Focus
Luca Vanni, il gigante buono del tennis italiano
Dopo una vita spesa tra Futures e infermeria, finalmente per Luca Vanni è arrivata la stagione della rivalsa. Trecentomila chilometri di cuore, passione e volontà e un sogno che si avvera alla soglia dei trent’anni. Ma il bello è appena cominciato

Luca Vanni, dal pane duro dei Challenger alla prima finale ATP, per amore del tennis
Foiano della Chiana è un piccolo borgo della Toscana poco distante da Arezzo che conta si e no diecimila (più una) anime. Leggenda vuole che proprio da queste parti il Granduca Cosimo I de’ Medici sconfisse in una sanguinosa battaglia le truppe della Repubblica di Siena facendo erigere in memoria del trionfo il Tempio di Santo Stefano alla Vittoria che ancora oggi caratterizza sui dépliant turistici l’agglomerato aretino. Non è dato sapersi se il futuro gli riserverà la stessa onorificenza, noi ce lo auguriamo, tuttavia non c’è dubbio che gli odierni concittadini abbiano riscoperto con orgoglio di avere nel giardino di casa un valoroso guerriero. In questa più ludica occasione però, a mettere a ferro e fuoco il colle che si staglia sul torrente Esse, nessuna scintillante spada in acciaio ma una leggera appendice in carbonio manovrata con sapienza artigiana da un gigante buono, timido e, per dirla alla maniera di Paolo Conte, dall’espressione un po’ così. Il suo nome è Luca Vanni, di professione fa il tennista e in punta di piedi si è fatto largo nell’universo della racchetta.
La morale della storia che abbiamo il piacere di raccontare potrebbe essere riassunta in maniera esaustiva da un epigrafico “non è mai troppo tardi”. Non ce ne vorrà l’indiscusso depositario del copyright – il leggendario professor Manzi del piccolo schermo – ma è quello che deve essersi ripetuto nei lunghi momenti di sconforto, tra un crac al ginocchio e l’altro, il nostro protagonista che in barba alle trenta primavere sul groppone ha scritto una della pagine più interessanti del tennis maschile “made in Italy” della stagione testé passata in archivio. Dimenticavamo di dire poc’anzi che sempre a Foiano della Chiana, a quanto pare patria anche dello scherzo, si svolge ogni anno il più antico Carnevale d’Italia. A non essere affatto una burla è che Vanni, unico azzurro con Marco Cecchinato ad esserci riuscito nell’ultimo anno solare, ha fatto capolino per la prima volta tra i migliori cento giocatori al mondo. Davvero niente male per uno che non più tardi di due anni or sono, impelagato in una di quelle riabilitazioni la cui certezza è più l’inizio che la fine, senza più né classifica né morale si interrogava sul fatto che il treno buono potesse già essere passato. “Guardavo gli altri colleghi, gli amici che potevano giocare, mentre io lottavo, e stentavo a riprendere”, ricorda oggi Luca.
Che una delle più fresche novità della stagione azzurra sia costituita da un ragazzotto mezzo incerottato e non più di primissimo pelo, con tutto l’affetto del mondo parlando, potrebbe risuonare come un campanello d’allarme per una federazione aggrappata ormai da tempo immemore alle talentuose lune di Fognini o alla fantastica normalità di Seppi. Quando le vacche sono magre, un personaggio sui generis come quest’uomo dai modi gentili, forse un pochino sgraziato e con i poteri magici custoditi nel servizio – un goliardico Super Pippo, più da fagiolini all’uccelletto che da noccioline americane, insomma – rappresenta con tutte le simpatiche anomalie del caso una vera e propria manna dal cielo. “Lucone” non sarà della stessa genia di Roger Federer ma in un tennis che sovente dimentica le buone maniere simboleggia una bella pagina umana e sportiva dalla quale i più giovani farebbero bene ad attingere.
