Hyeon Chung, dalla Corea con furore

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Hyeon Chung, dalla Corea con furore

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Il coreano classe 1996 Hyeon Chung, da noi ricordato per la sconfitta contro Gianluigi Quinzi in finale a Wimbledon Juniores 2013, ha vinto ieri la sua prima partita a livello di circuito maggiore ATP a Miami. E non ha nessuna intenzione di fermarsi.

Ve lo ricordate quel ragazzino coreano occhialuto e con i capelli un po’ arruffati che perse la finale di Wimbledon Juniores nel 2013 contro il nostro Gianluigi Quinzi? Bene, ieri quel ragazzino, che di nome fa Hyeon Chung ed è nato il 19 maggio 1996 a Suwon (città che a noi non dice nulla ma conta più di un milione di abitanti) ha vinto la sua prima partita a livello di circuito maggiore ATP.  E lo ha fatto in un torneo importante come il Masters 1000 di Miami, contro un avversario esperto ed ostico come lo spagnolo Marcel Granollers, al termine di un match lungo e in condizioni climatiche non semplicissime. Il paragone con Quinzi, che arranca nei Challenger (quando li riesce a giocare e non è infortunato) e in Florida è andato fuori al primo turno delle qualificazioni da De Bakker fa rosicare non poco gli appassionati di tennis italiani.

Ad onor del vero, bisogna dire che Chung nel tabellone principale del prestigioso torneo americano ci è entrato grazie ad una Wild Card. Però queste opportunità di solito arrivano perché le si meritano con i risultati. E di risultati il teenager coreano con il look da secchione ne ha già messi insieme nella sua pur brevissima carriera. L’anno scorso, nella sua prima vera stagione con i grandi, disputata quasi esclusivamente in Asia, ha conquistato 3 tornei futures (2 in Tailandia e uno in Corea del Sud) e un challenger (a Bangkok). Questi successi si sono andati a sommare ad altre 2 finali futures e alla vittoria in doppio ai giochi asiatici. Il balzo in avanti in classifica è arrivato di conseguenza: in un anno dalla posizione 547 alla 167 (attualmente è 121 nel ranking ATP). In questo scorcio di 2015 Chung ha continuato a macinare punti, anche fuori dall’estremo oriente. Infatti dopo la semifinale al  challenger di Guangzhou, è andato in Australia dove prima ha trionfato a Burnie, battendo tra gli altri la grande speranza del tennis britannico Kyle Edmund (anche lui vittima di Quinzi in quel magico Wimbledon, anche lui più avanti del marchigiano in classifica) e l’americano Alex Bolt e poi ha fatto finale a Launceston, sconfitto da Bjorn Fratangelo. Se non fosse stato per un altro enfant terrible da tenere d’occhio, lo svedese Elias Ymer, Chung sarebbe pure approdato nel main draw a Melbourne.

Già dotato naturalmente di un tennis molto fluido e di due fondamentali estremamente solidi, il giovane coreano nell’ultimo anno e mezzo ha lavorato sulla parte atletica per competere con chi ha più chili di lui. Quindi se vi capiterà presto di vederlo in azione (e giurateci, vi capiterà) scordatevi il teenager mingherlino che calcava i prati dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club. Il servizio non è certo da bombardiere ma è adeguato a livelli di circuito maggiore ATP. La superficie preferita è il cemento, anche perchè finora la terra non l’ha vista nemmeno con il binocolo.

Il suo idolo è Novak Djokovic. Con Nole, Chung condivide sicuramente un’ottima attitudine mentale alla partita e un grande spirito combattivo, oltre che un difetto di vista. A Djokovic bastano un paio di lenti per rimediare, mentre il coreano è appunto evidentemente costretto ad indossare gli occhiali. Ciò però non gli impedisce di crescere, migliorare e togliersi grandi soddisfazioni. Chung incarna appieno lo spirito coreano, quello che ha permesso al paese di crescere enormemente dal punto di vista economico a partire dagli anni settanta, nonostante tante avversità. Chung non si ferma di fronte gli ostacoli, semplicemente li supera. Il prossimo ostacolo è enorme e si chiama Tomas Berdych. A prescindere dal risultato, sarà già un successo per l’ex ragazzino che nella finale di Wimbledon juniores sembrava lì solo per scattare foto. Ma che oggi si allena con Bolelli e gioca contro i Top Players.

 

Valerio Vignoli

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