Luca Vanni, dal pane duro dei Challenger alla prima finale ATP, per amore del tennis

Personaggi

Luca Vanni, dal pane duro dei Challenger alla prima finale ATP, per amore del tennis

Pubblicato

il

 

Dopo una vita passata a sopravvivere nella giungla di Futures e Challenger, Luca Vanni centra una finale ATP (contro Cuevas, ore 19 diretta Supertennis) frutto di orgoglio, fame, voglia di farcela. E non è ancora sazio.

Qualunque sport di squadra seguiate, calcio, basket, pallavolo o altro, avete una squadra della vostra città alla quale è impossibile restare indifferenti. Prendiamo il calcio. Se non vivete in una metropoli ma in una città di dimensioni modeste, difficilmente avrete grandi soddisfazioni dalla squadra della vostra città. E allora già da bambini tifate per un grande club, la Juve, il Milan o l’Inter, ma un occhio a cosa ha fatto in Lega Pro o anche più giù la squadra che gioca dove vivete non potete non darlo, sperando ogni domenica che prima o poi l’anno di gloria, l’anno della classe operaia che va in paradiso arrivi. È successo persino a un paese di cinquemila anime, il Castel di Sangro dei miracoli, che per due stagioni consecutive (1996-97 e 1997-98) visse l’ebbrezza della serie B. Addirittura in B con cinquemila abitanti! Ma anche altre squadre grandi, o per meglio dire piccole come la vostra città, il Piacenza, il Novara, il Carpi, il Monza, hanno avuto il loro anno. Lo sta vivendo quest’anno la città di Chiavari, i cui cuori palpitano ogni sabato pomeriggio per la Virtus Entella. Addirittura il Carpi è in testa alla classifica della serie cadetta e spera nel miracolo della A. L’anno scorso il Lanciano ha cullato a lungo quel sogno, che è rimasto tale ma comunque si gode anni di serie B, tanta roba per trentacinquemila abitanti. Prima o poi, almeno il privilegio della serie B, capita a tutti. No, la vostra squadra no. Anni e anni di speranze disilluse, un girone d’andata da leoni e poi un inesorabile calo, fino a spegnersi sul più bello, a un passo dall’agognata promozione, magari nell’atroce e cinico tritacarne dei play-off. Ecco, quella squadra è, anzi era, Luca Vanni da Castel del Piano, Arezzo, detto Lucone, per via dei suoi 198 cm di statura. Il ragazzone che continuava, tenace e testardo come un mulo, a sperare di qualificarsi per il tabellone principale di un torneo ATP, fermandosi sempre a un passo dalla meta.

Classe 1985, il tennista toscano ha raggiunto la prima finale Challenger della carriera solo lo scorso 20 Luglio a Kaohsiung, Taiwan, perdendo dal cinese di Taipei Yen-Hsun Lu. Anzi, fino a 6-7 anni fa giocava ancora i tornei Open di provincia con 5000 euro di montepremi, tornei che a un appassionato con una classifica da circolo capita frequentemente di seguire dal vivo. Anno dopo anno, Luca è andato avanti imperterrito. Una carriera a pane e Challenger, con gli avversari di sempre che, prima o poi, la soddisfazione di una comparsata sul tabellone principale di un torneo ATP riuscivano a togliersela. E lui a ripetersi, cocciuto e riluttante alla realtà dei fatti: “Prima o poi toccherà anche a me!”. Invece no, niente. Passano gli anni e Lucone è sempre lì, a scannarsi per una cinquina di posizioni in più nel ranking, il minimo per poter continuare a coltivare a tempo pieno la sua passione, senza essere costretto, non più giovanissimo, a dire basta, abbandono questo mondo e mi cerco un lavoro vero.