E deve averne fatti di chilometri su e giù per il vecchio continente a bordo della sua sgangherata Fiat Bravo – si dice oltre trecentomila – con la sacca nel baule e il cuore colmo di speranze, per racimolare punticini (pochi) e soldi (ancor meno) che potessero trasformare un adolescente ancora di quarta categoria nel centesimo giocatore più bravo del pianeta solo un paio di lustri più avanti. Ad una età che per molti altri è più questione di bilanci che di prime assolute. Anche perché a far sul serio con il tennis Vanni ci ha pensato piuttosto tardi, dopo quel diploma da ragioniere che babbo, un pragmatico ex pallavolista, ha preteso conseguisse. Niente attività juniores, dunque, ma libri di scuola e tanta gavetta: a lanciar palline al cesto, nel circolo sotto casa o nella fabbrica di famiglia, montando cucine.
Ci vuole coraggio, inventiva e una massiccia dose di follia nel credere un giorno di poter giocare a Wimbledon, magari sul centrale e contro il numero uno al mondo (è bene ricordare che solo per una manciata di minuti ciò non si sia verificato quest’anno), quando a ventuno anni suonati raccogli nella palude di un (No)Futures qualunque il primo maledetto punto ATP della tua vita. Per un Vanni che getta il cuore oltre l’ostacolo nei tornei di Cesena o Castelfranco, dove gli avversari con tutto il rispetto si chiamano Giangrandi o Crugnola, c’è infatti una classe di coscritti per l’occasione assai poco operaia che in paradiso comincia ad andarci per davvero. Berdych fa finale ad Halle, Wawrinka infilza Djokovic e vince Umago, Bolelli a Basilea si prende a sportellate con Gonzalez. Luca invece naviga nei bassifondi della classifica dove l’opulenza economica non sta affatto di casa e solo una passione grande così – detto con il gesto che si compie allargando entrambe le braccia all’altezza delle spalle – può contrastare il desiderio di mandare tutto alle ortiche. Passione che all’aretino dagli occhi che sorridono scorre nelle vene senza soluzione di continuità e che lo fa rimbalzare da un campo di periferia all’altro a caccia di una chimera chiamata professionismo.
“Impossible is nothing”, recitava il compianto Jonah Lomu in una celebre réclame in auge di quei tempi. Vanni, il tormentone mediatico deve averlo preso alla lettera; si è rimboccato le maniche e dotandosi della miglior artiglieria possibile si è reso protagonista di un’ascesa da manuale. Tenace come la celebre formichina delle fiabe – lui, curiosamente cresciuto nel mito di un diavolo come Marat Safin che più cicala non avrebbe potuto essere – al traguardo del circuito maggiore ci arriva con tutto l’entusiasmo del mondo all’inizio di questo 2015, al culmine di un’arrampicata da far invidia a Reinhold Messner. Al punto che se lo scorso inverno il braccio non avesse comprensibilmente cominciato a tremare a tre quindici dalla gloria, la vetrinetta dei trofei di casa Vanni accoglierebbe oggi anche quello pesantissimo di San Paolo, finito solo per il rotto della cuffia nelle fauci di quel marpione di Cuevas. Oltre alla coppa di Portorose, teatro estivo del primo significativo hurrà nel Challenger Tour.
Il segreto? “Aiutati che il ciel t’aiuta”, dice il proverbio. Meglio se con quel servizio micidiale lì che scende dal terzo piano o con la spallata di diritto pesante come un comodino. E magari se al tuo fianco c’è Francesca che ti supporta. Luca è un poliedrico che sul campo si destreggia discretamente bene in tutti i settori del gioco. Efficace ed esteticamente pregevole il modo di portare il rovescio, del repertorio forse il colpo più naturale. Un fondamentale magari non ancora di estrema intraprendenza ma nel quale dimostra confidenza anche per l’uscita in lungolinea e la versione monomane con il taglio all’indietro. In questo tennis brutale e stereotipato, tutto corri-e-tira, la capacità di variare con disinvoltura angoli e rotazioni rischia di essere sempre più una rarità alla stregua del panda cinese.
