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Katerina Siniakova, ventenne promessa russo-ceca
A Båstad ha raggiunto la prima finale WTA in carriera Katerina Siniakova. Dopo le affermazioni delle giocatrici nate nel 1997 anche la generazione del 1996 cerca di farsi spazio

Nei mesi scorsi ho parlato di tre teenager di grandi prospettive nate nel 1997 come Belinda Bencic, Jelena Ostapenko e Daria Kasatkina. A loro promette di aggiungersi Ana Konjuh, su cui conto di tornare prossimamente. Ma nella passata settimana é approdata per la prima volta nella finale di un torneo WTA un’altra promessa, con appena un anno in più: Katerina Siniakova.
A Båstad, tra qualificazioni e tabellone principale, Siniakova è riuscita a mettere in fila sei vittorie consecutive (fra cui Cepelova, Schmiedlova, Errani e Larsson), e ha perso contro Laura Siegemund solo in finale. Ma non è la prima volta che Katerina si fa notare nel circuito WTA; prima dell’impresa svedese segnalerei almeno tre momenti importanti della sua carriera professionistica: il torneo di Miami 2013, quello di Mosca 2014 e il recentissimo Wimbledon 2016.
Ma procediamo con ordine. Katerina Siniakova è nata nella Repubblica Ceca, a Hradec Kralove (la stessa città di Tereza Smitkova), il 10 maggio 1996. Significa quindi che ha appena compiuto 20 anni.
La madre è ceca, il padre russo; Katerina è la primogenita con un fratello più piccolo di sette anni, anche lui grande promessa nel tennis: si chiama Daniel (è nato nel gennaio 2003) ed è arrivato al secondo posto nelle classifiche di categoria nazionali. A dare retta a quanto ha raccontato la stessa Siniakova in una intervista, c’è chi dice che abbia addirittura più talento di lei; chissà che in futuro non costituiscano un forte doppio misto. Di sicuro, oltre alla predisposizione per il gioco, con la sorella ha in comune una gran quantità di capelli biondi. Ecco Daniel a undici anni:
Katerina comincia a giocare a cinque anni, e cresce avendo come idolo Maria Sharapova; del resto è anche “per metà” russa. Non ci vuole molto perché metta in mostra le sue qualità: miglior giocatrice nazionale nel 2009 (nella fascia di età), a 14 anni è reclutata dallo Sparta Praga. Inizia un periodo in cui fa la pendolare tra Hradec Kralove e la capitale, sempre accompagnata dal papà Dmitri, che la segue ancora oggi: passa due-tre giorni della settimana a Praga, dove il padre ha comprato un appartamento, e gli altri in famiglia.
Nel nuovo Club può veder giocare tenniste affermate come Iveta Benesova e Nicole Vaidisova, e maestri e compagne di livello superiore. Vince la medaglia d’argento agli Europei di categoria, e comincia a rappresentare la Repubblica Ceca nella manifestazioni a squadre internazionali.
È l’inizio della classica vita da giovanissima globetrotter del tennis, nell’età in cui si cercano di conciliare i tornei in patria e all’estero con lo studio: nel suo caso una scuola superiore a indirizzo linguistico.
Nel maggio 2012, pur non essendo testa di serie, vince il trofeo Bonfiglio, (nell’anno in cui tra i maschi si impone Gianluigi Quinzi), e da lì in poi infila una serie di ottimi risultati: se prima del successo italiano era solo numero 42 del ranking junior, a fine anno è numero 2 del mondo. Perde da Anna Karolina Schmiedlova nei quarti del Roland Garros, e da Ana Konjuh nella finale dell’Eddie Herr International.
Konjuh (di un anno e mezzo più giovane) si rivelerà per lei un ostacolo insormontabile, visto che la sconfigge ancora in due finali di grande prestigio: Orange Bowl 2012 e Australian Open 2013. E malgrado i tentativi del 2013 concluderà la carriera junior senza un titolo Slam in singolare. In compenso si dimostra una doppista di qualità straordinaria, visto che in coppia con Barbora Krejcikova vince addirittura tre Major consecutivi: Roland Garros, Wimbledon e US Open 2013.
