ATP Miami: non basta un ottimo Thiem, Djokovic è un robot. Monfils piega Dimitrov e trova Nishikori

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ATP Miami: non basta un ottimo Thiem, Djokovic è un robot. Monfils piega Dimitrov e trova Nishikori

Novak Djokovic vince in due set contro un Dominic Thiem mai domo, che è riuscito a complicare la vita al numero uno al mondo. Ai quarti sfida contro Tomas Berdych, uscito vittorioso dopo una battaglia di 2 ore e 27 minuti di gioco contro Richard Gasquet. Dopo un inizio di match complicato, Nick Kyrgios batte Andrey Kuznetsov in due set e nei quarti troverà Milos Raonic. David Goffin conferma il suo ottimo stato di forma e supera Horacio Zeballos. Per lui nei quarti Gilles Simon che ha travolto Lucas Pouille. Grigor Dimitrov non riesce a dare continuità alla vittoria su Murray venendo sconfitto in tre set da Gael Monfils, che affronterà al turno successivo Kei Nishikori, uscito vittorioso dal confronto contro Roberto Bautista Agut

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[1] N. Djokovic b. [14] D. Thiem 6-3 6-4 (Raoul Ruberti)

È con un solo precedente, risalente all’edizione 2014 del Masters di Shanghai, che scendono sul campo centrale Novak Djokovic e Dominic Thiem. La sfida tra i numeri uno, quello del presente e incontrastato anche per il futuro prossimo e quello che secondo tanti avrebbe le carte per succedergli, è da subito ben diversa da come ce la si sarebbe aspettata.

Djokovic, più per demeriti propri che per altre ragioni, fatica a tenere il turno di servizio d’apertura. Come sempre, tuttavia, la consapevolezza di affrontare Nole il cannibale è una zavorra anche per il più dotato dei tennisti, e la sua capacità di impedire all’avversario di giocare al meglio governa anche l’inizio di questo confronto. Thiem è, difatti, un fascio di nervi: impattati malamente una volée in campo aperto e due colpi da fondo, l’austriaco subisce immediatamente il break. Alzando molto la traiettoria dei propri colpi, Djokovic gli impedisce di arrivare sopra la palla per attaccare e mostra già il genere di match, brutto ma funzionale, che sta per delineare. Nonostante la collezione di doppi falli e le tre palle break concesse, il numero 1 assoluto si allunga subito sul 3-0. Il livello di qualità di entrambi inizia a crescere ma Thiem – pur portandosi regolarmente ai vantaggi nei turni di risposta – non riesce a scardinare il servizio assai sottotono di Djokovic.

>Per il quattordicesimo giocatore del seeding arriva anche la beffa. Al momento di servire per il set Novak concede una ennesima palla break (8 nel set, 14 in totale), attacca lasciando scoperto il corridoio alla sua destra e Thiem lo passa con un rovescio lungolinea che il giudice di linea considera buono. Già andato a sedersi in panchina, il serbo chiede il challenge per puro scrupolo. La verifica elettronica però lo richiama in piedi: la palla è out. Tra gli ingenerosi fischi del pubblico arrivano ancora due occasioni per il contro-break, anch’esse infruttuose, e poi il primo set si conclude con un 6-3 che non rende giustizia ai valori espressi in campo. I due giocano sul filo del rasoio, ma il secondo set continua a suonare la stessa musica. A Djokovic sfugge sorprendentemente spesso il controllo della palla, cosa che lo spinge a rinunciare sempre alla responsabilità di cercare i vincenti (saranno soltanto 6), mentre dall’altro lato della rete Thiem tira sempre di più, alternando prodezze a errori “forzati” dallo sviluppo tattico dell’incontro. Il ventiduenne di Wiener Neustadt conserva un turno di battuta da 0-30 e finalmente, dopo aver guidato uno scambio “a tergicristallo” e averlo concluso con un magistrale rovescio in salto, ottiene il break point numero undici; l’ennesimo doppio fallo di Nole gli impedisce di lasciarsi sfuggire anche questo. Ma è un fuoco di paglia: due gratuiti dettati dall’emozione e Domi si ritrova da capo, un passo indietro al mostro. Djokovic prosegue senza convincere in alcun modo, salvandosi sempre in qualche modo differente. A volte è la prima vincente al momento giusto, tratto distintivo dei campioni in giornata no, altre volte è uno scambio difeso allo stremo, altre ancora lo sbaglio di un avversario frettoloso. L’ultimo game è un tripudio di match point e palle break, perfetto sunto della precedente ora e tre quarti di gioco, e in quanto tale è scontata quanto inevitabile la sua conclusione.