In quanto a caratteristiche tecniche e fisiche, Vanni appare un giocatore scolpito ad hoc per i campi veloci, e non solo perché ne esaltano le doti non comuni da big server. Tuttavia l’indole non è prettamente aggressiva tanto che, all’uno-due sulla moquette, l’impressione è che di base prediliga i rally sul mattone tritato, nonostante colpi portati quasi piatti che non sempre vanno a braccetto con un tennis percentuale. In risposta alla diatriba su attitudini e superfici, l’aretino sembra però avere le idee chiare per il futuro prossimo: “Credo proprio mi vedrete giocare a febbraio in SudAmerica piuttosto che sul cemento indoor europeo”. Ciò, anche se per sua stessa ammissione l’acme stagionale pare proprio l’abbia raggiunto senza sporcarsi i calzini: “Con Youzhny (ad Eckental sul duro, in un match perso dopo aver nascosto la palla per un set e mezzo all’ex n.8 del mondo, ndr) ho giocato il miglior match della mia vita”, la chiosa in una sua recente intervista.
Vanni ha nelle corde una certa solidità, tuttavia l’atteggiamento resta un po’ atipico per un colosso di quasi due metri e cento chili che giocoforza non può fare di mobilità e resistenza i propri cavalli di battaglia. L’ulteriore salto di qualità potrebbe dunque passare, indipendentemente dalla superficie, per una strategia di gioco maggiormente propositiva; il tennis release 2.0 su questo non fa sconti e l’esperienza insegna come l’inerzia dello scambio sia meglio averla dalla propria parte. Anche in questo frangente Luca si dimostra lucido nell’analisi: “Fa parte dell’attitudine che impari all’inizio (si riferisce al deficit di aggressività, ndr). Così attualmente spingo solo a sprazzi o quando sono disperato. Devo accettare di avere meno tempo per tirare come vorrei per dare meno tempo all’avversario”. In altre parole quello che ci si auspica è che riesca ad indossare, fatte le debite proporzioni, più i panni “avanti tutta” di uno alla John Isner che non quelli da “Speedy Gonzales” di un David Ferrer in taglia extra large.
Se il 2014 è stato l’anno della rinascita dagli infortuni e dell’assalto all’arma bianca al ranking, il leitmotiv di questa annata, ottima come il 1985 per il Sassicaia, è ben condensato nella parola “novità”. Oltre all’esordio in ATP a Chennai, la storica finale di San Paolo, l’ingresso nella Top100 e il primo successo in un Challenger di cui già abbiamo fatto cenno, Vanni si è caparbiamente regalato altre succose primizie. Basti ricordare il secondo turno nel Masters 1000 di Madrid con annesso scalpo di Tomic (per inciso l’avversario di miglior classifica sconfitto in carriera), l’ingresso nel main draw di Parigi e Londra e la convocazione come quinto uomo di Coppa Davis. La seconda parte del 2015, in quanto a qualità di risultati, potrebbe non apparire all’altezza dei primi sei mesi. Una tesi avvalorata dal fatto che dopo l’exploit in diretta pay-per-view nella capitale spagnola, Vanni non abbia più vinto un solo match in un torneo ATP mancando qua e là qualche qualificazione. Che il quarto d’ora di notorietà, così come teorizzato dal mentore della pop art, si sia chiuso con quel commovente “vi amo tutti” sussurrato alle telecamere della televisione brasiliana al culmine della settimana (quasi) da sogno? Ai posteri l’ardua sentenza.