Ma il 2013 è anche la stagione nella quale comincia a impegnarsi stabilmente tra le professioniste, nei tornei ITF: a gennaio è ancora oltre il millesimo posto, a dicembre arriva addirittura al n° 211 WTA. Una progressione formidabile, con l’acuto a Miami in marzo, quando riceve una wild card per le qualificazioni del suo primo torneo WTA in assoluto, e sconfigge una top 100 e una top 130 per accedere al tabellone principale. In quel momento è numero 821 del mondo, eppure perde solo in tre set contro Garbiñe Muguruza: 6-2, 3-6, 6-4.
Nel 2014 si dà l’obiettivo di entrare tra le prime 100 e lo centra in pieno: chiuderà, grazie anche alla semifinale raggiunta a Mosca, al numero 74. Nel torneo russo, partita dalle qualificazioni, supera nel tabellone principale Vesnina, Mladenovic e Giorgi prima di perdere dalla futura vincitrice Pavlyuchenkova.
Ormai Siniakova è diventato un nome conosciuto, così come il suo modo di giocare. Lei si definisce una tennista a tutto campo ed effettivamente si trova piuttosto a suo agio in ogni ambito di gioco: sa fare abbastanza bene tutto, anche se probabilmente non eccelle in nessun colpo.
Dicendo questo non sono sicuro di farle un complimento, considerando come funziona il tennis contemporaneo: possedere un “colpo killer”, una soluzione ad alta efficacia che consenta di ottenere punti facili, compensa ampiamente eventuali mancanze in altri ambiti che oggi sono diventati secondari.
Invece Siniakova se la cava ovunque: sa giocare il rovescio in top (bimane) come quello slice staccando la mano, e dalla parte del dritto oltre all’usuale colpo coperto a volte utilizza quello choppato. Possiede i drop-shot sia di dritto che di rovescio, e di volo vale sicuramente più della maggior parte delle coetanee; infine serve discretamente, con una buona precisione, e una velocità massima che supera i 170 orari.
Rispetto alle giocatrici di primissimo livello al momento difetta di potenza nei colpi base. A mio avviso per due motivi: in parte per ragioni fisiche, in parte a causa di una qualità di esecuzione non sempre impeccabile. A volte ho la sensazione che non riesca a canalizzare sulla palla tutta l’energia che sembra mettere nell’esecuzione del colpo, che si disperde in un movimento un po’ arruffato.
Per il deficit di potenza ricorda Radwanska, un’altra giocatrice che quando vuole accelerare è costretta a buttarsi a corpo morto sulla palla, nel tentativo di ricavare quel qualcosa in più di velocità che altrimenti le manca.
Ma Siniakova è ancora molto giovane e bisogna riconoscere che sta sforzandosi di affinare la tecnica. Se ad esempio si guardano le foto da giovanissima si nota come abbia modificato la presa del dritto; e da quando è diventata professionista personalmente ricordo almeno tre diverse varianti della fase di caricamento del servizio.
In compenso Katerina si muove bene: rapida e leggera, oltre che resistente. Questo fa di lei un’abile giocatrice di contenimento, in grado di appoggiarsi alla potenza dell’avversaria e sfruttarla a proprio vantaggio. Una dote emersa chiaramente, per esempio, in occasione della vittoria di Mosca 2014 contro Camila Giorgi (match indoor, che forse molti ricorderanno per il disturbo derivato da una cerimonia tenuta in contemporanea a volume altissimo).
Ma a mio avviso l’aspetto che rende particolarmente interessante Siniakova è il carattere: battagliero e grintoso, ma anche estroverso e mutevole. Tutto questo fa sì che spesso i suoi match prendano una piega quasi teatrale: è difficile rimanere indifferenti al suo modo di stare in campo. La ricordo arrivare alle lacrime a Bad Gastein, di fronte a un’avversaria come Sara Errani che le teneva testa in scambi lunghi e lottatissimi, sino a procurarle un misto di rabbia e frustrazione. O un’altra volta a Roma, inquadrata quasi piangente a un cambio campo, trasformare in un sorriso la sua espressione nel momento in cui si era accorta che la sua immagine stava andando in primo piano.
