Intervista esclusiva a Fabio Gorietti, il traghettatore della Top 100

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Intervista esclusiva a Fabio Gorietti, il traghettatore della Top 100

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere a trecentosessanta gradi con Fabio Gorietti, allenatore di Thomas Fabbiano e Luca Vanni nonché Direttore Tecnico della Tennis Training School di Foligno, una bella e solida realtà del nostro Paese. Ci ha raccontato un po’ di sé, dei suoi allievi e della passione che lo spinge a fare questo mestiere

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Foligno secondo una tradizione vecchia alcuni secoli costituisce, per dirla alla maniera degli Umbri Fulginates che in epoca preromana fondarono la città, lu centru de lu monnu. Pareva infatti che quello che oggi è il terzo agglomerato per numero di abitanti della piccola regione umbra fosse ubicato proprio al centro della nostra penisola, a sua volta nucleo dell’Europa e quindi del Mar Mediterraneo, considerato per l’appunto il centro del mondo allora conosciuto. La fugace digressione, tra costume, leggenda e geografia spicciola, tanto per dire che, anche se per motivi decisamente più ludici, la città del Santo Patrono Feliciano ancora oggi può essere considerata alla stregua di un minuto e fulgido epicentro. Storia e cultura qui la fanno senz’altro da padrona ma la città, innaffiata con generosità da olio d’oliva e vino Sagrantino e che ha dato i natali a Pasquale di Molfetta – il celebre Linus della radio – e alla Miss Italia 2010 Francesca Testasecca, è simbolo anche di tanto sport. Tennis per la precisione, grazie alla presenza sul territorio comunale di una scuola di assoluta avanguardia che, all’interno di in un panorama nazionale non sempre ridente, è capace di far parlare di sé. A suon di diritti e rovesci.

Tanto per cominciare, la Tennis Training School Villa Candida di Foligno, questo infatti il nome della bella realtà folignate, è l’unica scuola a cinque stelle – una cosiddetta ‘Top School’ secondo la nuova classificazione della federazione – presente in Umbria e una delle poche d’Italia. In quanto a riconoscimenti formali, inoltre, doveroso segnalare come non più tardi di un anno fa abbia ottenuto, sempre per mano della FIT, il premio come seconda miglior scuola nazionale sbaragliando la concorrenza di circa millesettecento rivali, con il solo Tennis Club Parioli di Roma capace di fare meglio nella circostanza. Nata ormai da una decina d’anni grazie alla passione ed alla dedizione di quattro Maestri, oggigiorno la figura di Direttore Tecnico della struttura sportiva è ricoperta dal coach Fabio Gorietti, recentemente salito agli onori delle cronache in virtù dei prestigiosi risultati conseguiti dai suoi assistiti.

Nello sport, quanto conti effettivamente l’operato di un allenatore ai fini dei successi del proprio team è questione innanzitutto intrigante e poi storicamente irrisolta. Se è pur vero che a scendere in campo siano sempre e solo i giocatori, altrettanto vero è che nel corso di una carriera quegli stessi giocatori possano più o meno ben figurare qualora diretti da un allenatore piuttosto che un altro. Tornando immediatamente a noi, ciò che è inconfutabile, al di là delle elucubrazioni sportive di cui sopra, è che sotto l’egida di Fabio Gorietti due tennisti come Luca Vanni e Thomas Fabbiano a distanza di dodici mesi l’uno dall’altro siano approdati entro i primi cento giocatori al mondo, al culmine di una scalata a dir poco vertiginosa da far invidia ad un arrampicatore come Maurizio ‘Manolo’ Zanolla. Un risultato tutt’altro che trascurabile se si pensa che lontano dalla quiete di Villa Candida il solo Marco Cecchinato in tutto il territorio nazionale sia riuscito nell’arco dello stesso periodo di riferimento a fare il proprio ingresso nella Top 100. Un allenatore dei miracoli, dunque, il buon Gorietti, che sta al mondo del tennis come il baffuto Meo Sacchetti sta a quello della palla a spicchi e che con umiltà, competenza e abnegazione guida giorno dopo giorno uno staff capace di traghettare i propri atleti verso traguardi solo apparentemente impossibili.

Impegnato nella trasferta portoghese dell’Estoril, teatro del Millenium Open 2016 a cui hanno preso parte con alterne fortune anche Fabbiano e Vanni, Fabio Gorietti dimostrando una disponibilità non comune ha trovato il tempo e la voglia per rispondere a qualche nostra domanda. Quella che potete trovare qui nel seguito è l’esito della nostra conversazione.

Buongiorno. Intanto complimenti, anche se con un po’ di ritardo, per il riconoscimento di miglior coach 2015 agli ultimi Ace Cube. Che effetto ti fa essere considerato l’allenatore italiano di riferimento da una giuria di esperti e addetti ai lavori?
Intanto grazie per i complimenti. Credo che il merito della scelta da parte di una giuria esperta ed attenta del mondo del tennis sia stato quello di valutare i risultati dei giocatori e di conseguenza degli allenatori.