Tuttavia ciò che fa ben sperare è che a livello Challenger, dopo un periodo estivo di comprensibile flessione dovuto anche a qualche noia fisica, Vanni con i primi freddi sia stato capace di alzare nuovamente l’asticella. Chiuso in quei palazzetti che sembrano proprio evidenziarne le doti, sono arrivate le due semifinali di Brest e Brescia e i tre quarti di Eckental, Ortisei e Andria. Per usare le parole di Coach Gorietti, Luca ha ripreso a vincere le partite da vincere “con una velocità di crociera da navigato Top150”. La consapevolezza di poter disporre con continuità degli avversari di caratura inferiore è probabilmente la miglior conquista di questa prima stagione da protagonista e non è casuale che la classifica si sia cristallizzata a ridosso di quel numero cento che rappresenta una sorta di spartiacque per il tennis che conta. Peccato che con ogni probabilità l’attuale posizione n.107 non sarà sufficiente per entrare di diritto nel tabellone di Melbourne. Questione di una manciata di punti, quelli che con un po’ di salute in più avrebbe rimediato nella non fruttuosa tournée asiatica autunnale. Una piccola delusione compensata, ne siamo certi, dall’obiettivo salvezza centrato dal “suo” TC Sinalunga alla prima partecipazione nel massimo campionato a squadre nazionale. Una bella realtà che sta al tennis come il simpatico Carpi sta al mondo pallonaro. E nessuno può apprezzare le piccole gioie che regala questo diabolico sport, che vivaddio non si nutre di soli Championships, più di chi è abituato a dare l’anima per ogni singolo traguardo.
Quando il Morandi nazionale sostiene che a farcela sia solo uno su mille forse dimentica una cosa. Non è così scontato che gli altri novecentonovantanove abbiano creduto, lottato e sofferto quanto il nostro “Lucone”. Da Foiano della Chiana a suon di ace. E non è assolutamente uno scherzo.
Matteo Parini
ATP
ATP Pechino: Sinner che sofferenza, ma è buona la prima in Cina
L’altoatesino spreca la possibilità di chiudere in due set ma neutralizza alla lunga il britannico. Ora Shang o Nishioka

[6] J. Sinner b. D. Evans 6-4 6(2)-7 6-3
Poteva finire in due set, partiamo da questo presupposto. L’esordio assoluto in Asia di Jannik Sinner, al primo turno del China Open di Pechino, avrebbe potuto essere un doppio 6-4. E proprio alla luce di ciò aver vinto in tre set, anestetizzando la rimonta di un Daniel Evans a tratti veramente sublime, è sinonimo di maturità e cinismo. Oggi da parte dell’altoatesino non ci sono stati tanti colpi spettacolari, ma grande solidità, disciplina tattica nel gestire gli scambi e accelerare il ritmo quando utile, senza esagerare. Ha gestito un avversario il cui gioco per lui è di difficile digeribilità, con le tante variazioni e le palle senza peso che spezzano il palleggio e danno pochi riferimenti. Una partita difficile, che probabilmente in altri tempi, senza l’aiuto di un servizio sempre più fattore nel suo tennis, forse non avrebbe vinto. Quarantacinquesima vittoria stagionale dunque per Jannik, che giocherà per trovare l’undicesimo quarto di finale del suo 2023 (record di 7-3, l’ultimo giocato contro Monfils a Toronto) contro Zhang o Nishioka.
Primo set: Sinner dal fondo disinnesca le giocate di Evans
Sinner già nel terzo game scopre le carte in risposta, avviando lo scambio con grande aggressività e provando a tenere alta l’intensità con accelerazioni che non permettano ad Evans di tenere il suo ritmo basso. Bravo però il britannico a rendere pan per focaccia, non disdegnando anche lui soluzioni di potenza, con un po’ di rischio in più. Un quinto game con qualche eccessiva sbavatura del n.33 al mondo permette a Sinner di andare avanti di un break. Giusto da parte sua prendere determinati rischi e comunque sempre spingere in risposta, ma viene graziato da qualche errore avversario determinato dalla fretta di chiudere attacchi un po’ timidi. Prestazione brillante anche a rete, quasi ad assecondare le giocate di Evans in modo da scomporlo e tenere salda l’iniziativa, da parte della tds n.6, costante e senza mai eccedere, costringendo a giocate complesse l’avversario. Da evidenziare come entrambi stiano dando il proprio meglio o quasi, con errori forzati o di misura, scelte tattiche mai avventate. Anche il servizio influenza in positivo il set di Sinner, costellato anche da 3 ace, permettendogli di chiudere 6-4 con un bel dritto vincente, manifesto di un ritmo alto e duro che alla lunga neanche i tagli e cambi di Evans, che ha cercato le più svariate soluzioni (anche il chip and charge), hanno potuto contrastare.