In Siniakova però l’atteggiamento merita di essere sottolineato perché non è fine a se stesso: è parte integrante del suo modo di concepire il tennis. Se dovessi provare a spiegarlo in poche parole, direi questo: con lei in campo, il tennis mostra di essere ancora un gioco, e non solo uno sport. Di fronte a chi prova a ridurlo a una disciplina estremamente fisica, basata sulla potenza e la standardizzazione tattica, Katerina rimane una “giocatrice”, cioè qualcuna che cerca di sorprendere le avversarie con soluzioni inedite, che è capace di inserire un dritto choppato nello scambio per cambiare ritmo, o che considera il campo come un luogo nel quale provare a costruire geometrie insolite. E che dà sempre l’impressione di “pensare” alla scelta del colpo che sta per eseguire. Insomma: tutto il contrario del tennis come attività basata sulla ripetitività e la normalizzazione.
Forse la giocatrice in attività che le assomiglia di più è la connazionale Barbora Strycova: anche lei con un deficit di potenza, colmato grazie alla volontà caratteriale e alla creatività tattica.
Questa capacità di interpretare il tennis in modo personale emerge forse ancora più chiaramente nel doppio. Per una ragione comprensibile: con un campo più grande e con quattro attori in campo, le variabili e le soluzioni aumentano ulteriormente. Naturalmente per chi ha la capacità di immaginarle e metterle in atto.
Anche così si spiegano i tre titoli Slam da junior o le sue vittorie contro coppie fortissime come Makarova/Vesnina a Mosca e Hingis/Mirza al recente Roland Garros.
Da questi highlights si può apprezzare il modo creativo di interpretare il doppio di Siniakova/Krunic:
https://youtu.be/nLVORczMxng
A fine 2014, dopo la semifinale di Mosca, e ad appena 18 anni, Siniakova appare una giocatrice in rampa di lancio. Con un team consolidato (composto dal padre come coach sempre al seguito, che le fa anche da manager, e da due hitting partner, Vladimir Vojelnik and Daniel Filjo, che la seguono alternativamente) a cui aggiunge in dicembre la consulenza di una grande ex giocatrice come Helena Sukova.
Grazie ai progressi nel ranking può cominciare a pianificare la stagione riducendo i tornei e con la possibilità di prendere parte agli Slam senza dover affrontare le qualificazioni. E nel maggio 2015, completa il ciclo di studi superiori diplomandosi, e può quindi dedicarsi esclusivamente al tennis.
A Birmingham, in giugno, batte per la prima volta una top 15 (la numero 14 Petkovic), e approda ai quarti di finale del torneo. In luglio raggiunge il best ranking (numero 65), e si appresta ad affrontare la stagione sul cemento americano. Ma nel torneo immediatamente precedente, a Bad Gastein, si infortuna alla caviglia.
Deve fermarsi fino agli US Open, dove decide di rientrare, forse affrettatamente. Perde al primo turno contro Radwanska e si accorge di avere probabilmente sottovalutato la gravità della lesione subita. Non riesce più a recuperare la forma per l’ultima parte della stagione WTA e dunque non è nemmeno in grado di difendere i tanti punti del torneo Premier di Mosca dell’anno precedente.
Sono le difficoltà che prima o poi capitano a tutte le giocatrici: la luna di miele con la professione è finita, non è sempre possibile continuare a progredire, e gli infortuni diventano un problema con il quale si deve imparare a convivere. La classifica peggiora (fuori dalle prime cento), e torna lo spettro delle qualificazioni per i tornei più importanti.
Nel 2016 le occorrono alcuni mesi per recuperare la forma e la convinzione dei momenti migliori. Torna anche a disputare qualche ITF, che erano stati la sua forza nel 2013, quando aveva scalato 800 posizioni in una sola stagione.
