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Binaghi: “Un Masters 1000 all’Arabia dal 2025, spero basti ad appagarli. Sinner sarà a Malaga” [VIDEO]

“Le ATP Finals devono rimanere qui” ha rimarcato il presidente della FITP. E sul recente exploit di popolarità del tennis azzurro: “Nella memoria collettiva il tennis è solo maschile. È un problema di cultura sportiva”

Last updated: 22/10/2023 18:52
By Pietro Keller Published 20/10/2023
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9 Min Read
Angelo Binaghi (Foto Roberto dell'Olivo)
Angelo Binaghi (Foto Roberto dell'Olivo)

Clicca qui per vedere il video completo!

Coppa Davis, Sinner, le ATP Finals alle porte, il CONI: nell’intervista a Gaia Piccardi – sul Corriere della Sera – Angelo Binaghi, il presidente della FITP in carica dal 2001 e da sei mandati (il limite di tre è stato recentemente abolito da un emendamento alla legge, poi è arrivata anche la sentenza della Corte Costituzionale a dichiarare incostituzionale la norma ormai inesistente), ha trattato diversi temi caldi dell’attualità tennistica.

Il presidente ha innanzitutto definito “la scelta obbligata di un governo con senso di responsabilità” la rinuncia alle gare di bob (che si svolgeranno in Svizzera o in Francia) alle Olimpiadi invernali Milano-Cortina del 2026. “Che grande tristezza l’Olimpiade italiana che delega una situazione chiave all’estero – ha proseguito Binaghi – è grottesco spendere soldi pubblici per creare indotto in altri Paesi. Chiediamoci perché i Giochi non li vuole nessuno e per le ATP Finals avevamo contro 30 capitali.”

Parlando di ATP Finals e di equilibri di soldi e potere nel calendario tennistico, il discorso si sposta rapidamente sull’Arabia Saudita, mercato che negli ultimi mesi ha acceso controversie in sport come il calcio e il golf (in cui, addirittura, è stata istituita la LIV, una lega parallela finanziata dal Fondo sovrano saudita; essa, tuttavia, si unirà alla PGA). “Sto cercando di convincere Gaudenzi, presidente dell’ATP, che il tennis non è come gli altri sport, l’Arabia sarà anche un mercato appetibile ma vanno protette le situazioni che funzionano, come la nostra. Non si può avere paura che l’Arabia crei un circuito parallelo, come nel golf.”

Binaghi ha poi confermato l’intenzione di affidare all’Arabia (si vocifera di Riad, dopo che Gedda ha ottenuto le Next Gen) un decimo master 1000, che dovrebbe aprire la stagione a partire dal 2025. Negli ultimi anni, si è parlato frequentemente di tale possibilità: si era discusso di un torneo di questo livello su erba, prima di Wimbledon, ma l’ipotesi era stata allontanata per problematiche relative alla grande densità del calendario. È indicativo della forza del mercato saudita come di problematiche simili (anche a gennaio si disputano molti tornei) ora non si parli neppure. “Io spero che ad appagare la loro voglia di tennis basterà il Master 1000 che l’ATP darà all’Arabia a gennaio dal 2025, magari combinato con la WTA. La stagione comincerà da là. Una rivoluzione, certo. Ma – ha ribadito Binaghi – le Finals devono rimanere qui». La sede, comunque, non sembrerebbe ancora stabilita: “Dirà il governo dove andare.”

Dopo ventidue anni di presidenza, Binaghi è al comando di un tennis molto più popolare di come l’aveva trovato: è merito dell’esplosione del tennis maschile degli ultimi anni, a partire da quella semifinale al Roland Garros di Cecchinato, passando per la finale a Wimbledon di Berrettini e il fenomeno Sinner, che ha letteralmente travolto l’Italia sportiva.  “Il mio tempo è dedicato a cercare di rendere il tennis sempre più popolare, così sarà più facile trovare nuovi Sinner». Le stesse Finals hanno un ruolo decisivo nell’avvicinare tifosi. In tal senso, Binaghi ha snocciolato un’incoraggiante serie di dati: “le Finals a Torino sono un successo, con un impatto sul territorio 16 volte l’investimento dello Stato: 80 milioni.”. Quindici sessioni, 8 giorni di tennis, Sinner titolare: 21 milioni solo di biglietteria, il 54% in più dell’anno scorso. È già l’evento indoor di maggior successo in Italia della storia. Un circuito virtuoso ha invaso il tennis”.