No, questo mondo era, è il suo mondo. E allora avanti con questi dannati Challenger, con questo pane raffermo, durissimo e insapore, del quale però non può fare a meno. Se ne deve nutrire, non può stare senza. Con questa tempra, con questa totale dipendenza dal tennis di accampamento, l’aretino incontrava gli avversari di sempre che gli raccontavano di “quella volta nel main draw di un ATP quando ho anche passato il primo turno”, poi, uno dopo l’altro, non li vedeva più. Prima o poi tutti venivano fagocitati dal mostro del bilancio del professionista fuori dai primi 200 del mondo: “è più quello che guadagno o quello che spendo? Viaggio da una parte all’altra del mondo ma il salto decisivo verso la consacrazione non lo faccio mai. E allora sai che c’è? Basta! È stato bello, ho avuto la fortuna di vivere fino ad ora della mia passione, ma tutto ha un limite. Non posso continuare così in eterno. Cambio vita e mi metto il cuore in pace”. Fagocitati dal tennis pro. Luca no. Luca è quello che se lo mangia lui il tennis, perché la passione, quando è totale e incondizionata, non ha limiti. Vado avanti, prima o poi arriverò anch’io.

Ha avuto ragione lui. Quando, sulla soglia dei 30 anni, gli avversari di sempre sono a fare l’allenatore di qualche ragazzino promettente, il maestro del circolo di prestigio, oppure tutt’altro, il bancario o il rappresentante di cosmetici, Lucone è sul suo Everest. Il 2015 lo consacra: prima il debutto assoluto ATP a Chennai, sconfitto dal lituano Berankis in tre set, poi la conferma a Quito, dove perde dal serbo Lajovic. E finalmente San Paolo, con la prima vittoria nel circuito maggiore contro l’olandese De Bakker. Poi, male che vada, tornerà al pane raffermo, del resto è la sua vita. Passare dal pane duro al prosciutto di Parma (non parliamo di Caviale Beluga, non allarghiamoci troppo, Lucone è uno con la zucca sulle spalle) può dare alla testa, tanto vale godersela per quello che è, la degna coronazione di una carriera da gregario che un giorno si è concesso una fuga solitaria prima di tornare inghiottito dal gruppo.

No. Luca Vanni da Castel del Piano non è così. È arrivato al main draw con la pazienza di una formichina e la tenacia di un titano, ma ora che la tavola è imbandita lui non si accontenta più di nutrirsi, lui ora vuole godere. Vuole uscire dalla sala del banchetto brasiliano con la pancia piena e il palato deliziato da pietanze che probabilmente non gusterà più. Sa che forse questa è l’unica possibilità del destino, che l’ha baciato sulla fronte con il forfeit della testa di serie n.1 Feliciano Lopez e il conseguente bye di cui usufruisce collocandosi al suo posto. Alla vittoria contro De Bakker fanno seguito quella contro Lajovic, che sa di fresca vendetta dopo Quito, e la battaglia campale di ieri contro Joao Souza. Il banchetto è apparecchiato a casa del nemico, Souza e il pubblico trasformano la partita in una guerra di trincea, per uscirne vivo ci vorrebbe uno abituato a pane e Challenger, uno alla Luca Vanni per intenderci…

Come un innamorato che ha occhi solo per lei, la sua amata, Luca insiste incurante di tutto e tutti. E alla fine, non a caso nel giorno di San Valentino, centra la sua prima finale ATP. Con l’appetito che, si sa, vien mangiando, tutt’altro che sazio davanti alla portata finale. Il match contro l’uruguagio Pablo Cuevas è in programma alle 16 locali, le 19 italiane, diretta Supertennis. Se Lucone riesce nell’impresa, raggiunge le vertigini del numero 80 del mondo, ma già con la finale sarà numero 107, che significa 3 posizioni dietro l’ingresso immediato negli Slam.

Cibo, amore, tennis, guerra: cose ben differenti l’uno dall’altro. Anche se su questo, Luca Vanni da Castel del Piano avrebbe qualcosa da ridire …

 

 

Ecco il video postato su Instagram dove, con un inglese un po’ troppo stentato (del resto nella giungla dei Futures e nella trincee dei Challenger quello è l’ultimo dei problemi…) ringrazia i suoi fan, contento e incredulo della settimana in paradiso che sta vivendo. “Ho giocato la mia terza partita ATP e domani (oggi, ndr) giocherò la mia prima finale ATP. Ho ricevuto più di 200 messaggi, è incredibile!”

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement