Nei dintorni di Djokovic: Novak, Cilic e la Coppa Davis. La versione di Pilic

Nei dintorni di Djokovic

Nei dintorni di Djokovic: Novak, Cilic e la Coppa Davis. La versione di Pilic

L’ultimo atto della Coppa Davis 2016 si avvicina e i media croati hanno intervistato il grande Nikki Pilic. Il 77enne coach croato ha detto la sua sulla finale di Zagabria, su Djokovic, Cilic, Zverev e… quel litigio con Karlovic

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In questo periodo sono tanti i motivi per cui i riflettori del tennis mondiale sono puntati sulla penisola balcanica: la crisi di Novak Djokovic, le vittorie e il best ranking di Marin Cilic, la finalissima di Coppa Davis tra Croazia e Argentina che si disputerà a fine novembre a Zagabria.

Sicuramente un personaggio con cui parlare di tutto questo è Nikola “Nikki” Pilic, ex giocatore e grande allenatore, che nella sua lunga carriera da coach ha seguito tra i tanti anche un giovane Novak Djokovic – che dai 12 ai 16 anni d’età frequentò l’Accademia di Pilic a Monaco – ed è stato il selezionatore della nazionale croata che vinse la Davis nel 2005, dopo averla vinta in precedenza ben tre volte (1988,1989 e 1993) come capitano non giocatore della Germania. Diversi media croati hanno perciò contattato il 77enne connazionale per sapere la sua opinione sulla sfida tra Croazia e Argentina. Ma anche sugli altri argomenti “caldi” del momento. Ecco un’ampia sintesi delle dichiarazioni rilasciate dal primo dei “Quattro moschettieri di Firula”: lui, Zeljko Franulovic, Goran Ivanisevic e Mario Ancic sono infatti i quattro tennisti cresciuti nella via Firula di Spalato che poi hanno raggiunto ai vertici del tennis mondiale.

Si parte da Marin Cilic e Novak Djokovic, dalla prima vittoria del tennista croato sul fuoriclasse serbo dopo 14 sconfitte consecutive, ottenuta al Masters 1000 di Bercy.
“Dopo la vittoria al torneo di Basilea, Marin è arrivato a Parigi in fiducia, la fiducia che si ottiene solo con le vittorie. Si tratta di una reazione a catena, che parte dal lavorare bene in allenamento e nel credere in se stessi e termina con le vittorie. Oltre a questo, vedendo che Novak era in crisi Marin è sceso in campo con un’incredibile voglia di lottare su ogni palla, perché sapeva di avere un’occasione. Probabilmente in testa gli passava il pensiero “Se non lo batto adesso, non lo farò mai più”. Marin aveva di certo un complesso di inferiorità verso Novak, non solo a causa dei precedenti scontri diretti ma anche per tutto quello che Djokovic ha ottenuto in questi anni, mentre lui è riuscito solo una volta a terminare la stagione tra i top 10. Ricordo che una cosa simile accadde a me con Roy Emerson. Dopo 11 sconfitte consecutive lo battei a Wimbledon, dove era la testa di serie n. 1 e arrivava dalle vittorie di Melbourne e Parigi (
accadde nell’edizione 1967 dei Championship: Pilic negli ottavi di finale battè Emerson, in realtà tds n. 2, per poi venire a sua volta sconfitto in semifinale dal futuro vincitore Newcombe, ndr).”

La domanda in questi casi è sempre la stessa: quanto la vittoria sia dovuta alla crescita del tennista di Medjugorje, piuttosto che al calo di Djokovic.
“Entrambe le cose. Il livello di gioco di Novak è sceso perché ha fatto due lunghe pause. Io a Becker lo ripetevo sempre: se hai bisogno di una pausa, prenditi una settimana, non una ventina di giorni. Djokovic di fatto si è preso una pausa di un mese e mezzo dopo il Roland Garros, perché era veramente saturo di tutto, di tutte quelle domande se riuscirà a raggiungerà il record del maggior numero di tornei del Grande Slam vinti e se diventerà il più forte tennista di tutti i tempi. La pressione su di lui è enorme, si è visto a Shanghai e a Parigi che in questo momento non si diverte a giocare a tennis e che non riesce a mettere quella marcia in più nel suo gioco, lo si è notato al servizio e alla risposta. Non voglio sminuire nemmeno di un millimetro la vittoria di Marin, ma era evidente che tecnicamente e mentalmente Novak non giocava da n. 1 del mondo.”

