Gianni Clerici ricorda Bassani: “Giorgio, ultrà nella sfida Pietrangeli-Panatta”

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Gianni Clerici ricorda Bassani: “Giorgio, ultrà nella sfida Pietrangeli-Panatta”

Ferrara celebra Giorgio Bassani nel centenario della nascita. Il profilo tennistico dell’autore de “Il giardino dei Finzi Contini” viene affidato a Gianni Clerici. Lo Scriba ricorda a modo suo gli intrecci passati con Lea Pericoli, Nicola Pietrangeli e Adriano Panatta

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Il 2016 è un anno importante per la città di Ferrara, non solo perché la Spal – la squadra di calcio locale, che negli anni ’60 è stata parte integrante della Serie A annoverando tra le sue file anche un giovanissimo Fabio Capello – è riuscita dopo 23 anni a tornare in serie B; è un anno importante perché segna il centenario della nascita dello scrittore Giorgio Bassani (4 marzo 1916). Figura primaria della letteratura italiana del Novecento, Bassani è l’autore de “Il Giardino dei Finzi Contini” che racconta la storia di una famiglia ebrea dell’alta borghesia ferrarese travolta dall’orrore del nazifascismo. L’opera di Bassani è molto nota anche per la trasposizione cinematografica del 1970 diretta da Vittorio De Sica, pellicola di successo che si aggiudicò l’Oscar per il miglior film straniero. Gli scritti di Bassani vanno molto oltre questo lavoro, basti pensare a “Gli occhiali d’oro”, “Una notte del ’43” e “L’airone”.

Il giardino dei Finzi Contini” consente però di apprezzare da vicino la passione dell’autore per il tennis. Come molti sanno (basta aver visto anche solo alcune scene del film di De Sica), parecchie situazioni narrate hanno come sfondo il campo in terra battuta della casa dei Finzi Contini, dove i protagonisti vivono i momenti più formativi dell’adolescenza, prima che la loro vita esca dai binari della normalità e precipiti nel dramma della persecuzione razzista. La passione di Giorgio Bassani per il nostro sport è confermata da molte persone più o meno note che lo conoscevano e lo ricordano anche come assiduo praticante, prima a Ferrara nel Tennis Club Marfisa d’Este e poi a Roma, dove lo scrittore si trasferì fino alla morte, il 13 aprile 2000. In questo contesto, la città di Ferrara e il circolo frequentato da Bassani hanno voluto ricordare il loro concittadino in quattro incontri, l’ultimo dei quali incentrato proprio sul suo amore per il tennis, sia come spettatore che come praticante. Chi chiamare, si sono chiesti al Marfisa d’Este, per celebrare lo scrittore che amava così tanto la racchetta?

“Gianni Clerici è il nostro uomo! Chi meglio di lui può ricordare Giorgio su un campo da tennis o su una tribuna di un torneo?” Difficile, per non dire impossibile, scegliere uno più titolato per parlare di tennis e di Bassani. Lo Scriba è stato grande amico del letterato ferrarese, oltre che attento allievo quando, giovane autore in erba, muoveva i primi passi di una carriera da scrittore (e da giornalista) che tutti conosciamo bene. Così il gentile Gianni, lo scorso sabato 24 settembre, ha cominciato a raccontare ai numerosi presenti presso il loggiato degli Aranci del Tennis Club Marfisa d’Este. “Non ho certo la proverbiale memoria di Rino Tommasi, ma ricordo bene la prima volta che venni a Ferrara, era il 1947 e giunsi per un torneo di tennis proprio qui al Circolo Marfisa, ma non chiedetemi che torneo fosse… Un’immagine ancora nitida mi vede appena fuori dagli spogliatoi, dopo qualche giornata di partite alternate a lunghe discussioni con avversari e organizzatori, quando mi si avvicina un signore distinto tendendomi la mano: ‘Complimenti, lei è bravo a tennis ma anche nell’uso dei condizionali’”. Già la prima stilettata, solo apparentemente altezzosa, permette di riconoscere lo Scriba, quello che non risparmia critiche agli sportivi che non sono mai stati in un museo.

Se ripenso al Giorgio Bassani tennista, i risultati parlano di un distinto Terza Categoria Universitaria, per usare le classificazioni dell’epoca, ma io lo ricordo bene per il suo innato senso geometrico del gioco, aveva chiaro in testa che cosa si dovesse fare in ogni zona del campo dove si trovava a colpire la palla. L’immagine che più lo rappresenta nel suo rapporto con la racchetta risale a una sfida che lo vide spettatore, a Bologna alla Virtus, di un match tra Nicola Pietrangeli e Adriano Panatta”. Parlando del palcoscenico dell’evento, è importante sottolineare che cosa è stata e che cos’è tuttora la sezione tennis della Virtus Bologna. Nata nel 1925, la Virtus Tennis in più di ottant’anni di storia ha annoverato tra i suoi iscritti gente del calibro di Giuseppe Merlo, Orlando Sirola e Ferruccio Bonetti nell’immediato dopoguerra, passando dagli anni’70 in poi per Paolo Bertolucci, Raffaella Reggi, Omar Camporese, Tatiana Garbin e da ultimo Simone Bolelli. Un palcoscenico di questa levatura è dunque tra i più adatti a ospitare un match che sa molto di passaggio di consegne generazionale “tra il quarantenne Pietrangeli e il ventenne Panatta. Clerici lo colloca quasi in una dimensione fuori dal tempo, senza citarne anno e torneo, nel pieno del suo stile. In realtà, il match era niente meno che la finale dei Campionati italiani assoluti di tennis del 1970. Usciamo quindi dal contesto della cronaca per viverlo o riviverlo attraverso le parole dello Scriba.