La svolta arriva in maggio: vince l’ITF di Trnava battendo tre top 100 e poi supera le qualificazioni del Roland Garros. Nel tabellone principale ha la sfortuna di incontrare subito Carla Suarez Navarro (che la batte in tre set), ma la condizione sta tornando. Rientra per un soffio nell’entry list di Wimbledon e sfrutta l’occasione al meglio raggiungendo il terzo turno; dopo aver battuto Parmentier e Garcia si ferma contro Radwanska.
Come sempre dopo che una giovanissima emerge in un torneo come è accaduto a Båstad, ci si interroga sulle possibilità future. Per parte sua, sin da ragazzina, come risposta a quale fosse il proprio desiderio di tennista, Katerina ha sempre detto “il numero uno del mondo”. Mi pare un obiettivo molto lontano da raggiungere, tenendo conto delle caratteristiche fisico-tecniche di cui dispone, e di come funziona il tennis contemporaneo.
Visto che non può pensare di spazzare via le rivali basandosi sulla potenza, penso che i suoi eventuali progressi debbano passare attraverso due strade: da una parte un ulteriore aumento della creatività e della varietà di gioco, per tenere sufficientemente alto il numero dei vincenti; dall’altra una maggiore stabilità tecnica che le consenta di regalare il meno possibile all’avversaria, riducendo al minimo il numero degli errori gratuiti.
Se così fosse, ci troveremmo con una giocatrice più divertente della media, e fuori dai canoni dominanti del gioco attuale. Una ragione in più per sperare nel suo progresso, visto che, per quanto mi riguarda, seguo sempre con favore le giocatrici non banali.
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US Open: Trevisan vince una sfida di nervi interminabile contro Putintseva e si trascina al secondo turno, Giorgi dominata da Pegula
I crampi non fermano Martina Trevisan che in 3 ore e 20 minuti di gioco conquista il primo turno degli US Open. Camila raccoglie 4 giochi contro la N.3 del seeding

M. Trevisan b. Y. Putintseva 0-6 7-6(0) 7-6(8)
Martina Trevisan vince il primo turno degli US Open contro Yulia Putintseva in 3 ore e 20 minuti al tiebreak del terzo set: 0-6 7-6(0) 7-6(8).
Quante volte può cambiare una partita di tennis non smetteremo mai di chiedercelo. Quella di oggi, tra Martina Trevisan e Yulia Putintseva è stata l’ennesima dimostrazione che niente può essere prevedibile, tanto meno sui campi di Flashing Meadows. C’era stato un solo precedente tra le due giocatrici, al torneo di Abu Dhabi 2021, dove la kazaka aveva vinto con un doppio 6-3. Difficile quindi dire, a inizio partita, chi fosse la favorita tra due giocatrici separate solo da 20 posizioni in classifica e 1 anno di età. L’azzurra di 29 anni, numero 58 del mondo, è partita malissimo. Demoralizzata, nervosa e notevolmente fallosa. Il primo parziale si è concluso con 24 punti a favore della kazaka numero 78 del ranking, contro i soli 5 punti di Trevisan e nient’altro da aggiungere. Ma nel secondo parziale è entrata in campo la lottatrice che conosciamo ed è iniziata un’altra partita. La giocatrice toscana ha iniziato a mettere in gioco dei cambi di ritmo, alternando colpi in cui respirare a sfiammate di dritto imprendibili. Non a caso per due volte nel set è stata avanti di due game. E nonostante la kazaka sia riuscita a recuperarla entrambe le volte, Trevisan, con le idee decisamente più chiare è arrivata a prendersi un tie-break vinto a 0. Ma nonostante i precedenti 7 punti consecutivi dell’azzurra e il recupero di un set, Putintseva è rimasta lucida nel terzo parziale, dove gli errori sono aumentati da entrambe le parti. A metà del terzo set la partita sembrava di nuovo finita: Trevisan ha iniziato a non reggersi più in piedi per via dei crampi, e il match, dopo il turno di servizio perso a 0 dell’azzurra, sembrava scritto. Ma proprio in quel momento la partita è cambiata ancora. Trevisan ha iniziato a correre di nuovo, trovando l’energia chissà dove, e da sotto 4-2 è riuscita a rimontare 4 giochi pari. Da lì è stata una lotta punto dopo punto, scambi perfetti seguiti da errori non forzati sul finale di scambi strazianti. La partita non ha preso una direzione precisa fino alla fine del tiebreak decisivo dove con soli due punti di distanza, la giocatrice Toscana ha chiuso 10 punti a 8 mettendo a segni i due punti più belli dell’intero match. Al secondo turno l’aspetta la testa di serie numero 9, Marketa Vondrousova.
