Nei dintorni di Djokovic a Wimbledon: essere Novak. Nole si racconta

Nei dintorni di Djokovic

Nei dintorni di Djokovic a Wimbledon: essere Novak. Nole si racconta

Poco prima della clamorosa sconfitta contro Querrey, Novak Djokovic a Wimbledon ha concesso un’intervista ad un sito serbo. L’abbiamo tradotta per far conoscere ai lettori di Ubitennis qualche aspetto meno noto del n. 1 del tennis mondiale

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Al termine di un allenamento su uno dei campi in erba dell’Aorangi Park di Wimbledon, qualche giorno prima che Sam Querry mettesse fine al suo sogno di conquistare il Grande Slam, Novak Djokovic ha concesso un’intervista in esclusiva al sito serbo b92. Si tratta di un’intervista un po’ diversa dalle solite, in cui il 29enne fuoriclasse di Belgrado parla di alcuni aspetti della sua vita al di fuori del campo da gioco e in particolare del suo approccio alla vita stessa. Eccone la traduzione per i lettori di Ubitennis.

Gli orari di Djokovic, specialmente durante un torneo, sono fissati in maniera molto rigida, ma anche al di fuori dei tornei la sua vita di tennista è piena di impegni. Tuttavia Novak talvolta si concede uno “stacco” da tutto, e allora abbiamo iniziato con la domanda su quale sia stato il periodo più lungo negli ultimi 5-6 anni in cui non ha preso in mano la racchetta.
“È stato nel 2011, mi sono preso una pausa dopo la semifinale di Coppa Davis contro l’Argentina. Mi ero infortunato agli US Open, sono riuscito a portarli a termine, ma poi a Belgrado ho peggiorato la situazione e di certo per 5 settimane non ho toccato la racchetta a causa del infortunio muscolare. Se parliamo invece di riposo, sono stato fermo anche due settimane, in genere a fine stagione – mentre nel corso dell’anno nel periodo estivo mi prendo una pausa di 10-12 giorni. Sono uno dei pochi giocatori a riposare così tanto, ho il minor numero di tornei giocati,  ma considerato i risultati che ottengo nei tornei maggiori, mi concedo il lusso di riposare, anche perché credo che sia molto importante per allungare la carriera”. (Ndr: dal 2011 – l’anno in cui è diventato per la prima volta n. 1 al mondo – Djokovic non ha mai giocato più di 17 tornei in un anno, mentre nei 5 anni precedenti aveva giocato non meno di 19 tornei a stagione).

La vita quotidiana è spesso protagonista dei nostri sogni, dove i nostri pensieri prendono forme inconsuete. Il tennis è una grande parte della vita di Djokovic ed è logico, quindi, che sia presente anche quanto dorme.
“Ci sono stati molti sogni, grandiosi e bellissimi, in cui mi sono immaginato con i più grandi trofei, in particolare con quello del Roland Garros, e quel sogno si è realizzato. Ho solo dei flash, qualche frammento – come se il sogno fosse disegnato, ma uno si ricorda solo di alcuni piccoli pezzi. Lo ammetto, ci sono stati anche degli incubi, ma quelli li tengo per me”.

Djokovic è ora a quota 12 trofei del Grande Slam, senza dubbio uno dei maggiori tennisti di tutti i tempi, ma i trofei vinti non saranno l’unica cosa che rimarrà impressa del tennista serbo. Come Kobe Bryant nell’NBA, Novak ha fissato dei nuovi standard di professionalità, molti sostengono che sia riuscito a far sì che il lavorare duro sia qualcosa di ‘cool’ che agli altri pesa, e questo non era riuscito a chi lo aveva preceduto come modello sportivo di riferimento.
“Più che essere ‘cool’, penso sia inevitabile e necessario essere estremamente professionale e concentrato se vuoi raggiungere i più alti obiettivi negli  sport più impegnativi. Questa è adesso la realtà e la quotidianità – campo, palestra, sviluppare le capacità psico-fisiche, formare il carattere, lavorare sulla propria spiritualità, maturare sotto tutti i punti di vista… In poche parole, devi essere una persona completa per riuscire a realizzare completamente il tuo potenziale, qualunque esso sia”.

