è il suo addio. Non è ancora ufficiale, ma è il classico segreto di pulcinella. Dopo l’onorevole sconfitta di Siviglia, i vertici della Asociacion Argentina de Tenis (AAT) hanno deciso. Gli spifferi dicono che la dirigenza (guidata dal Presidente Arturo Grimaldi, un tipo dall’aplomb britannico, lontanissimo dallo stereotipo del sudamericano caliente) preferisca il continuo ricambio a cicli lunghi, continui, infiniti. Linea di pensiero molto diversa dai quella dei vertici FIT, la cui fiducia a Corrado Barazzutti è pressochè incondizionata. Vazquez è stato scelto dopo il “Marplatazo” del 2008 perché ritenuto più “aziendalista” di Alberto Mancini, cacciato a pedate perché troppo “amico” dei giocatori. I tennisti spingevano per l’assunzione di Martin Jaite, invece si trovarono un 60enne reduce da un’esperienza con la federazione inglese e che aveva fatto il capitano…20 anni prima. Già, pochi ricordano che Vazquez aveva guidato l’albiceleste tra il 1986 e il 1988. Niente di trascendentale: con Perez Roldan, Frana e lo stesso Jaite aveva conquistato una promozione nel World Group ma era subito retrocesso, salvo poi fallire la promozione perdendo contro gli Stati Uniti di un giovanissimo Agassi.

Tre anni positivi
Il suo ritorno fu accolto con un comprensibile scetticismo. “Non è aggiornato, non conosce il tennis di oggi” si diceva. Lui non si è scomposto, ha infilato la testa nel carrarmato e ha iniziato a lavorare. Un buon capitano argentino, in fondo, deve fare solo una cosa. Far convivere i due galli nel pollaio: Juan Martin Del Potro e David Nalbandian. E “Tito”, con i modi gentili che può avere solo chi, da giovane, non è stato uno stinco di santo, è riuscito nell’impresa. Le tenerezze riservate da Nalbandian a Del Potro dopo la sconfitta con Nadal sono il risultato più bello dei suoi 3 anni di capitanato, forse ancor di più della semifinale del 2010 (persa in Francia, ma non c’era Del Potro) e della finale di quest’anno. Nel 2009 ha perso nei quarti, in Repubblica Ceca. Del Potro fece il suo dovere, ma Nalbandian era out per l’operazione all’anca. L’anno scorso c’era Nalbandian (e il suo meraviglioso gesto nel primo turno contro la Svezia, quando decise di andare a Stoccolma a 48 ore dal match pur di aiutare i compagni. Un volo Lufthansa lo portò da Buenos Aires a Stoccolma via Francoforte, e nemmeno il jet-lag gli impedì di raccogliere 2 punti pesantissimi), ma Del Potro era KO per l’infortunio al polso. Quest’anno, finalmente, il duo si è ricompattato. A Belgrado sono stati egualmente importanti per battere la Serbia, poi a Siviglia è tornato il sole. Non saranno mai veri amici, sono troppo diversi, ma hanno imparato a rispettarsi. E il merito è indubbiamente di Vazquez. Che in tre anni ha raccolto un quarto, una semifinale e una finale. La logica (e il tabellone del 2012) gli darebbero ancora una chance, ma i “capoccia” della AAT avrebbero scelto diversamente. La decisione arriverà la prossima settimana, ma Grimaldi è stato abbastanza chiaro: “Decideremo tutto nella riunione del Consiglio Direttivo. Sono molto soddisfatto perché i ragazzi hanno dato tutto e la squadra si è rivelata molto unita”. Bene, e allora perché fare fuori l’artefice di tutto questo? Misteri.

“Avrò più tempo per la letteratura”
Vazquez sembra già rassegnato. Il suo contratto scadrà il 31 dicembre, ma continuerà a lavorare per la federazione. Tornerà a fare quello che faceva prima: dirigere il “Programma di Sviluppo”. In altre parole, cercherà di scovare i giovani talenti. “Il futuro non dipende da me. Attendo un’offerta, ma non sono io a decidere - ha detto a Siviglia – probabilmente è stata la mia ultima Davis. Ci sono voci certe in questo senso. Se la AAT dovesse scegliere qualcun altro, spero che sia il migliore possibile. A me va bene, così potrò dedicare più tempo alla letteratura”. Essì, perché il buon “Tito” ha studiato proprio questo presso l’Università di Los Angeles (UCLA) e ha persino scritto un libro di poesie (“Yo, a tu edad”). Ma non si è accontentato: è suo il testo della canzone “2 de enero”, cantata da Luis Alberto Spinetta. Difficilmente, nella vita, i treni passano due volte. Modesto Vazquez ha avuto questa fortuna. Il secondo era più competitivo del primo, ma non è ugualmente arrivato a destinazione. Potrà dormire sonni tranquilli, perché non è stata colpa sua. Anzi, il suo successore troverà un gruppo forte, motivato e incazzato. Perché non è giusto – pensano – che l’Argentina sia il paese con più finali di Davis senza neanche una vittoria.

Jaite (?) ripartirà da Bamberg
Il nome nuovo dovrebbe essere Martin Jaite, già direttore del torneo ATP di Buenos Aires (ruolo che potrebbe lasciare in virtù del nuovo incarico) e numero 10 del mondo negli anni 80. Qualcuno pensa che sia stato uno dei più scarsi top 10 di sempre. E’ un’ottima referenza per un possibile capitano di Coppa Davis. Significa che il cervello e la testa funzionano. “Non parlo di questo argomento” ha detto Jaite a chi gli ha chiesto un parere. Forse non vuole “bruciarsi” come 3 anni fa, quando sembrava il massimo candidato per sostituire Mancini e invece gli venne preferito proprio Vazquez. L’altro candidato è Mariano Zabaleta, ritiratosi un paio d’anni fa e attualmente “vice-coach” di Juan Monaco a supporto di Josè Clavet. “El Negro”, tuttavia, sembra essere troppo giovane ed inesperto per un ruolo così importante. Tutti gli indizi, insomma, porterebbero a Jaite. Ma non è da escludere un colpo di scena. Perché l’Argentina è il paese delle contraddizioni. L’unica certezza è che l’avventura ripartirà dalla Germania. I tedeschi hanno scelto la città di Bamberg, nel sud del paese, a un’ora da Norimberga e a due da Monaco di Baviera. Una città millenaria, di 70.000 abitanti, che l’UNESCO ha dichiarato “Patrimonio dell’Umanità”. Una città magica, perché fu una delle pochissime a sfuggire ai bombardamenti alleati quando la Seconda Guerra Mondiale aveva preso la piega finale. Si giocherà alla Stechert Arena, 7.000 posti a sedere. Ma soprattutto – a sorpresa – i tedeschi hanno scelto la terra battuta. La Germania che ospita l’Argentina sulla terra: incredibile, ma non così sorprendente. Del Potro e Nalbandian giocano meglio sul veloce, è risaputo. E i tedeschi, sulla terra, non se la cavano male. “Abbiamo scelto la terra perché siamo convinti che sia la superficie dove abbiamo più chance. Cercheremo di sorprendere tutti” ha detto Patrick Kuhnen, capitano tedesco. Che però non conosce ancora il nome del suo omologo. Molto difficilmente sarà “Tito” Vazquez. Modesto come era arrivato, Modesto se ne andrà.

Riccardo Bisti

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