IL MATCH
Primo set: Dominio totale di Putintseva e prestazione inesistente di Trevisan
Trevisan inizia al servizio e si ritrova subito costretta a salvare tre palle break. Annulla la prima con uno schema servizio e dritto vincente. Ma Putintseva risponde aggressiva sul secondo servizio e segue con una palla corta insidiosa che costringe Trevisan a rispondere male, buttando largamente fuori la palla. Il primo vantaggio è della Kazaka: 1-0. Inizia la serie infinita di errori gravi da parte di Trevisan che nei primi due game porta a casa un punto soltanto: 2 a 0 Putintseva. Anche nel terzo gioco l’azzurra si ritrova in svantaggio e la kazaka continua ad avere le idee molto più chiare. Grazie ad un dropshot sotto rete e un passante preciso Putintseva si aggiudica anche il terzo game: 3-0. Completamente fuori dalla partita, Trevisan lascia poco spazio alle parole e concede anche il 4 gioco alla kazaka. Prende anche il triplo break a sfavore e si ritrova sotto 5 game a 0 con 21 punti a 4 a favore di Putintseva. Proprio sul finale, Trevisan sembra risvegliarsi, annulla molto bene i primi due set point risalendo da sotto 40-0 a 40-30. Ma Putintseva sfrutta la terza chance per chiudere il primo parziale totalmente dominato.
Secondo set: La rivincita di Trevisan premiata da un tie-break perfetto, agevolato dagli errori di Putintseva
Per la prima volta dall’inizio del match Trevisan prende tre punti di vantaggio consecutivi nel primo game e tiene a 0 il turno di servizio:1 a 0. Entra finalmente in campo un’altra giocatrice italiana che va a prendersi le prime due palle break del match per chiudere avanti 2-0. Nel terzo gioco ritornano gli errori non forzati dell’azzurra e Putintseva si riprende il game di svantaggio. La kazaka regala qualcosa a Trevisan nel quarto gioco trascinandosi fino ai vantaggi. Putintseva inizia ad avere le idee più confuse ma l’italiana è ancora troppo fallosa e non sfrutta le occasioni fino in fondo: 2 giochi pari. Arriva un altro calo di Trevisan al servizio che regala alla kazaka tre palle break consecutive. Ma l’italiana riesce ad arrampicarsi con le unghie fino a vantaggi per poi chiudere un game complicatissimo: 3-2. Con quel carico di fiducia, Trevisan strappa il servizio all’avversaria per ritornare sopra 4-2. Ottima reazione della kazaka che dimostra di essere ancora nettamente in partita e va a prendersi subito due occasioni per chiudere il game sul servizio di Trevisan: 4-3. Nell’ottavo gioco arriva lo scambio più lungo del match dove Trevisan non vuole mollare, ma è lei la prima a sbagliare: 4 pari. L’azzurra non si fa demoralizzare dalla seconda rimonta del set di Putintseva e tiene dignitosamente il turno di servizio per restare avanti 5-4. Per sei volte, Trevisan si ritrova a due punti dal set ma la kazaka non molla la presa e con un lob imprendibile conquista il decimo e più lungo game del match: 5 pari. Dopo tanta fatica, Trevisan gioca due brutti punti e Putintseva vede uno spiraglio dove attaccare di prepotenza. Con coraggio, Trevisan annulla tre palle break, di cui due consecutive, per guadagnarsi la prima chance di 6-5. E grazie al servizio si tira fuori da un fosso profondo. La kazaka tiene bene il turno di servizio successivo che la porta al tiebreak decisivo.