Secondo set: Sinner serve per il match, ma si fa brekkare e perde il tie break
Nel secondo parziale si fa attendere ancora meno il break per l’italiano, piazzato già nel terzo gioco. Evans sembra iniziare ad accusare le difficoltà nell’esprimere il proprio gioco, senza riuscire a reagire al vigore del n.7 al mondo in risposta, che trova angoli anche profondi, costringendo a errori forzati l’avversario. Il britannico, in un quarto gioco fiume, prova subito a rifarsi sotto, ottenendo la prima palla break della partita, anche a causa di un calo di tensione di Jannik. Piccolo, però, dato che un gran servizio, a cui fa seguito un dritto al volo a rete permettono all’azzurro di annullare l’occasione. Importante da parte del classe 2001 il far giocare sempre una palla in più a un giocatore che non ama lo scambio prolungato, accelerando contro gli slice di Daniel. Ma al momento di chiudere, vuoi per mancato cinismo dell’azzurro, vuoi per il braccio più sciolto di Evans, arriva il contro-break del britannico, che finalmente ottiene qualcosa dalle sue palle senza peso, che mandano fuori tempo Sinner, costringendolo ad una serie di errori che lo portano a perdere il servizio a 0. E così, quella che sembrava una partita già in ghiaccio, vede l’alba del terzo set, con un tie-break dominato dal campione di Washington. 7 punti a 2 a favore di Evans, che toglie qualsiasi riferimento a Jannik, mandandolo fuori tempo e producendo alcune vere chicche sotto rete. Il britannico psicologicamente dà una bella spallata all’altoatesino, in vero black out dopo il break subito sul 5-4.
Terzo set: Sinner supera alcune difficoltà fisiche e vince il match
Il parziale decisivo si apre nel segno dell’azzurro, che nel secondo game già piazza il break. La palla torna a viaggiare fluida, impostare sul rovescio lo scambio restituisce frutti copiosi in termini di punti, data la sensibile differenza tra il suo top e lo slice di Evans. Il britannico è però bravo a rifarsi sotto, ottenendo un’immediata palla del contro-break, che cozza sull’istinto da campione di Sinner, che risponde con un ace e una serie di grandi servizi e scambi duri. In questa fase Sinner deve far fronte anche ad alcune difficoltà sul piano fisico. L’azzurro prima si fa massaggiare una coscia, per probabili crampi, poi – più in là – dopo un ruzzolone a terra farà temere il peggio a tutti quanti, fortunatamente sono falsi allarmi. Ma l’ostinazione e la grinta di Evans (guidate da un po’ di fortuna, che non guasta mai) danno ulteriore linfa alla partita: nel quinto game, sotto 40-0, il britannico gioca a braccio sciolto, attacca e arremba la rete con convinzione, mischiando accelerazioni e tagli, così da scaricare la pressione su Jannik causandone errori in palleggio anche banali, che gli permettono di rientrare. Ma, alla lunga, anche la tenuta fisica dà il suo contributo, non indifferente, in favore dell’azzurro. Un ottavo game giocato su un ritmo altissimo da Sinner, con accelerazioni spaventose a coronare scambi curati nel dettaglio per aprire il campo, gli permette di tornare avanti di un break. Che, stavolta, si rivelerà definitivo: chiude 6-3, senza problemi, con un altro game giocato in spinta costante, in cui le palle senza peso non funzionano più e c’è poco da fare per uno stremato Evans. Prestazione solida e matura dell’altoatesino, vincitore di un match che potrebbe pesare sulla sua fiducia. Al secondo turno avrà Juncheng Shang o Yoshihito Nishioka.