Logico chiedere a chi ha avuto un ruolo importante nella crescita di Novak Djokovic che cosa abbia permesso al fuoriclasse serbo di arrivare a dominare il tennis mondiale negli ultimi anni.
“Lui ha saputo costruirsi mentalmente e fisicamente, ha trovato l’alimentazione ideale. Oltre a questo era un giocatore molto disponibile a farsi allenare, gli americani direbbero “coachable”, cosa di cui mi sono reso conto io per primo negli anni in cui abbiamo lavorato assieme. Dopo il suo brillantissimo 2011, personalmente non credevo sarebbe riuscito a crescere ancora, e invece nel 2015 ha conquistato 16.785 punti, una cosa che non accadrà mai più.”

Tornando a Cilic, con il tennis che sta esprimendo adesso può entrare a livello del stretta cerchia del tennis mondiale?
“Sicuramente… Credo che il nuovo allenatore sia perfetto per lui. Conosco Bjorkman e si nota che ha trasmesso tranquillità a Marin. Vedo che adesso è estremamente concentrato e dall’espressione del volto e da come sta in campo leggo in lui anche una voglia maggiore. Considerando il fatto che non ha fatto molto nei primi sei mesi di quest’anno, Cilic non avrà molti punti da difendere nella prima metà del 2017 e potrebbe entrare tra i top 5.”

Il 28enne tennista di Medjugorje ha conquistato il suo unico Grande Slam a 26 anni, due anni fa. In Croazia molti si aspettavano accadesse prima, invece non è andata così. La causa è da ricercare nel fatto che si è trovato a competere nell’era di Federer, Nadal e Djokovic?
“Su questo siamo certamente d’accordo, ma c’è anche un altro aspetto, Marin è cresciuto a lungo fino a raggiungere gli attuali 198 cm ed è stato necessario aspettare un po’ di tempo affinché il corpo trovasse il suo equilibrio. Ricordo che due anni fa giocò in modo fantastico contro Djokovic a Wimbledon, si trovò in vantaggio due set a zero, ma poi perse perché fisicamente non riusciva a sostenere per cinque set quella intensità di gioco. In questi due anni si è molto rafforzato fisicamente e per questo ora vince partite che a 24-25 anni non riusciva a vincere. Sicuramente Marin può farcela a conquistare ancora almeno un torneo del Grande Slam, con il presupposto che giochi come sta giocando adesso. Ha l’altezza, un buon servizio, una buona risposta. Si tratta di un giocatore completo, sa anche giocare a rete, è solido con entrambi i fondamentali da fondo, non è come Ferrer e Nadal che devono correre come pazzi, lui può imporre il suo gioco. Inoltre, la cosa più importante, il suo dritto è di difficile lettura per gli avversari, perché lo gioca utilizzando molto il polso.”

Si passa poi all’argomento Coppa Davis. Manifestazione di cui l’ex n. 12 del mondo conosce veramente ogni sfaccettatura, come giocatore e come allenatore. Iniziò a giocarla nel 1961 e difese i colori della Jugoslavia fino al 1972, per un totale di 62 partite, tra singolo e doppio, in 23 tie. Fino al famoso rifiuto a giocarla nel 1973, con conseguente squalifica da parte della Federtennis jugoslava.
“Sono stato il caprio espiatorio. E senza motivo. Prima di quel match per dodici anni avevo sempre risposto alle convocazioni del selezionatore. Diversi mesi prima di quel match contro la Nuova Zelanda, a Zagabria dissi ai responsabili della Federazione che se mi fossi qualificato avrei giocato il Masters di doppio. Come avrei potuto dire al mio compagno, con qui avevo lottato per quel risultato,“E adesso io non posso giocare il Masters”? Purtroppo però la Federazione Internazionale ci mise in una situazione spiacevole, programmando il Masters di doppio e la Coppa Davis nella stessa settimana. Una cosa inconcepibile! La Jugoslavia doveva affrontare la Nuova Zelanda, la nostra vittoria era data scontata, invece Bora Jovanovic e Zeljko Franulovic giocarono malissimo. I pronostici parlavano di un 4-1 a nostro favore, invece perdemmo. E chi fu il colpevole? Io! Avessimo vinto, non sarebbe successo niente, tutto sarebbe stato normale. Invece, il giorno prima del più importante match della mia carriera, la finale del singolare del Roland Garros contro Nastase
(che il tennista rumeno si aggiudicò nettamente 6-3 6-3 6-0, ndr), ricevetti un telegramma dalla Federazione di tennis jugoslava che mi sospendeva da Wimbledon.”