Tiebreak: Inizia con un vincente di dritto Trevisan e tiene il turno di servizio: 1-0. L’italiana fa correre in avanti la kazaka due volte di fila con due drop-shot efficaci e conquista due mini-break consecutivi: 3-0. Continua il tiebreak perfetto di Trevisan che tiene il servizio e avanza: 5 a 0. Putintseva ormai sembra senza idee, sbaglia di rovescio e concede un altro punto importante: 6-0. E dopo un ‘ora e 45 minuti, Trevisan vince il tiebreak senza concedere neanche un punto.
Terzo set: Una sfida di nervi interminabile dove non c’è spazio per nessun vantaggio netto, ma il tiebreak decisivo lo vince Trevisan
Ora la partita sembra davvero essere girata: Trevisan attacca fin dal primo punto e come nel secondo parziale parte in vantaggio: 2-0. Nel quarto game, l’italiana avanti 2-1 commette un doppio fallo e perde il turno di servizio a 0. Putintsova rientra nel terzo set: 2 pari. Insiste con la palla corta la kazaka, Trevisan corre ma inizia a far fatica a stare in piedi per i crampi dopo quasi 2 ore e mezza di gioco. Si arrende a Putintseva che chiude il terzo game di fila e va in vantaggio: 3-2. L’azzurra può finalmente chiamare il fisioterapista anche se sa bene che per i crampi non può farsi trattare. Torna a servire Trevisan, ma senza forze, e regala di nuovo a 0 il suo turno di servizio alla kazaka che ora conduce 4-2. Difficile immaginare che la numero 58 del mondo possa rientrare in partita. Ma questo match è totalmente imprevedibile: l’azzurra ricomincia a correre e recupera con grande personalità il break di svantaggio: 4-3 Putintseva. Continua a muoversi meglio Trevisan che riesce a guadagnarsi due chance del 4 pari. Il primo dritto finisce in corridoio, ma il secondo prende un angolo maledetto e la 29enne toscana resta aggrappata: 4 pari. Putintseva sale nuovamente in cattedra con un rovescio incrociato perfetto: 5-4 per la kazaka. Il decimo game è il momento più importante fino a qui per l’italiana che è costretta a tenere un turno di servizio determinante ai vantaggi. Trevisan tiene la battuta: 5 giochi pari e quasi 3 ore di gioco. Da quel momento in avanti inizia una lotta infinita, straziante: parità e vantaggi; break e contro-break. L’ultima parola va al tie-break decisivo.
Tiebreak: Trevisan parte di nuovo bene anche nel secondo tiebreak del match e si prende il vantaggio avanti 2-0. Chiude con un schiaffo al volo la kazaka che si prende il primo punto dei due tiebreak giocati: 3-1 per la toscana. Con un dritto scarico a metà rete e un doppio fallo Trevisan deve ricominciare da capo: 3 pari. Senza mini-break di vantaggio Trevisan va a servire sotto 5-4. Chiude di rovescio lungolinea il primo punto ma la volée successiva la tradisce: 6-5 per la kazaka che le restituisce in fretta il favore con una pallonetto fuori dalla riga di fondo: 6 pari. Doppio fallo di Putintseva: 7-6. Ma finalmente, da sotto 7-8, la giocatrice toscana si aggiudica due punti consecutivi uno più bello dell’altro che le regalano il primo match-point di questa sfida. Senza forze, quasi in lacrime, Martina Trevisan si aggiudica il secondo turno degli US Open in 3 ore e venti minuti.