Nell’arco di dodici mesi gli atleti di punta della tua scuola, Fabbiano e Vanni, hanno centrato il prestigioso obiettivo di entrare nella Top 100. Più in generale, quanto è importante l’allenatore nei successi di un suo giocatore? E nello specifico, quale ritieni possa essere stato il tuo più grande merito?
Fabbiano e Vanni hanno ottenuto ottimi risultati in termini di crescita sportiva e questo è il frutto di un lavoro duro, continuo e sempre sostenuto da me e da tutte le persone coinvolte in questo progetto. Perciò credo che il merito di un allenatore sia per prima cosa credere in un progetto condiviso con i giocatori e con uno staff sempre più attento dal punto di vista professionale a cambiamenti e soluzioni in un mondo, quello tennistico, in continua evoluzione.

Fare l’allenatore è obiettivamente difficile. Quale deve essere, a tuo parere, la prima virtù che un aspirante coach deve possedere per riuscire al meglio in questa professione? C’è un collega al quale ti sei ispirato in passato o al quale avresti voluto “rubare” qualche trucco del mestiere?
Un consiglio che posso dare a chi vuole avvicinarsi al coaching è quello di essere curiosi, di non pensare mai di sapere abbastanza e di non essere per forza attaccati alla coerenza. In sostanza cercare sempre di spostare il proprio punto di osservazione per riuscire a vedere le cose da più prospettive, così la percezione della realtà assume valori relativi che fanno riflettere. Personalmente cerco sempre di tenere occhi aperti, ascoltare gli altri allenatori, capire, imparare, immaginare! In questo ho avuto molti maestri e tuttora ne ho, sia in abito tennistico che non. Spesso ricorro al mondo “esterno”, filosofi, psicologi o anche alla semplice ma sorprendente osservazione del mondo ed alle leggi che lo regolano.

Scusa, dimenticavo. Come nasce il Fabio Gorietti allenatore?
La mia formazione viene da esperienze di insegnamento totali, dai bambini agli adulti, esperienze che mi hanno dato molto per approfondire la conoscenza del materiale umano e delle dinamiche che lo fanno muovere. Ho alle spalle una laurea all’ISEF e avanti a me una probabile iscrizione alla facoltà di Psicologia. Inoltre ho avuto la possibilità di collaborare per molti anni con alcuni tra i migliori coach italiani, da loro ho imparato cosa volesse dire fare il coach.

Veniamo ora ai tuoi giocatori. Fabbiano a quasi 27 anni sta vivendo la sua miglior stagione, Vanni è salito alla ribalta quando già aveva raggiunto la trentina. Più o meno la stessa cosa potremmo dirla anche di Paolo Lorenzi. Pura casualità o c’è un motivo per il quale noi italiani tendiamo a maturare un po’ più lentamente degli altri?
È vero, in questo momento i giocatori italiani si esprimono in età matura, probabilmente proprio perché maturi. Ci sono comunque giovani in Italia di talento e valore, sicuramente renderli prima possibile consapevoli significherà anticipare la loro affermazione sportiva.

Poco più di anno fa Vanni disputava la finale ATP di San Paolo toccando il proprio best ranking, oggi purtroppo fatica a passare un turno nel circuito minore. Cos’è successo nel frattempo? E cosa gli consiglierai per uscire da questo momento difficile?
Vanni lo scorso anno ha avuto una stagione fantastica, se ne è parlato abbastanza credo, ora il suo ranking è 140. Lo scorso anno iniziò con un ranking 150. Non dobbiamo dimenticare da dove siamo partiti con Luca, dove era 2-3 anni fa. Oggi forse a qualcuno sembra poco ma in realtà la sua posizione ora è quella di un giocatore che può puntare a chiudere l’anno ancora entro i primi 100.

Tanto per farli conoscere un po’ meglio ai nostri lettori, ci puoi indicare un pregio ed un difetto per Fabbiano, Vanni e Travaglia?
Non parlerei di pregi e difetti per Tommy, Luca e Stefano, piuttosto di qualità, di ciò che sono e di ciò che potranno diventare. Tommy ha un tennis esplosivo, è migliorato molto di diritto e riesce ad avere un rendimento in questo momento più costante, proprio sul rendimento stiamo e dovremo continuare a lavorare. Luca ha bisogno di ritrovare la vittoria, tutto qua.

A proposito di Travaglia. Se è vero che non c’è il due senza il tre, a quando il suo ingresso tra i primi cento al mondo? Scherzi a parte, dopo essere entrato nei duecento prima della scorsa primavera ora è un po’ calato in classifica. Quali ritieni possano essere allo stato attuale i suoi obiettivi?
Per quanto riguarda Stefano il discorso è molto diverso. Dopo varie indagini finalmente si è scoperta la causa dei suoi continui dolori alla schiena ovvero la frattura di un corpo vertebrale. Purtroppo vari esami fatti in questi mesi davano sempre esiti negativi e solo da poco la diagnosi si è manifestata certa e chiara. La prossima settimana farà un’altra tac per valutare meglio l’ipotesi di un intervento chirurgico. Il ragazzo è forte e deciso, in passato lo ha già dimostrato. Si riprenderà presto, ne sono sicuro. Ha grandi qualità tecniche e fisiche oltre che una grande spinta ad arrivare. Arriverà!

