L'eredità tennistica di Maria Sharapova

Al femminile

L’eredità tennistica di Maria Sharapova

Come giocava Sharapova e perché è diventata un modello tecnico di riferimento, anche se con un aspetto fondamentale quasi inimitabile

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Maria Sharapova - Wimbledon 2004
 

Si dice esista un modo infallibile per rovinare le discussioni. Accade quando uno dei contendenti decide di tirare in ballo Hitler, giocandosi la “Nazi Card”. Se entra nell’arena dialettica la cosiddetta “Reductio ad Hitlerum”, il tema viene contaminato in modo irreparabile, andando incontro alla sua autodistruzione. Se poi il confronto avviene via Internet, il destino è quasi inevitabile.

Da quando Maria Sharapova è incorsa nelle sanzioni della WADA, accade qualcosa di simile. In che senso? Indipendentemente da quanto scriverò nelle prossime righe, nei commenti sull’articolo prima o poi qualcuno ricorderà che Maria è stata condannata dall’agenzia antidoping. A quel punto entreranno in campo colpevolisti e innocentisti e tutti gli altri aspetti della discussione verranno fagocitati. In sostanza per Sharapova si potrebbe coniare la formula “Reductio ad Meldonium”.

Per questo vorrei proporre un accordo con i lettori: visto che su Ubitennis di occasioni per discutere di Sharapova e del doping ne abbiamo avute (e ne avremo) tante, per una volta possiamo evitare di parlarne e riflettere sul resto? Non è un modo per fare un favore a Maria (anche perché sul tema non mi sento un innocentista), ma per provare a ritagliarci una occasione nella quale ragionare senza compromettere tutto.

Qui non voglio trattare del personaggio che è stata capace di diventare popolarissima fuori campo, la figura glamour che ha superato i confini dello sport. E non voglio nemmeno parlare dei suoi successi e del suo albo d’oro (5 Slam, Career Grand Slam). No, vorrei invece concentrarmi sul tipo di tennis che ha proposto, e su come questo ha segnato il movimento tennistico femminile dal 2004 in poi.

1. Power tennis ad alta intensità
L’arrivo delle sorelle Williams, i successi di Lindsay Davenport e la fine del primato di Martina Hingis in WTA sono considerati i segnali fondamentali del passaggio verso una nuova epoca tennistica: l’avvento del cosiddetto power tennis. A cavallo del nuovo millennio si afferma una generazione di atlete con una capacità speciale nel far viaggiare la palla, grazie a una disponibilità di potenza superiore.

Davenport è nata nel 1976, Venus nel 1980, Serena nel 1981. Sharapova, pur affermandosi da giovanissima (il primo Slam lo vince a Wimbledon nel 2004) è nata nel 1987 e dunque si affaccia qualche anno dopo sulla scena WTA. Non la si può quindi considerare una capostipite della nuova era, però a mio avviso rappresenta comunque una figura che introduce alcune novità degne di essere sottolineate.

Per spiegarlo mi rifaccio a un articolo che avevo scritto qualche anno fa, dedicato a una partita storica, la semifinale dell’Australian Open 2005 tra Serena e Sharapova (vinta da Williams per 2-6, 7-5, 8-6).Serena rimaneva una giocatrice in cui era rintracciabile l’eredità di un tennis più classico, cioè un gioco nel quale l’espressione massima di aggressività si concretizza con la discesa a rete. Ed effettivamente la Serena del 2005 in diversi momenti cruciali del match attuava schemi da tennis del decennio precedente: attacco e volèe, attacco e smash. Intendiamoci: era pur sempre power tennis, ma nel modo di concepire lo scambio era ancora riconoscibile l’idea di uno schema costruito sulla transizione in verticale”.

Sharapova invece, fin dagli esordi era in tutto e per tutto una tennista di nuova generazione. Il suo è un gioco che, in linea generale, non prevede la verticalizzazione dello scambio: è invece un tennis di pressione da fondo campo, in cui si cerca il vincente confidando sui colpi al rimbalzo.

E se nei confronti diretti Williams ha dominato su Sharapova, sul piano storico si potrebbe dire che è invece accaduto il contrario: a prevalere nel tempo è stato il modello di tennis di Maria. Oggi quasi si fatica a ricordare la Serena che praticava un tennis di imprinting classico (con attacchi verticali e voleè), eppure è esistita; ma poi sul piano dell’evoluzione tennistica Williams si è “sharapovizzata” cercando, con il passare degli anni, sempre più il vincente da fondo.

Ecco, il primo aspetto di Sharapova da evidenziare è proprio questo: il suo è un power tennis da pura colpitrice da fondo, che non ha legami con le impostazioni di gioco del secolo precedente.

Ma direi che va sottolineato un secondo aspetto davvero caratteristico di Maria e strettamente collegato alla idea del tennis di pressione da fondo campo: quello della ricerca costante della massima intensità. L’intensità si esplica attraverso una aggressività che non conosce pause o ripensamenti, tanto che i colpi interlocutori sono ridotti ai minimi termini, se non aboliti. Questa non la si può considerare una “invenzione” di Sharapova, perché la figura che innova in modo radicale sotto questo aspetto è Monica Seles. Però Maria è forse la prima a combinare le due cose in modo inequivocabile: la potenza e l’alta intensità.

a pagina 2: Struttura fisica e scelte tecnico-tattiche

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