[3] J. Pegula b. C. Giorgi 6-2 6-2 (Federico Martegani)
Si sapeva che sarebbe stata dura per Camila Giorgi, che non aveva certo goduto di un sorteggio fortunato pescando al primo turno la testa di serie n° 3, nonché n° 3 del mondo, Jessica Pegula, e il pronostico è stato in tutto e per tutto rispettato, con un punteggio, 6-2 6-2 in un’ora e 24 minuti, forse anche troppo severo per quanto visto sul campo. Fatto sta che era l’undicesima volta che le due si affrontavano e solo in due circostanze l’italiana aveva avuto la meglio. Chiaro segnale che la solidità dell’americana, per di più sospinta dal pubblico ovviamente di parte, è per la marchigiana quasi sempre inscalfibile.
Giorgi ha mostrato un buon tennis soprattutto verso la metà di entrambi i parziali, ma è andata sotto troppo presto di un break sia nel primo che nel secondo, non riuscendo poi a rimontare. Il game chiave è forse stato proprio quello che ha offerto l’allungo decisivo a Pegula, avvenuto sul 2-2 del secondo set. Un gioco in cui Camila ha avuto cinque palle per rimanere con il naso avanti, ma che alla fine le è costato il break, decisivo per spezzare anche quei pochi appigli rimasti. Pegula avanza dunque al secondo turno e dovrà ora affrontare, in ogni caso da netta favorita, o Patricia Maria Tig o Rebecca Marino.
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US Open, Pegula: “Accordo tra WTA e Arabia Saudita? Se ci pagano abbastanza…”
Jessica Pegula parla anche del rapporto straordinario con Gauff: “Coco favorita, io vivrò alla giornata”

C’è grande fermento e attesa negli Stati Uniti per l’edizione 2023 dell’US Open. In campo femminile le speranze sono riposte in Coco Gauff e Jessica Pegula. Le due sono pronte a riportare la propria nazione sul gradino più alto, spolverando i grandi fasti delle sorelle Williams. Gauff e Pegula sono state protagoniste nella stagione sul cemento che ha condotto le atleti all’ultimo Slam dell’anno: “Sono molto felice di essere qui – spiega Jessica – da americana poi si sente una responsabilità differente”.
La n. 3 del mondo debutterà contro Camila Giorgi lunedì 28 agosto e ha motivato la presenza di Ace, il cane che fa parte del suo team: “Esce sempre con me! Sto raccogliendo fondi anche per la fondazione di Elina (Svitolina) ed è molto divertente farlo. Mercoledì sera abbiamo contribuito a questa causa facendo un bel match di esibizione. Mi è servito per respirare l’aria pre torneo alla presenza di tanti tifosi. Mi sono adoperata anche per l’evento promosso dalla WTA. È stato davvero carino”.
Che effetto le fa arrivare all’US Open da atleta n. 3 del ranking: “Anche l’anno scorso ero in una posizione simile e so cosa si prova. Quest’anno sarà molto più impegnativo. In generale mi sento come se rappresentassi il tennis americano”. Pegula ha anche parlato del suo splendido rapporto con Coco Gauff: “La sconfitta subita a Wimbledon l’ha spinta a migliorare. E’ venuta fuori molto affamata da una situazione negativa ed è bello vedere che una tennista così giovane abbia già vinto tanto. Ho giocato a Montreal contro di lei, io poi ho vinto con Iga e lei ha fatto la stesa cosa a Cincinnati. Ha detto che la mia vittoria l’ha spronata a far bene. Succede spesso che le vittorie delle tue amiche o colleghe ti siano da stimolo, ti aiutano ad avere più fiducia. Sono felice che anche lei abbia acquisito sicurezza da quella settimana e sia riuscita a portarla a Cincinnati. Penso che sia davvero in fiducia. Quando un giocatore è in questo stato è più difficile da battere. So che adora giocare con il pubblico. Penso che ci siano molti favoriti, ma il pubblico potrebbe aiutarla molto. Sono felice che stia migliorando e imparando. Lei è il futuro di questo sport, quindi… è bello da vedere”.