Flash
WTA Ningbo, altra vittoria sofferta per Jabeur. Shnaider fa fuori Kvitova
Jabeur-Podoroska e Fruhvirtova-Shnaider saranno le semifinali del torneo cinese che ha appena visto l’eliminazione di Bronzetti

Non solo la sconfitta della nostra Lucia Bronzetti per mano di Linda Fruhvirtova: la giornata di giovedì metteva in palio altri tre posti per le semifinali del WTA di Ningbo. Ecco com’è andata.
[1] O. Jabeur b. V. Zvonareva 7-5 4-6 6-1
Primo set segnato irrimediabilmente dagli errori di Ons Jabeur. Fin dalle prime fasi di partita, è ben evidente che per la tunisina non sia ancora tempo di tornare ai fasti che l’anno portata a sue finali a Wimbledon, ma che debba lottare su ogni singola palla. Gli errori fioccano, in particolare dalla parte del dritto, e questo consente a Zvonareva di andare due volte in vantaggio di un break, prima sul 2-0, poi sul 4-2. Jabeur, però, non si sottrae alle difficoltà e alla fatica, vince 4 game di fila e recupera tutto il ritardo, tirando fuori alcune magie di livello assoluto – tweener, smorzate e recuperi in corsa vincenti –. Zvonareva, presa dalla frustrazione, commette qualche errore e non può nulla di fronte all’improvviso cambio di passo dell’avversaria. Dopo un’ora e un quarto Jabeur fa suo il primo set per 7-5.
L’inizio di secondo parziale vede dominare chi si trova in risposta, con quattro break consecutivi messi a segno. Entrambe le giocatrici commettono errori anche banali, provate dalla fatica del primo set e dalla grande umidità di Ningbo. La prima a tenere il proprio turno di servizio è Jabeur nel quinto gioco, a cui risponde subito la russa. Sul 3-3, Zvonareva si procura due palle break annullate con due numeri clamorosi dalla tunisina: ace di seconda e vincente di dritto incrociato con entrambi i piedi nel corridoio. L’equilibrio, però, non dura molto: Jabeur incappa in un pessimo game alla battuta e subisce un break a 15, che manda la russa a servire per il set sul 5-4. Zvonareva, a differenza del primo parziale, è cinica e chiude alla prima chance dopo quasi un’altra ora di gioco.
Inizio di terzo set che sorride a Ons Jabeur: dopo aver superato il momento di appannaggio fisico e tecnico della fine del precedente parziale, innesta una marcia superiore, che le consente di trovare con grande continuità soluzioni vincenti e prendere il largo nel punteggio (5-0). Sotto di due break, Zvonareva riesce a muovere il punteggio, nonostante i vistosi fastidi alla spalla sul servizio. Jabuer chiude 6-1 dopo due ore e trentasei minuti di autentica battaglia.
GLI ALTRI MATCH – Non si è salvata, invece, la numero 2 del tabellone Petra Kvitova che, dopo aver raggiunto i quarti di finale grazie al forfait di Putintseva, ha ceduto in tre set e due ore di gioco alla 19enne russa Shnaider. La ceca si era ripresa dopo un primo set da dimenticare (1-6), aggiudicandosi il secondo parziale per 6-4 grazie soprattutto a una buona resa in fase di risposta con tre break messi a segno. Nel terzo, però, la numero 14 del mondo non è stata sufficientemente cinica e non è riuscita a sfruttare il momento di maggiore difficoltà dell’avversaria in avvio di set. Shnaider ha salvato tre palle break nel suo primo turno di battuta e un’altra sul 2-3, prima di brekkare a zero nel game successivo e involarsi così verso la vittoria (6-3). La 2004 russa disputerà contro Fruhvirtova (un’altra giocatrice ceca) la sua seconda semifinale nel circuito maggiore, dopo quella persa ad Amburgo in estate contro Noha Akugue. Intanto, si è già assicurata un nuovo best ranking: ora è virtualmente numero 70 del mondo (il precedente miglior piazzamento era n. 83).
