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Reading: Jannik Sinner e il caso clostebol: un riassunto
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Jannik Sinner e il caso clostebol: un riassunto

Ripercorriamo la vicenda che ha visto involontario protagonista Jannik Sinner. Dalla positività a due controlli antidoping di marzo 2024 all'accordo con la WADA lo scorso febbraio passando per sentenze di tribunali e colleghi

Ultimo aggiornamento: 30/11/2025 20:45
Di Redazione Pubblicato il 01/12/2025
11 min di lettura 💬 Vai ai commenti
Jannik Sinner - Vienna 2025 (© e-motion/Bildagentur Zolles KG/Christian Hofer)

Jannik Sinner aveva inserito il turbo nell’ultimo spicchio del 2023 e aperto la successiva stagione confermando il salto di qualità vincendo all’Australian Open il suo primo Slam, primo italiano a riuscirci dal Roland Garros di Adriano Panatta nel 1976. Sembrava l’inizio di un’annata (e un’era) d’oro per Jannik e il tennis azzurro e, in effetti, così è stato, con il 2024 chiuso da numero 1 dopo il secondo trionfo Slam, a New York, e infilando successi consecutivi a Shanghai, ATP Finals e Coppa Davis. Ma è stato anche l’anno della positività al clostebol, steroide anabolizzante presente nella liste delle sostanze vietate compilata dalla WADA.

Sezioni
Esplode il caso con la sentenza del tribunaleGli esperti e l’ITIAÈ finita bene ma… non è finitaNon ce lo diconoLe colpe del teamL’accordo con la WADA

Esplode il caso con la sentenza del tribunale

Tracce della sostanza vengono trovate nei campioni di Sinner raccolti il 10 e il 18 marzo, rispettivamente durante il torneo di Indian Wells e prima della sua partecipazione a Miami. La vicenda viene resa pubblica il successivo 20 agosto, quando viene emessa la sentenza del Tribunale Indipendente che si è occupato del caso. Una sentenza di “innocenza” o, per essere precisi, il Tribunale stabilisce che Sinner ha commesso due violazioni antidoping per le quali non ha né Colpa né Negligenza secondo l’articolo 10.5 del Programma Antidoping del Tennis (TADP) e dunque qualsiasi periodo di sospensione deve essere eliminato. Era in corso il torneo di Cincinnati – poi vinto da Jannik – e la rivelazione fornisce la spiegazione al volto preoccupantemente scuro del nostro durante i suoi precedenti match nel Masters 1000 statunitense (l’udienza si è tenuta il 15 agosto, il giorno dopo l’esordio contro Michelsen).

Ricostruendo la vicenda secondo quanto emerge dalla sentenza, la positività è stata causata da una contaminazione accidentale, avvenuta durante i massaggi praticati a Jannik dal suo fisioterapista Giacomo Naldi, il quale si era curato una ferita alla mano con il Trofodermin, in Italia farmaco senza obbligo di prescrizione, acquistato a Bologna dal preparatore atletico Umberto Ferrara e da questi “prestato” appunto a Naldi. Lo spray in questione contiene il clostebol e per questo Ferrara – responsabile dei protocolli antidoping del team di Sinner – aveva avvertito il collega che, viceversa, ha detto di non ricordare; a prescindere da ciò, secondo il Tribunale Sinner non sapeva che Ferrara avesse con sé quel farmaco né che lo avesse dato a Naldi.

Gli esperti e l’ITIA

Riguardo alla quantità di sostanza rilevata, si tratta approssimativamente di una concentrazione stimata di 100 pg/mL, picogrammi per millilitro, vale a dire 100 miliardesimi di grammo per litro. Una concentrazione che secondo i tre esperti sentiti dal Tribunale fa apparire plausibile la spiegazione fornita, cioè la contaminazione accidentale, e che non non è sufficiente a migliorare la prestazione.

La stessa ITIA, l’agenzia che si occupa di antidoping su delega dell’ITF, aveva precedentemente accettato la spiegazione di Sinner sulla fonte del clostebol nei campioni e che la violazione non era volontaria, rinviando al Tribunale la decisione sull’eventuale colpa (e in quale grado) dell’atleta.

È finita bene ma… non è finita

Come detto, provata l’assenza di colpa, l’art. 10.5 recita che “l’altrimenti applicabile periodo di squalifica (ineligibility) sarà eliminato”. A Sinner vengono perciò sottratti punti e montepremi di Indian Wells (evento durante il quale è risultato positivo) e vicenda finita. Giusto? Tutt’altro, perché c’è sempre la possibilità che un ente antidoping faccia appello, così si contano i giorni per i termini di presentazione, che dovrebbero essere di 42 giorni per la WADA. E il 30 settembre arriva la notizia che l’Agenzia Mondiale Antidoping l’ha presentato, al TAS, il Tribunale arbitrale dello sport di Losanna. Le udienze sono fissate per il 16 e 17 aprile 2025, quindi Sinner dovrà ancora giocare mesi con il peso di un nuovo procedimento. Senza contare, naturalmente, il rischio che il TAS ribalti la sentenza “di primo grado” e, se anche rilevasse un minimo grado di colpa, l’art. 10.5 non sarebbe più applicabile e, ex art. 10.6, il periodo di squalifica minimo sarebbe di dodici mesi. Ma prima torniamo ai giorni successivi alla sentenza…

Non ce lo dicono

Il procedimento che porta alla sentenza inizia con le lettere di “pre-accusa” da parte dell’ITIA per ciascuna violazione, il 4 e il 17 aprile, con annessa sospensione provvisoria, contra la quale Jannik si appella con successo. Questo è un punto cruciale. Perché non solo appena uscita la sentenza ma nelle settimane e nei mesi successivi – addirittura passato un anno e mezzo non hanno trovato il tempo di leggere la sentenza o un riassunto – le critiche da parte di colleghi e alcuni addetti ai lavori riguardano il presunto insabbiamento a favore del numero 1 del mondo.

