Intervista a Sara Errani di Federico Buffa: "Il Career Slam, un sogno"

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Intervista a Sara Errani di Federico Buffa: “Il Career Slam, un sogno”

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TENNIS INTERVISTE – Sara Errani, ospite di Federico Buffa nel programma “I Signori del Tennis”, ripercorre i momenti salienti della propria vita tennistica. Dai primi raduni della nazionale a 12 anni al Career Grand Slam di doppio in coppia con l’amica Roberta Vinci, passando per le esperienze all’Accademia di Bollettieri. Gli inizi con Pablo Lozano, il cambio di racchetta e i grandi risultati ottenuti al Roland Garros. 

Sara Errani è diventata, in coppia con Roberta Vinci, la prima italiana a completare il Grande Slam. L’impresa si è concretizzata ai Championships, l’unico torneo che ormai mancava alla coppia Errani – Vinci. È così entrata di diritto nella storia del tennis italiano come sicuramente una delle più grandi giocatrici, di doppio e non solo, visti i grandi risultati del Roland Garros. Federico Buffa, giornalista di Sky, ha deciso quindi di dedicarle una puntata del programma “I Signori del Tennis”, ideato proprio dall’emittente di Murdock, al fine di far conoscere a tutti un po’ meglio Sarita.

Mentre stavate giocando la finale (di Wimbledon, ndr), ero in uno studio di Sky in Brasile per commentare i mondiali – racconta inizialmente Buffa – Avevo davanti a me un monitor, però, sul quale andava in onda sky sport 24. Ad un certo punto vedo la notizia: Errani e Vinci hanno vinto. I tecnici mi confermano quello che leggo e l’euforia travolge lo studio e tutti noi. Ti rendi conto, quindi, che il tuo tennis, il tuo gioco, fa stare bene, rende felice chi ti guarda?
– risponde Sarita – Col passare del tempo mi sto rendendo conto di quante persone stiano apprezzando il mio lavoro e quanti siano effettivamente felici per i risultati che ottengo, singolo o doppio che sia. Inoltre, comincio anche a sperare che le bambine di 8-9-10 anni che mi guardano, cominciano ad innamorarsi del gioco anche grazie a me e che inizino a sognare di diventare, nel loro futuro, la nuova Sara Errani. È una cosa che mi auguro tantissimo e, proprio per questo, cerco sempre di essere un buon esempio, dentro e fuori dal campo.

Sara comincia così, a ripercorerre i momenti più significativi della sua carriera, sempre accompagnata dalla splendida voce di Buffa: “A 12 anni ho capito a che livello fossi effettivamente. Prima, infatti, giocavo perché mi divertivo tantissimo, ho cominciato che ero piccolissima e ci sono dei video di me a 2-3 anni che inseguo la pallina. Ma a 12 anni, al primo raduno nazionale, persi in finale e lì mi resi conto che, tra quelle della mia età, ero una delle più brave. Proprio per questo, mio padre mi propose di andare all’accademia di Nick Bollettieri, in Florida. Io dissi subito sì, i miei ne parlarono e alla fine andai. Fu però un’esperienza difficilissima, splendida, ma veramente dura. Stetti 7 mesi senza i miei amici, senza i miei genitori e piangevo di continuo. Se dovessi consigliarla alle bambine, direi di farlo solo ed esclusivamente si è estremamente sicure. Io affrontai quei mesi in maniera molto difficile, perché non ebbi mai il coraggio di chiedere ai miei genitori di tornare a casa. Sapevo che stavano spendendo tanti soldi e io non volevo dare loro questa delusione.”

Al ritorno, comunque, comincio a credere di poter diventare una tennista professionista. Prima di tutto infatti bisogna sempre crederci, oltre che avere le possibilità. Se non si pensa di poter arrivare a determinati livelli, è inutile provarci. Ed inoltre, è fondamentale fare delle scelte giuste, come quella dell’allenatore. Non è per niente facile; molte giocatrici cambiano spesso, mentre io sto con Pablo da 10 anni. È molto giovane e siamo essenzialmente cresciuti insieme. La scelta di Pablo, tra l’altro, fu molto complicata perché lui stava a Valencia. Ci conoscemmo un po’ per caso perché io, dopo un anno a Barcellona, andai a Valencia e lì, iniziando a lavorare, ci siamo trovati bene e abbiamo cominciato a lavorare insieme. Con Pablo, tra l’altro, arrivò anche un altro cambiamento importante, quello della racchetta; essendo io piccolina di statura, infatti, lui cercava magari di allungare la racchetta per avere più potenza. Alla fine, però, ne provai una nuova, la babolat, che abbiamo soprannominato Excalibur, con la quale ormai gioco da allora. Uno dei momenti più importanti della mia carriera è stato ad Auckland, dove giocai il primo torneo con Excalibur. Lì va veramente bene, ho ottime sensazioni che poi si ripetono anche a Melbourne, quando gioco il primo torneo dello Slam e arrivo anche molto lontano. Poi ovviamente c’è Parigi: al Roland Garros entro infatti nella top 10 e lì arriva la svolta.”

Il discorso, poi, si trasporta sull’esempio che Sara prova a seguire sempre: Rafa Nadal. “Mi piace tantissimo guardarlo, non solo giocare. Mi piace guardarlo allenare, mi piace guardare come si comporta fuori dal campo dove è sempre super disponibile con tutti, tifosi o giornalisti che siano. Ecco, mi piacerebbe diventare quel tipo di atleta. Una cosa che ci accomuna molto, è ovviamente il Roland Garros. Come ho già detto, è il torneo dove ottengo i migliori risultati. La finale con Sharapova è stata una cosa veramente emozionante, malgrado abbia perso. C’era tutta la mia famiglia e sentivo davvero delle emozioni particolari, veramente belle.

La conclusione dell’intervista si sposta prevedibilmente su Roberta Vinci, compagna di doppio di Errani e sua grandissima amica: “Iniziamo a giocare insieme un po’ per caso, in Fed Cup. Barazzutti, a risultato a acquisito, ci fa giocare il doppio e andiamo bene. Da lì in poi cominciamo a fare soprattutto amicizia, che è la cosa principale, e quindi poi a giocare insieme. Col doppio, poi, sono anche riuscita a dimostrare, grazie sempre e comunque a Roberta, le mie capacità al volo, che mi hanno sempre criticato. Il rapporto però con una migliore amica che spesso devi anche affrontare in campo, non è facile. Quando si gioca contro è sempre molto difficile, perché non sai mai come comportarti con l’altra, non sai mai se esultare o meno e, se lo fai, l’altra ti guarda sempre con lo sguardo inferocito. A Palermo, in finale, non siamo state brave a gestire la situazione ma fortunatamente ci siamo riprese subito.

Si chiude, ovviamente, con la vittoria a Wimbledon: “Un’emozione unica. Non riesco ancora ad oggi a descrivere quei momenti, davvero indimenticabili. Io prima della partita ero nervosissima mentre Roberta provava un po’ a smorzare la situazione. Io invece pensavo molto al Carreer Grand Slam, e quando abbiamo vinto è stato qualcosa di indescrivibile.”

 Alberto Prestileo

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