Nicola era un vecchio leone che sapeva farsi valere anche contro un avversario molto più giovane e atletico di lui. Si portò avanti 2 set a 1, ma nel quarto parziale la stanchezza si fece sentire e Adriano stava recuperando con grande decisione. Era ormai avviato a una vittoria in cinque set, quando assistetti a ciò che non avrei mai immaginato. Ad ogni errore di Panatta, Bassani si metteva ad applaudire: ‘Forza Nicola, coraggio!’. Allibito, mi avvicinai:
‘Giorgio, ma che ti prende? Proprio tu ti metti a esultare sull’errore dell’avversario?’
‘Ma Gianni, non te ne rendi conto? Hai visto che sta succedendo?’
‘Sì, il giovanotto sta giocando molto bene e alla fine vincerà al quinto.’
“Appunto! Ma non capisci? Qui se ne va la nostra vita! Noi siamo i Nicola Pietrangeli, non siamo gli Adriano Panatta!
L’autore di “500 anni di tennis” ferma il racconto proprio qui, al culmine narrativo, lasciando i numerosi astanti a riflettere sul significato di quelle parole così apparentemente esagerate. Qualcuno, appassionato e in là con gli anni a rispecchiarsi e riconoscersi in questa disamina generazionale e molti altri, alcuni più giovani ma anche molti attempati praticanti, a cercare un significato che pare sfuggente, almeno nell’immediato.

Il secondo aneddoto è meno profondo, ma certamente molto coinvolgente e consente a Clerici di parlare anche di altre persone, come fa in tutti i passaggi della sua eterografia (come ama definirla lui stesso) “Quello del tennis. Storia della mia vita e di uomini più noti di me”, che Ubitennis ha recensito offrendo due punti di vista molto diversi, uno più critico e letterario e uno da appassionato del tennista incompiuto divenuto grande scrittore. “Per venire qua sufficientemente preparato, non ho esitato a chiamare alcuni amici comuni a me e Giorgio per avere qualche bel contributo. Giusto ieri ho sentito Lea Pericoli, che mi ha rivelato un episodio molto curioso, riguardante il suo primo Wimbledon. ‘Certo che ricordo da vicino Giorgio Bassani, ha rischiato quasi di farmi espellere dai Championships!’ La Lea (come la chiama Gianni, alla maniera lombarda, accompagnando i nomi di persone conosciute con l’articolo determinativo) mi ha raccontato che alla sua prima esperienza a Church Road, quindi ben prima di essere riconosciuta come la Signora del tennis, per la sua grazia ed eleganza, oggi note da tempo anche fuori dal nostro paese… Sappiate che alcuni suoi completini sono esposti tuttora al Victoria and Albert Museum di Londra… ma dov’ero rimasto?

Eccolo il dottor Divago, per usare una delle più felici intuizioni di Rino Tommasi, quando durante le loro telecronache, oggi così rimpiante, Gianni si perdeva in digressioni dalle quali non avrebbe fatto più ritorno non fosse stato per Rino! A proposito, andando a spulciare la biografia di Bassani, si scopre come per magia che fu proprio lo scrittore ferrarese, ai tempi consulente editoriale della Feltrinelli, a pubblicare in Italia “Il dottor Zivago” di Boris Pasternak, quasi come se Tommasi avesse intuito, nel suo acuto sfottò al collega di mille telecronache, il filo conduttore che lo legava a Giorgio Bassani…

Ah sì! Scusate, ogni tanto smemoro ma ora ho riannodato i fili della memoria. Dicevo, al suo primo Wimbledon, la Lea e Bassani s’incontrarono tra un campo e l’altro di Wimbledon e io ebbi buon gioco a presentarli. Una sera eravamo tutti e tre insieme, ma dovetti allontanarmi anzitempo per non ricordo più quale impedimento, così lei e Giorgio rimasero soli. Fu a quel punto che Bassani lamentò il dispiacere di non poter seguire le partite dalla tribuna stampa, visto che non figurava tra gli accreditati della stampa ufficiale. La Pericoli intervenne: ‘Professore, perché non usa il mio pass di giocatrice per sedere in tribuna stampa? Insisto!”. Giorgio non si fece per nulla pregare, anzi l’utilizzo del pass della Lea fu fin troppo disinvolto, al punto che dopo una, due, tre volte che filò tutto liscio, alla quarta un controllore più attento si accorse del trucco. La cosa era molto seria, come sapete gli inglesi con le regole non scherzano e cedere il pass di giocatrice a un conoscente era punito con l’immediata espulsione dal torneo. Lea passò un brutto momento, ma per una volta gli organizzatori non si fossilizzarono sulla forma e chiusero un occhio. Meno male!”  

L’incontro finisce qui, prestissimo, ed è un dolore forte quello che ti coglie quando uno spettacolo teatrale così coinvolgente ha termine, appena alleviato dalla passeggiata che ci consente di accompagnare lo Scriba per i campi del Tennis Club, dove le celebrazioni di Giorgio Bassani hanno portato il circolo ad organizzare alcune partite giocate con i lunghi abiti bianchi, le racchette in legno e le palline anch’esse bianche (come potete intuire dalla foto) che hanno caratterizzato il tennis prima dell’avvento dei materiali metallici. Quando il tennis tecnologico ha finito col deprimere il tocco e il talento e promuovere la potenza e la fisicità, cosa molto poco digerita da Gianni Clerici, figuriamoci da Giorgio Bassani…

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