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Olimpiadi

Rio 2016, diario: quando il tennis non c’è… Ubitennis che fa?

La seconda settimana dei Giochi Olimpici non prevede tennis, per cui l’attenzione si sposta sulle altre discipline. Diario semiserio dell’inviato di Ubitennis quando racchette e palline non ci sono più

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A Copacabana abbiamo trovato, per la prima volta in questa Olimpiade, un discreto numero di italiani arrivati a fare il tifo per Daniele Lupo e Paolo Nicolai, che con una grande partita si sono qualificati per la finale del beach volley maschile. Quella della presenza italiana qui a Rio è una costante abbastanza dolente: forse scoraggiati dalla lunga trasferta, dal generale stato di instabilità nel panorama internazionale, e dalla paura per il virus Zika, sembrano davvero pochi i connazionali che hanno effettuato il viaggio in Brasile. Ovviamente si tratta di una impressione, ma non ricordiamo di aver mai visto così pochi italiani ad una Olimpiade estiva nelle ultime edizioni, nemmeno a quella di Pechino 2008. La presenza delle forze dell’ordine è massiccia: soldati armati di tutto punto si vedono in molti punti della città, sulle strade e particolarmente all’interno degli impianti sportivi. Dopo il fiasco di Londra 2012, quando l’azienda fornitrice del personale di sicurezza fallì miseramente, non riuscendo ad assicurare il numero di addetti necessario, qui a Rio i controlli agli ingressi dei luoghi olimpici è affidato interamente ai militari, che vestiti nella elegante tuta della “Força Nacional” si occupano di operare le macchine a raggi X ed i metal detector.
Per quel che riguarda le zanzare, personalmente ne abbiamo viste tre. Esatto, tre, in circa 20 giorni. Nel kit dei delegati era stato incluso anche uno spray repellente per gli insetti, ma da quello che ci hanno spiegato, il problema zanzare è molto più presente in estate che non in inverno, quando la temperatura serale è abbastanza mite e, nelle giornate in cui piove, si arriva tranquillamente a temperature di poco sopra i 10 gradi, non particolarmente gradite alle volatili portatrici di virus.

Terminata l’incontro e partecipato con gioia i festeggiamenti di amici, parenti e membri dello staff appena fuori dall’arena del Beach Volley, è tempo di tornare a casa: è circa l’una del mattino, e ci aspetta un’altra oretta in autobus verso il Parco Olimpico, cui si aggiungeranno altri 15-20 minuti a piedi fino alla “base”.
In media durante un’Olimpiade si passano circa due ore al giorno sui trasporti da un evento all’altro, e questo tempo aumenta sensibilmente se si devono raggiungere impianti piuttosto decentrati, come spesso capita per la vela o per il canottaggio. Molti spettatori “olimpici” di primo pelo che vogliono assistere a più eventi nella stessa giornata spesso dimenticano di mettere in conto il tempo necessario per spostarsi da un impianto all’altro: capita in tutte le Olimpiadi, ma qui a Rio il problema ha una maggiore rilevanza che altrove. Infatti la configurazione della città, con baie, montagne e laghi rende particolarmente tortuosi i trasferimenti, anche se le distanze non sono superiori rispetto a quanto accada nelle grandi città di tutto il mondo (Rio de Janeiro ha 6 milioni e mezzo di abitanti). Il Governo di Rio de Janeiro ha fatto grandi sforzi da questo punto di vista: ha potenziato la metropolitana, le frequenze degli autobus, ha rimodernato le ferrovie urbane (la TransVia), ma i tempi di percorrenza rimangono comunque considerevoli, anche se sicuramente inferiori che non muovendosi con auto privata, visto il traffico cronico che ingorga tutte le strade. Questo è un aspetto di grande importanza per le città candidate ad ospitare le Olimpiadi, come ad esempio Roma: il CIO pone grande enfasi sull’efficienza dei trasporti pubblici, e da questo punto di vista Los Angeles è in grande sofferenza, dal momento tragitti di due ore sono una cosa normale e la rete dei trasposti pubblici è estremamente limitata.

Anche per il secondo giorno, non ci si corica prima delle 2.30, gettando un occhio ai risultati della giornata di Rio, quella di Cincinnati, il programma dell’indomani (che ormai è diventato oggi) e le varie notizie da tutto il mondo. Eh sì, è proprio un duro lavoro…

 

 

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