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Simona Halep, la sicurezza di chi ha poca pressione addosso

Simona Halep passa il primo turno tra l’indifferenza generale, ma proprio questo procedere a fari spenti potrebbe permetterle di sentire meno la pressione e costituire un ostacolo per Serena Williams

Last updated: 02/09/2015 2:02
By Redazione Published 01/09/2015
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5 Min Read
Simona Halep

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Da New York, Antonio Volpe Pasini

Simona Halep vola basso. Quasi rasoterra. La “corsa” a un posto in sala interviste dopo la sua vittoria contro la croata Marina Erakovic (6-3, 3-0 rit.) si rivela infatti inutile. La sala, solitamente presa d’assedio in occasione di arrivi di top player o anche di americani, sia pur di secondo piano, è vuota. Sgomitare non serve, siamo in tre. Eppure dall’altra parte del lungo tavolone c’è nientemeno che la numero 2 del mondo, seconda solo a Serena Williams. Mica una qualunque. Tanto più che quest’anno la 23enne rumena (è nata a Costanza il 27 settembre del 1991) è la regina dei campi duri con 32 vittorie e cinque sconfitte (tra cui il Premier Mandatory di Indian Wells). Ma tant’è, nessuno sembra filarsela nemmeno di striscio. Cosa che a lei non è che dispiaccia più di tanto. Specialmente dopo i flop nei precedenti major del 2015 (sconfitta 6-4 6-0 ai quarti in Australia dalla russa Ekaterina Makarova; out al secondo turno a Parigi con un 7-5 6-1 subito dalla croata Mirjana Lucic-Baroni e infine crollo a Wimbledon con il 5-7 6-4 6-3 inflittole dalla slovacca Jana Cepelova, numero 106 del ranking).

“Dopo Wimbledon mi sono presa un lungo periodo di riposo. Ero stanca – ammette – Non riuscivo a trovare le motivazioni giuste”.

Poi però è arrivato il torneo di Toronto e le cose hanno preso una piega diversa: sconfitta in finale per ritiro dalla svizzera Belinda Bencic quando il risultato era sul 7-6 (5) 6-7 (4) 3-0 (“Nel primo set ho cominciato a sentire male al muscolo della coscia fino al ginocchio e nel secondo set mi sono sentita male, avevo crampi allo stomaco e mi girava la testa – disse al termine di quella partita – Ho pensato che avrei avuto bisogno di un miracolo per finire la partita. Non avevo più energie. Ho provato a finire comunque la partita, ma sul 3-0 mi sono detta che non aveva più senso continuare e così mi sono fermata). Ed infine Cincinnati dove ha perso la finale contro Serena Williams per 6-3 7-6 (5).

“A Toronto ero arrivata senza alcuna aspettativa. Stessa cosa a Cincinnati, dove mai mi sarei immaginata di poter arrivare in finale perché dopo Toronto ero veramente stanca. Ma ho giocato bene e quindi qui agli Open sono arrivata sicura di me stessa perché “sento” il mio gioco. Di obiettivi però non me ne pongo. Gioco meglio quando non penso al risultato. Tant’è che non so nemmeno chi ho in tabellone”.

Intanto comunque il primo passo a questo ultimo torneo del Grande Slam della stagione è fatto.

“Già, ed è la prima volta quest’anno che inizio bene un Major. E’ stata una buona partita. Ho servito bene e risposto ok. Penso di aver giocato con la giusta aggressività, cercando di dominare gli scambi non lasciandola fare il suo gioco”.

Simona Halep, quindi, è riuscita ad evitare l’ecatombe di teste di serie che ha flagellato il primo turno degli Us Open.

“Credo sia una cosa abbastanza normale. Tutte le teste di serie che hanno perso avevano avuto un’ottima prima parte di stagione, ed è difficilissimo rimanere a certi livelli per tutto l’anno. La scorsa stagione è successo anche a me. E poi qui tutti giocano come dei forsennati e danno tutto quello che hanno, perché è l’ultimo Slam della stagione”.

L’ultimo Major della stagione, quello che potrebbe fare entrare Serena Williams ancor più nella leggenda. La Halep, sportivamente, fa il tifo per la numero 1, sempreché in finale non ci sia anche lei.

“E’ vero, vorrei che vincesse. Lo dico perché ha delle ottime possibilità di farlo. Stavolta non posso dire, come faccio sempre, che questo è un torneo aperto, no, Serena è superfavorita. Certo però che anche a me piacerebbe vincere qui a New York, rispetto Serena per ciò che ha fatto e per quello che sta facendo, ma il mio grande desiderio è quello di batterla”.

Che la strada della Williams per ripetere l’impresa che per ultima riuscì a Steffi Graf nel 1988 si sia arricchita di un nuovo pericoloso ostacolo? E per di più tra l’indifferenza generale? Almeno per il momento.

 


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