L’ultimo quarto di finale del Ningbo Open ha visto infine la vittoria in due set di Nadia Podoroska su Katerina Siniakova. L’argentina ha prevalso con un doppio 6-1 in un match caratterizzato dall’abbondanza di palle break: la ceca ne ha concesse ben 17 (solo in un turno di battuta ne è rimasta del tutto immune) perdendo il servizio cinque volte, mentre Podoroska si è salvata in tutte e cinque le occasioni fornite all’avversaria. Il punteggio ha così assunto una forma anche più severa rispetto a quanto si sia effettivamente visto in campo, sebbene la numero 90 del mondo abbia ampiamente legittimato il successo. Sarà quindi lei l’avversaria di Jabeur nella semifinale della parte alta del tabellone. Nadia proverà a ribaltare i pronostici per accedere a quella che sarebbe la sua prima finale nel circuito dopo tre semifinali perse. (Andrea Mastronuzzi)
ATP
ATP Pechino: De Minaur vince annullando tre match point a Murray. Al secondo turno anche Etcheverry e Davidovich
Vittoria sofferta ma importante anche in ottica Race per De Minaur che si conferma bestia nera di Sir Andy

Dopo cinque match (tra cui quelli dei nostri Arnaldi e Sonego) si è conclusa la prima giornata di gioco – per quanto riguarda il tabellone principale – al China Open di Pechino. Non sono scese in campo teste di serie ma c’è stato comunque spazio per incontri e risultati interessanti. In particolare, a chiudere il day 1 è stata la sfida tra De Minaur e Murray, uno dei tanti primi turni prestigiosi apparecchiati dal sorteggio (tra gli altri, indubbiamente, Rune-Aliassime, Rublev-Norrie e Medvedev-Paul). Ad avere la meglio è stato l’australiano: a differenza delle ultime due sfide con lo scozzese (entrambe dominate: 6-3 6-1 al Queen’s e 6-1 6-3 a Montecarlo), però, questa volta Alex ha faticato non poco ed è stato costretto ad annullare ben tre match point. Nel parziale decisivo, Murray era infatti avanti 5-2 e sembrava in controllo, ma all’improvviso ha perso le misure del campo con il dritto e non è riuscito a contenere il nervosismo.
Oltre alla vittoria di Arnaldi su Wolf e alla sconfitta di Sonego con Humbert, si registrano poi le vittorie secondo classifica di Etcheverry su Harris e di Davidovich-Fokina sulla wild card cinese Zhou.
A. De Minaur b. A. Murray 6-3 5-7 7-6 (6)
Forte delle ultime nette vittorie ottenute ai danni dello scozzese, De Minaur ha avuto un avvio decisamente migliore, tenendo a zero tre dei suoi primi quattro turni di battuta e soprattutto brekkando l’avversario alla prima occasione utile. Nel secondo game, l’australiano si è infatti portato sullo 0-40 imponendo un ritmo martellante e, nonostante la rimonta di Murray, è comunque riuscito a strappargli il servizio approfittando di un suo errore in avanzamento e poi trovando grande profondità in risposta. A tratti, l’ex numero 1 del mondo è apparso impotente al cospetto dell’ottima prova di De Minaur, manifestando con una serie di urlacci tutta la sua frustrazione. Andy non si è mai avvicinato al controbreak e ha concluso il parziale con soli quattro punti racimolati nei game di risposta. Dopo 35 minuti, Alex ha quindi fatto suo il set per 6-3.