Il risultato finale ha un sapore dolceamaro per Dominic Thiem. Il ragazzo, con grande umiltà, aveva dichiarato alla vigilia di voler sfruttare l’incontro come una opportunità per crescere e imparare. Però lui, Djokovic e tutti gli spettatori torneranno a casa sapendo che il match sarebbe potuto – e forse anche dovuto – andare molto diversamente.

[24] N. Kyrgios b. A. Kuznetsov 7-6(3) 6-3 (Emmanuel Marian)

Nick Kyrgios, ventiquattresima testa di serie del torneo, sfida per l’accesso ai quarti Andrey Kuznetsov, reduce da un inizio di stagione molto incoraggiante e sempre più continuo a questi livelli.

Il numero ventisei del mondo deve sudare la discutibile canottiera rossa per aver ragione del tennista di Tula nel primo set: il russo, come spesso gli capita in quest’ottimo inizio di stagione, è acceso e propositivo, anticipa in modo molto accentuato i fondamentali da fondo e scappa sul tre a zero grazie a un break nel secondo gioco, mentre il numero due australiano pare vivere una delle non rare giornate in cui pretende il vincente entro il terzo colpo giocando possibilmente solo di braccio. Nick deve fronteggiare anche una palla per lo 0-4 in un game in cui merita un warning dopo aver scagliato una pallina sugli spalti, ma si salva e nel gioco successivo recupera il break grazie a tre accelerazioni fulminanti. Da quel momento il primo parziale, inizialmente molto accidentato per il giocatore in battuta, segue l’ordine dei servizi e il tiebreak ne è la naturale conclusione. Il numero 51 del mondo interpreta molto male il gioco decisivo, fallendo due dritti comodi e commettendo doppio fallo sul set point. Kyrgios, rasserenatosi, nel secondo set scioglie il braccio, mentre Kuznetsov s’intristisce: un break nel quarto gioco, propiziato da un altro sanguinoso doppio fallo del russo, permette al giocatore di Canberra di veleggiare tranquillo fin sul traguardo, che taglia con relativo agio dopo un’ora e 23 minuti.

L’australiano, passati i primi tormentati quattro giochi, ha controllato concedendo poco al servizio – 11 ace, 75% di punti con la prima in campo – dando la consueta impressione di decidere nel bene e nel male l’andamento degli incontri che gioca da favorito. Ai quarti di finale si prospetta un’interessante sfida con Milos Raonic.

[7] T. Berdych b. [10] R. Gasquet 6-4 3-6 7-5 (Marco Lauria)

Sette anni e un giorno. Tanto è il tempo che è passato da quel 28 marzo 2009. Una lettera dell’ATP comunicava a Richard Gasquet la positività alla cocaina. Colpa di un bacio in un locale di Miami a poche ore dall’esordio con Albert Montanes. Il Tas di Losanna gli credette e dopo appena due mesi e mezzo Richard poté rimettere piede in campo. Thomas Berdych è sempre stato un esempio di compostezza e rettitudine, mai una parola fuori posto, mai un gesto deprecabile. Due giocatori diversi per caratteristiche tecniche, ma condannati entrambi a recitare la parte dei co-protagonisti di una generazione fenomenale. Complice una tenuta mentale mai all’altezza del loro talento. Oggi si affrontano per la quattordicesima volta, la seconda qui in Florida. Nel 2013 vinse a sorpresa Gasquet, in quella che rimane la sfida più importante tra i due, ovvero un quarto di finale di un Mille. Nei precedenti il francese conduce 7-6.

A scegliere di servire è il ceco, che tiene senza difficoltà i primi due turni di battuta. Il disegno tattico di Berdych è spingere sulla diagonale del rovescio, ma il colpo lavorato di Gasquet manda il no.7 del ranking spesso fuori ritmo, costretto a salire sulla palla ed accelerare, solo una volta nei primi game riesce ad affondare lungolinea. Il primo a difendere due palle break è il francese, che risolve la pratica con un ace e un altro ottimo servizio che chiude a rete. L’occasione mancata rende vulnerabile il ceco, che imperterrito continua ad insistere sulla diagonale forte di Richard. Il francese accetta di buon grado di scambiare da sinistra e porta sovente Berdych all’errore. Sul due pari l’opportunità di Gasquet di portarsi avanti di un break si concretizza sull’accelerazione di dritto del ceco che termina in rete. Non passa molto perché Berdych si rifaccia sotto. Un doppio fallo del transalpino sulla palla break gli permette di riacciuffare il set. Sul quattro pari è ancora il ceco a sembrare più centrato. Completa la rimonta tenendo il servizio e va a rispondere salendo rapidamente 0-40. Un ace e una meravigliosa palla corta rimettono in gioco il francese, che però stecca il rovescio nello scambio successivo e perde servizio e set.