Come membro del consiglio dei giocatori, come Pegula giudica l’impatto dell’Arabia Saudita sul tennis e sulla WTA che sta per stilare un accordo con i sauditi? “Parliamo di voci e non so se accadrà. Bisogna valutare i pro e i contro: di positivo c’è che entreranno più soldi nel nostro sport al femminile e lavoreremo per i diritti delle donne in Arabia Saudita per sperare in un cambiamento e sostenere le giuste cause. Se riusciamo a cambiare quei popoli sarebbe un grande successo. Sfortunatamente, molti posti non pagano abbastanza le donne e purtroppo non possiamo permetterci il lusso di dire no ad alcune cose. Credo che se i soldi fossero giusti e l’accordo fosse qualcosa per cui possiamo creare un cambiamento, andrebbe bene giocare là. Vediamo come andrà a finire”. Ma i soldi arabi hanno un attivo profumo, a sentire il direttore Scanagatta.
Ma come sta Pegula? “Non mi sento più in fiducia delle altre volte, a dire il vero. Ancora una volta, il tennis è così e cambiam di settimana in settimana. Ho vinto a Montreal, poi sono stata sconfitta e ho perso a Cincinnati. In un certo senso sono tornata al punto di partenza nell’analizzare le cose su cui lavorare. Prendo questo Slam come un’ulteriore sfida con me stessa”.
Per l’americana c’è il taboo semifinale e finale in uno Slam da abbattere. Sei quarti di finale negli ultimi suoi otto Major: “Mi manca solo vincere i quarti di finale (sorride). Questo mi aiuterebbe a superare i quarti di finale e arrivare in semifinale. Ci sono andata molto vicina a Wimbledon. Non so cos’altro dire. Cercherò sempre di vincere ogni singola partita, non importa in quale round sia. Il mio “must” è pensare una gara alla volta: penso che questo sia il modo migliore per giocare senza troppa pressione, affrontando una partita alla volta. Saranno due settimane lunghe. Ogni giorno mi sentirò diversa. Probabilmente ci saranno delle sfide mentali e fisiche da combattere o non mi sentirò al top. Dovrò vivere giorno dopo giorno”.
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Martina Navratilova sulle atlete trans: “Il tennis femminile non è per atleti maschi falliti”
L’ex campionessa statunitense torna nel mirino dei social: il commento sulle atlete trans che stona con la sua veste di icona Lgbtq+

Martina Navratilova contro le atlete trans: un paradosso che sa di reazionarismo. L’ex campionessa di tennis e icona Lgbtq+ nel panorama sportivo mondiale, tuona sulla questione legata alla presenza di atlete trans nei tornei per donne over 55 organizzati dall’USTA (United States Tennis Association) la Federazione tennis a stelle e strisce. Prima atleta professionista a fare coming out nel 1981, la tennista ceca (naturalizzata statunitense) si butta a capofitto nel mezzo di una discussione su Twitter riguardante, nello specifico, la vittoria di una tennista nata uomo, Alicia Rowley che ora partecipa ad eventi per donne dopo il periodo di transizione: “Il tennis femminile non è per atleti maschi falliti” commenta Navratilova.
E continua ribadendo: “Hey, Usta: il tennis femminile non è per atleti maschi falliti, qualunque sia l’età. Questo sarà consentito allo US Open di questo mese? Solo con un documento d’identità? Non credo. […] È patriarcato per gli uomini biologici insistere sul diritto di entrare negli spazi creati per le donne. Quanto è difficile da capire? È patriarcato che gli uomini biologici insistano sul diritto di competere nella categoria femminile nello sport“.
Per quanto sorprendente, la posizione presa da Navratilova non è tuttavia una completa novità: nel 2019 era stata espulsa da un’associazione che combatte battaglie in sostegno di atleti omosessuali, l’Athlete Ally, accusata di transfobia per aver pronunciato le seguenti parole (riportate dal Sunday Times): “È sicuramente ingiusto per le donne che devono competere contro persone che, biologicamente, sono ancora uomini. Sono felice di rivolgermi a una donna transgender in qualsiasi forma preferisca, ma non sarei felice di competere contro di lei”. A distanza di quattro anni, nulla è cambiato. Almeno per lei.