Qualcosa è poi cambiato sin dai primi punti del secondo parziale: Murray ha cercato di essere più propositivo, mentre l’australiano ha gradualmente perso un po’ di certezze. Il numero 12 del mondo ha sbagliato un rovescio a campo spalancato che gli avrebbe fornito una palla break sull’1-1 e poi ha pagato dazio subendo il break nel sesto gioco. Se in questa occasione il britannico è stato bravo ad aspettare l’errore dell’avversario, non si può dire altrettanto per il game successivo quando Andy ha commesso troppi gratuiti di dritto (accompagnando ogni errore con un lancio di racchetta) e ha quindi regalato l’immediato controbreak. Sembrava quindi che il pallino del match fosse tornato in mano all’australiano ma da quel momento la qualità del match si è notevolmente alzata, aprendosi a qualsiasi possibile esito. De Minaur ha avuto l’occasione per salire 6-5 e servizio: Murray l’ha prontamente annullata e ha poi piazzato un game di risposta sullo stile della sua epoca d’ora, prendendosi break e set.
Il livello di gioco è rimasto alto anche in apertura di parziale decisivo. Il primo ad avere palla break è stato De Minaur nel game inaugurale ma Andy si è affidato al servizio. A segnare la svolta è stato invece il quarto gioco in cui l’ex numero 1 del mondo ha confermato di aver ritrovato fiducia nel suo dritto con un paio di vincenti e altre soluzioni angolate che gli hanno permesso di neutralizzare le tre occasioni avute dall’avversario per tenere il servizio e di brekkare. Murray ha poi amministrato il vantaggio con sicurezza fino al 5-2 quando ha avuto due match point per chiudere i conti già in risposta. Il numero 12 del mondo li ha annullati con grande carattere e dopo pochi minuti ha approfittato di un turno di battuta disastroso da parte dello scozzese, tornato falloso con il dritto. L’incontro ha quindi avuto il suo epilogo al tie-break, dove Sir Andy ha continuato ad avere problemi con il dritto, sprecando con questo colpo il suo terzo match point e poi sbagliando nuovamente anche sulla prima chance in mano a De Minaur. Dopo 2 ore e 50 minuti di gioco, l’australiano ha quindi messo la parola fine su un match ricco di colpi di scena. Alex, che conquista punti importanti per la Race (dove ora è undicesimo), aspetta ora il vincente del big match Paul-Medvedev.
GLI ALTRI MATCH – Di appena due minuti più lungo rispetto a De Minaur-Murray, è stato l’incontro tra l’argentino Etcheverry e il qualificato sudafricano Harris. Nonostante la superficie sfavorevole, il numero 31 del mondo è comunque riuscito a rispettare il pronostico, sebbene non si siano certo viste le 118 posizioni di differenza tra i due nel ranking. I primi due parziali sono stati dominati dai servizi, con percentuali bulgare di realizzazione per entrambi (il dato più basso è stato il 56% di punti ottenuti con la seconda da Harris nel secondo set). Sono stati quindi i tie-break a deciderli: il primo è stato appannaggio di Harris che poi, però, ha compromesso l’esito del secondo giocando male i primi punti in battuta tanto da ritrovarsi rapidamente sotto 2-5. Il rendimento al servizio del sudafricano è calato ulteriormente nel parziale decisivo: Etcheverry si è sempre fatto trovare pronto sulle seconde dell’avversario e, dopo essere andato vicino al break già sul 2-1, ha piazzato l’allungo decisivo nel sesto game. L’argentino ha poi annullato una palla del controbreak e infine ha chiuso dopo quasi tre ore sul 6-3. Il giocatore di La Plata, che si trova virtualmente in posizione da nuovo best ranking (n. 28), affronterà Ruud o Struff al secondo turno.
Nell’altro match di giornata lo spagnolo Davidovich-Fokina non ha avuto problemi a superare la wild card di casa Yi Zhou, numero 905 del mondo al secondo main draw ATP dopo aver esordito la scorsa settimana a Zhuhai (anche lì grazie a una wild card e uscendo sconfitto in tre set da Garin). Non c’è stata storia in particolare nel primo parziale, archiviato da Davidovich con il punteggio di 6-2 in soli 25 minuti e con appena due punti persi al servizio. Il cinese ha lottato di più nel secondo ma l’esito è stato comunque identico. Il prossimo avversario dello spagnolo uscirà dall’incontro tra Zverev e Schwartzman.