È nuovamente Berdych ad aprire il set al servizio. Nel secondo gioco Gasquet riesce finalmente a frenare l’emorragia di cinque game consecutivi a favore del ceco portandosi sull’uno pari. Di nuovo propositivo, nel game successivo si procura due palle del due a uno. Berdych lavora la seconda di servizio, ma sulla lunga risposta di Gasquet spara in rete l’accelerazione di dritto e cede il gioco. Il copione sembra quello del primo parziale: il transalpino deve ancora annullare due nuove palle break per tenere il ceco a distanza di sicurezza. Berdych si tiene in scia, ma questa volta è Gasquet che sul 4-3 prima tiene il servizio con personalità chiudendo con un insolito vincente di dritto, poi fa suo il set con un passante di rovescio sul timido serve and volley del ceco. Si va al terzo.
Questa volta il parziale di giochi consecutivi lo mette a segno il transalpino, che riparte col piglio positivo del secondo set e incassa il game al servizio. L’artiglieria pesante di Berdych soffre l’esuberanza tecnica di Gasquet, che sfodera un campionario di colpi di altissimo livello. Un passantino di rovescio col richiamo del polso ed una deliziosa palla corta non servono però per castigare nuovamente il ceco, che completa la mini-rimonta salvando l’ennesima palla break. I vantaggi esterni, sinora copiosi, si estinguono e il punteggio segue i servizi. Gasquet sembra avere qualcosa in più e riesce sistematicamente a muovere Berdych quando si scambia sulla diagonale del rovescio, ma sul 5-5 inciampa in uno sciagurato momento-Gasquet. Sotto 0-40 prova a rientrare ma un dritto inside-out del ceco lo spedisce dritto all’inferno. Il turno di servizio del ceco per chiudere il match è una pura formalità.

[12] M. Raonic b. D. Dzumhur 6-0 6-3 (Raffaello Esposito)

Il match vede opposti due figli dei Balcani. Milos e Damir sono nati a poco più di duecento chilometri di distanza, quelli che separano Podgorica da Sarajevo, al principio degli anni novanta e alla vigilia di quella che Kofi Annan definì “una guerra mondiale nascosta”. Raonic è poi emigrato sotto le foglie d’acero, Dzumhur risiede ancora a Sarajevo ed è il tennista bosniaco più forte di sempre con un best ranking da numero 77 (oggi è 94) raggiunto ad ottobre 2015.  A Miami ha vinto in rimonta i suoi primi incontri in un Master 1000, ha battuto Nadal seppur per ritiro e ha già disputato nove set . Oggi ha di fronte il canadese n°12 ATP, l’unico che a detta di molti possa infastidire Djokovic. L’esito della finale di Indian Wells non fa testo perché, se il fisico lo sorregge, Milos possiede colpi e voglia di migliorare che lo possono portare lontano.

Air Canada serve per primo e Dzumhur vince solo un punto, con il nastro, nei primi due giochi. Nel terzo arriva ai vantaggi perché Raonic fa due doppi falli e spara un dritto in tribuna. È sfortunato nel quarto gioco quando subisce ancora un break ma un nastro premia l’avversario su una palla game però Milos è perfettamente a suo agio contro il palleggio leggero del bosniaco, colpisce forte e attacca spesso a rete chiudendo con pregevoli volée. Un terzo servizio ceduto da 30-0 sancisce il bagel in 20 minuti che chiude il set. Dzumhur appare contratto e intimidito, sbaglia molto ed è sempre troppo lontano dal campo. Vince il suo primo gioco ma solo per la cronaca perché Milos brekka ancora con l’aiuto del nastro, conferma con due aces per il 4-1 e veleggia tranquillo verso il 6-3, i quarti di finale e il suo opposto caratteriale Nick Kyrgios. 

NELLA PAGINA SEGUENTE, LE CRONACHE DI NISHIKORI, SIMON, GOFFIN E MONFILS  

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