Djokovic ha giocato 20 finali Slam, eppure c’è la sensazione che sia comunque più teso quando scende in campo per la Serbia, in Coppa Davis o alle Olimpiadi, come se avesse a che fare con un altro tipo di pressione.
“È la verità, la sensazione è diversa, anche se ho molta esperienza e, grazie a Dio, ho vissuto i più grandi match che un tennista può vivere. Dall’altra parte, sono sensazioni particolari quelle che provi quando rappresenti il tuo paese, in special modo davanti al tuo pubblico – molti pensieri positivi sono rivolti verso di me, ma anche molto nervosismo e tensione, perché c’è tanto in gioco per tutti, me compreso. C’è anche il fatto che c’è un selezionatore, a cui non sono abituato, ed i compagni di squadra che mi sostengono – probabilmente vivere tutto questo mi crea una tensione aggiuntiva. Ma che alla fine è una cosa normale perché la posta in gioco è più grande, non giochi solo per te stesso”.

Dopo ogni grande vittoria Djokovic ringrazia sempre la sua famiglia e il suo team, soprattutto per averlo “sopportato” nei giorni precedenti. Gli abbiamo chiesto – e lui ha risposto sorridendo – che cosa fa loro.
“Probabilmente non è il momento per entrare nei dettagli, ma essenzialmente tollerano i miei ritmi quotidiani e le mie abitudini, cose che mi servono per prepararmi al meglio. Loro sono qua per darmi sostegno ed è una cosa che significa molto per me – sarebbe doppiamente difficile senza di loro. Anche se in campo sono da solo, loro si occupano di tutte le altre cose che mi circondano – gli orari di quando mangio e cosa mangio, la preparazione delle racchette, il recupero, la preparazione mentale… Assolutamente di tutto, si occupano del più piccolo dettaglio per consentirci di raggiungere l’obiettivo insieme”.

Nei momenti più difficili in campo, non è raro che Novak guardi il cielo – nella finale degli Australian Open 2012 (quella vinta 7-5 al quinto contro Nadal dopo quasi sei ore di gioco, ndr) si rivolse a Dio con le parole “još samo jedan” (in serbo “solo ancora uno”, ndr) e anche nell’ultimo Roland Garros ci sono stati diversi momenti di comunicazione con il potere superiore.
“Si tratta di una cosa molto soggettiva, ognuno ha il suo modo per cercare di concentrarsi – c’è chi lo fa pregando, chi semplicemente attraverso  una respirazione corretta  o pensando a delle situazioni della vita che gli portano tranquillità ed energia positiva. Non ho un’unica cosa specifica sulla quale mi focalizzo quando chiudo gli occhi, ce ne sono diverse, ma essenzialmente si tratta del respiro e del cercare di portare tutti i pensieri sul momento presente. L’Universo funziona in modo tale che si apre completamente e fornisce il suo sostegno ad una mente tranquilla, allora cerco di essere grato per questo momento e prego per la presenza di tutte le energie che ci pervadono”.

Sulla scia di questa domanda siamo arrivati al tema successivo – la meditazione, che ha il suo posto nello stile di vita del n. 1 del mondo. I pensieri negativi nei vari ambiti della vita cercando ogni giorno di destabilizzarci, ma la chiave sta nel modo in cui li affrontiamo. E Djokovic in questo si distingue dai suoi colleghi.
“Come ogni persona, passo attraverso degli alti e bassi e ogni giorno ho dei pensieri che non mi piacciono e che mi danneggiano, più che essermi utili. Posso dirvi quello che funziona per me – non cerco di rimuovere questi pensieri e queste emozioni, cerco invece di accettarli, di trovare il modo per affrontarli e trovare la soluzione per poter indirizzare tutta questa energia a mio vantaggio. Questa è una spiegazione un po’ semplice, ma, ripeto, ognuno lo fa a modo suo. Qualche volta può sembrare innaturale, in certe situazioni, ripetere a te stesso affermazioni positive o dire delle parole positive , ma si tratta di qualcosa che aiuta molto, perché il mondo delle energie intorno a noi funziona in questo modo – tutti noi abbiamo un campo elettromagnetico e quello che emani, quello ricevi indietro. Per questo mi sforzo sempre di essere sereno e che lo siano le persone che mi stanno attorno, le notizie che leggo, le situazioni in cui mi trovo… Quando sei attorniato da questa energia e organizzi in questo modo la tua vita, allora ottieni risultati positivi”.

Come ultima cosa abbiamo chiesto a Djokovic un messaggio per tutti i suoi tifosi in Serbia.
“Mando loro tanto amore e un grande saluto. Non dimenticherò mai quello che la gente in Serbia ha organizzato per me nel 2011, la festa di bentornato dopo la vittoria di Wimbledon, quando sono diventato n. 1 al mondo. L’ho detto quella volta e lo ripeto ora che sarò eternamente grato a quel popolo per un evento così bello e una giornata indimenticabile – mando loro amore e energia positiva affinché li accompagnino nelle loro vite”.

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