Premesso che se qualcuno intende insabbiare un episodio ma poi si rivolge a un tribunale indipendente perché decida e pubblichi una sentenza non deve avere molto chiaro il significato di insabbiamento, la linea dell’ITIA è semplice: non vengono mai comunicate le positività, bensì le sospensioni provvisorie a meno che l’atleta non si appelli con successo entro dieci giorni. Come per esempio era successo a Marco Bortolotti (doppista all’epoca mai entrato in top 100), anch’egli positivo al clostebol: spiegazione accettata, nessuna sospensione provvisoria e comunicato pubblicato solo dopo la decisione dell’ITIA (nessuna colpa o negligenza anche per Marco).

Le colpe del team

La discrepanza nelle versioni di Ferrara e Naldi sull’avvertimento “doping” del primo non cambiano il fatto che il team di Sinner abbia commesso un grave errore che sarebbe potuto costare almeno un anno di squalifica al tennista. Tre giorni dopo la pubblicazione della sentenza, durante il media day allo US Open, Sinner conferma che a causa di quegli errori, non ho più la fiducia per continuare con loro. L’unica cosa di cui ora ho bisogno è aria nuova. Sono stati mesi difficili, questi ultimi”. Ferrara tornerà nel team quasi un anno dopo, evidentemente troppo importante per Jannik, che intanto si era avvalso di Marco Panichi e Ulises Badio. Rimane quindi escluso Giacomo Naldi e, d’altronde, dichiarazioni alla mano, è impensabile che lui e Ferrara possano di nuovo lavorare insieme.

Molti si sono anche domandati: se l’errore è stato di Ferrara e Naldi, perché non sono stati perseguiti dagli organi antidoping? L’errore in sé commesso da un membro del team non è punibile, come spiegato dalla CEO dell’ITIA Karen Moorhouse: “Non c’era alcuna giustificazione per perseguire alcun membro del suo staff, perché mancava il presupposto, ovvero l’intenzionalità di assumere sostanze dopanti”.

L’accordo con la WADA

Nel comunicato con cui annuncia il ricorso al TAS, L’Agenzia dichiara di non cercare di togliere alcun risultato a Sinner, ma di voler ottenere un periodo di squalifica tra uno e due anni perché “la decisione di ‘nessuna colpa o negligenza’ non è stata corretta secondo le norme applicabili”. Il caso però non arriva davanti al TAS: il 15 febbraio la WADA comunica di essere giunta a un accordo con Sinner. Accetta che l’atleta non intendeva barare, che non ha beneficiato di un miglioramento delle prestazioni e che il tutto è avvenuto senza che lui ne fosse a conoscenza per un errore del team. Tuttavia, essendo un atleta responsabile dei propri collaboratori e vista l’eccezionalità dei fatti – si legge – tre mesi di sospensione sembrano appropriati.

Questo “sconto di pena”, così come il posizionamento della stessa in un intervallo temporale piuttosto conveniente (Sinner ha potuto giocare tutti gli Slam e anche gli Internazionali d’Italia), non sono stati il risultato di un favore fatto a Sinner in quanto n. 1 del mondo, come tanti commentatori hanno fatto intendere, ma sono scaturiti dall’applicazione dell’articolo 10.8.2 del Codice Antidoping WADA che regola la possibilità di patteggiamento tra le parti.

Da un lato, dunque, la WADA che veniva dalle pesanti critiche per il caso dei nuotatori cinesi, dal clamore e soprattutto il rumore dei detrattori in seguito all’assoluzione di Sinner (e dell’altra numero 1, Iga Swiatek), di fronte dalla possibilità di uscire sconfitta davanti al TAS o anche di ottenere quello che chiedeva – vale a dire una sanzione sì conforme al regolamento ma sproporzionata nel mondo reale – per un caso di cui ammetteva di non contestare una virgola a parte l’esito. Dall’altro Sinner, che veniva da un verdetto di innocenza ma che rischiava (almeno) un anno di squalifica e, a prescindere dalla decisione del TAS, ancora con il pensiero di dover giocare con un procedimento in corso.

Il risultato è quindi l’accordo per tre mesi di squalifica, dal 9 febbraio al 4 maggio, periodo che permette a Jannik di rientrare per gli Internazionali d’Italia e, al netto delle comprensibili difficoltà da parte del suo legale nel farglielo accettare, di mettere una pietra sopra alla vicenda che ormai di trascinava da quasi un anno. Anche se, forse, per sentirsene finalmente liberato, nulla è contato di più del titolo a Wimbledon.


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