Fabbiano ha costruito la sua classifica grazie ad ottimi risultati sulle superfici veloci. Pensi che la stagione sul rosso appena cominciata possa regalargli le stesse soddisfazioni? Qual è il segreto di questo deciso cambio di marcia? A parte il lavoro, si intende…
Come dicevo Fabbiano ha potenziato il suo gioco con una maggiore intensità fisica e un colpo, il diritto, a volte micidiale. Ne sta prendendo consapevolezza. Credo che potrà esprimere un tennis di alto livello anche sulla terra battuta. Oggi di campi lenti e pesanti non ce ne sono, il tennis è diventato velocità ovunque, su tutte le superfici.

Un po’ d’attualità. Si è fatto un gran parlare del caso Giorgi. Che opinione ti sei fatto in merito? E soprattutto, da allenatore pensi che Camila potrebbe beneficiare di un avvicendamento/affiancamento in panchina? Senza nulla togliere a papà Sergio, ben inteso…
Conosco poco il caso Giorgi e poco quanto il suo rapporto con il coach-padre possa essere un limite oppure un’arma vincente. Di sicuro so che nel tennis moderno c’è bisogno di una continua ricerca, ampliare lo staff di lavoro, figure sempre più specializzate che interagiscano per una migliore performance del giocatore. Noi coach non dobbiamo mai mettere avanti la nostra figura a quella dei giocatori, non dobbiamo noi per primi avere paura. Il nostro compito è aiutare i ragazzi ad esprimersi al meglio, facilitare il loro talento. Insomma i protagonisti sono i giocatori, noi dobbiamo capire i loro bisogni e le loro possibilità e fare di tutto perché attraverso un lavoro continuo il meglio venga fuori.

Gli atleti del tuo team hanno costruito la propria classifica anche grazie ad una assidua frequentazione dei tornei Challenger. Dove di chilometri se ne fanno molti e di euro se ne vedono pochini. Esiste a tuo avviso un problema legato ai montepremi? Nel caso, come pensi si possa risolvere la disparità abissale che sussiste in termini di prize money tra ATP e Challenger Tour?
Sì, il circuito Challenger dovrebbe avere montepremi maggiori, ospitalità completa per tutti i tornei e più facilitazioni per i giocatori. È vero pure che i club che organizzano queste manifestazioni spendono già molto. Forse dovrebbe intervenire l’ATP, magari anche facendo accordi con le compagnie aeree così da rendere meno costosa una programmazione dei tornei che punti in alto.

Prima abbiamo citato i più famosi. Nella Tennis Training School di Foligno che magistralmente dirigi c’è qualche altro giovane interessante pronto ad affacciarsi al professionismo? Te la senti di fare qualche previsione?
La Tennis Training School è nata appena 10 anni fa, stiamo quotidianamente lavorando per migliorare un progetto ambizioso, insegnare il tennis. Abbiamo giovani di assoluto valore e tutti noi insegnanti crediamo in loro. Non me la sento di fare nomi, se e quando arriveranno al professionismo. Crediamo in loro, crederci penso che sia la prima cosa!

Novak Djokovic sembra in questo momento di un altro pianeta. Una mia curiosità. Cosa diresti ad uno dei tuoi ragazzi se dovesse capitargli di incrociare la racchetta del numero uno al mondo? Tra l’altro, pensi che quest’anno possa fare il Grande Slam? Per il tennis è un bene che ci sia un simile dominatore o si rischia di piombare nella noia?
Se uno dei ragazzi incontrasse Djokovic? Tommy (Fabbiano, ndr) appena dopo aver perso a Dubai con Berdych mi ha detto: “Meno male che di primi 10 al mondo ce ne sono solo 10”. “Presto li incontrerai spesso questi primi 10, fai di tutto per batterli ma non perdere di vista il tuo obiettivo: migliorare!”. È possibile che Djokovic faccia il Grande Slam anche se una sorpresa ci può sempre stare. Ora è l’indiscusso numero uno, un gran numero uno. E il tennis ha comunque sempre bisogno dei numeri uno…

Insomma. L’Umbria non è la Florida, Foligno non è Miami (ma ci si vive meglio), la Tennis Training School non è l’IMG Academy Tennis e la popolarità di Fabio Gorietti, del quale però ora sappiamo qualcosa di più, nulla ha che vedere con quella dell’istrionico guru d’Oltreoceano che risponde al nome di Nick Bollettieri. Tuttavia questa lunga catena di “non” nulla toglie e nulla sminuisce ad una piccola e felice realtà tutta italiana che ha l’enorme pregio di farci raccontare una bella storia del nostro sport preferito. L’ennesima.

Un doveroso ringraziamento va a Roberto Fabbiano ed alla pagina Facebook Thomas Fabbiano Fan Club che ha reso possibile questa intervista.

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