Eppure, Binaghi ricorda che le vittorie del tennis italiano non sono certo cominciate negli ultimi anni. A livello femminile durante la sua presidenza ci sono state due campionesse slam e quattro titoli di Fed Cup, eppure “continuavano a chiedermi: perché il tennis italiano non vince mai?” Il cagliaritano attribuisce le difficoltà nel vendere il prodotto di quel periodo in un “problema di cultura sportiva, certo. Poi ci sono i fatti: non abbiamo emesso una tessera agonistica in più dopo il trionfo della Schiavone a Parigi. Sinner smuove le folle, e non ha ancora vinto niente. Perché? Forse perché nella memoria collettiva, vedi la Davis del ‘76, il tennis è maschile. Ma non solo. È la prospettiva: Sinner ci fa intravedere dieci anni di successi. E l’attenzione esplode”.

Quella Coppa Davis rimane l’unica vinta dall’Italia. Quest’anno, gli azzurri ci riproveranno. Dopo un girone difficile sia per le partite rivelatesi meno scontate di quanto apparissero alla vigilia sia per gli screzi interni al team (in particolare quelli legati a Sinner e Fognini) che hanno avuto una rilevanza nazionale, rimangono delle incognite sulle scelte che compirà lunedì 23 il capitano, Filippo Volandri: “Nelle prossime ore Volandri capirà le condizioni di Berrettini. Sinner ci ha detto che c’è. Con Fognini ho parlato più volte: è rimasto dispiaciuto dal comportamento del C.T:, non ha nulla contro la Federazione. È un momento in cui abbiamo bisogno di tutti, ma Volandri avrà piena libertà di selezionare la squadra migliore”.

Binaghi non sembra farsi addolcire troppo dal debito di riconoscenza nei confronti di tennisti che hanno tenuto in piedi la baracca per anni. Anzi, tutto il contrario. Invece di concedere a Seppi una wildcard a Napoli per chiudere in Italia e nel circuito maggiore la sua lunga carriera, “gli abbiamo detto: “ti facciamo una festa, un libro”. Si è offeso? Pazienza. Idem Fognini: gli siamo grati ma in Davis giocheranno i più forti».

Più volte, durante l’intervista, Binaghi ha colto l’occasione di citare il Comitato Olimpico italiano, il CONI. L’ha fatto, come da sua tradizione, in maniera poco lusinghiera.  «La colpa dei ritardi non è mai della politica: è dello sport. Con il ministro Spadafora e il sindaco Appendino, a suo tempo, rifiutammo che le Finals avessero come capofila il Coni. La carta vincente è stata la netta divisione dei compiti: la Fitp si occupa del fenomeno sportivo, Comune e Regione del resto»

Il regno di Binaghi, pericolosamente in bilico fino a qualche mese fa, è stato reso possibilmente infinito dalla recente sentenza della Corte costituzionale. Il presidente, che è già a sei mandati (nell’ultima elezione ha trionfato da candidato unico col 78, 71 per cento dei voti), potrà dunque ricandidarsi per un periodo di tempo indefinito, almeno fino al prossimo sovvertimento della legge dei tre mandati.

“Una delle mie più grandi soddisfazioni è la sentenza della Corte costituzionale che ha tolto il limite ai tre mandati. La norma, così com’era scritta, impediva a 6 mila dirigenti volontari italiani di continuare a fare il loro lavoro.” Non manca neanche in questo caso il riferimento polemico al Coni: “Perché il Coni non ha fatto una chiamata alle armi? Perché il presidente ha un interesse personale. Per me non è più credibile. L’altro momento di rottura è stato la legge Giorgetti-Valente. La verità è che la riforma ha fatto bene allo sport italiano, le federazioni hanno il 40-50% di soldi in più da investire, gli atleti vincono. Il Coni dice che è merito suo? Lasciamoglielo dire…“.


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