Squalifica che fu ratificata dalla Federazione Internazionale e a cui fece seguito il clamoroso boicottaggio di Wimbledon da parte di moltissimi giocatori. Che cambiò il mondo del tennis.
“A causa di quella squalifica, 82 tennisti boicottarono Wimbledon, addirittura tredici dei primi sedici giocatori al mondo. È stato il peggior Slam della storia, ma quanto accaduto ha cambiato profondamente questo sport, da quel momento in poi i tennisti hanno iniziato a combattere per i loro diritti”.

La massima competizione mondiale a squadre del tennis maschile ha invece regalato grandi soddisfazioni a Pilic come allenatore. Come detto all’inizio dell’articolo, l’ha vinta ha vinta ben quattro volte nel ruolo di selezionatore. Vincendone poi anche una quinta da consulente, nel 2010 con la Serbia, chiamato su espresso desiderio del suo vecchio allievo Djokovic. E della sua esperienza e conoscenza in ambito Davis si sono di nuovo avvalsi in Germania solo un paio d’anni fa, chiedendo il suo aiuto in un momento  un po’ difficile per la nazionale teutonica, quando c’era da trovare il sostituto del capitano non giocatore Carsten Arriens. Scelta caduta poi sull’attuale ct Michael Kohlmann, 42enne ex specialista di doppio (5 torni ATP vinti in carriera). Che si dice contatti Pilic prima di ogni convocazione per chiedergli un parere.
“Sapete tutto… È vero, erano in grosse difficoltà e mi hanno chiesto di intervenire. E io l’ho fatto. Sono andato e ho parlato a quattr’occhi con tutti quanti. La cosa importante è che ora non ci sono più beghe interne, sono riusciti a garantirsi la permanenza nel World Group contro la Polonia ed il prossimo anno affrontano il Belgio al primo turno. Molto dipenderà dalla presenza del giovane Alexander Zverev, io credo ci sarà. Zverev rappresenta è il futuro del tennis mondiale.”

Dalla Germania, si passa alla Croazia e la motivo per cui la Coppa Davis è appunto un tema d’attualità: tra poco più di due settimane la nazionale balcanica potrebbe conquistare la seconda Coppa Davis della sua storia. Undici anni dopo la vittoria della squadra composta da Ljubicic, Ancic, Ivanisevic e Karlovic, che sotto la guida di Pilic batté nella finale di Bratislava la Slovacchia.
“La vera impresa è stata battere gli USA in trasferta, complimenti ai ragazzi per esserci riusciti. Soprattutto sotto 0-2. Contro la Francia, a Zara, abbiamo avuto un po’ di fortuna perché loro non erano al completo: giocare senza Tsonga e Monfils è indubbiamente un handicap. Ma alla fine cosa importa, quello che si ricorda è il risultato.”

Ed ora la finale contro l’Argentina di Juan Martin del Potro e compagni.
“Con il mio mezzo secolo di esperienza posso dire che la Coppa Davis è imprevedibile. Ho visto che in questa manifestazione accadono tante cose strane. Abbiamo buone chances, ma sarà un match duro.”

In una sfida che si preannuncia equilibrata, a spostare l’ago della bilancia potrebbero essere proprio le decisioni che prenderanno i due capitani. In casa croata potrebbe rivelarsi decisivo il modo in cui il ct Zeljko Krajan deciderà di utilizzare Marin Cilic, che quest’anno oltre che in singolare si è rivelato fondamentale anche in doppio, nei quarti e in semifinale, conquistando in coppia con il concittadino e grande amico Ivan Dodig, un punto rivelatosi poi decisivo in entrambi i tie.
“Se Marin non dovesse giocare cinque set nel singolare del primo giorno, allora sarebbe opportuno fargli giocare il doppio sabato con Dodig, perché è un punto molto importante.”

Insomma, Croazia – Argentina sarà un match in cui ogni particolare potrebbe rivelarsi decisivo. La Croazia lo affronta con l’incognita del recupero di Borna Coric dall’intervento al ginocchio, ma con il gradito ritorno di Ivo Karlovic in nazionale dopo 4 anni.
“È una sfida apertissima. Io credo che Borna non ce la faccia a recuperare e a tornare in forma per la finale, per questo il secondo singolarista sarà Karlovic. Per la Croazia è sicuramente un vantaggio, anche se non sarà facile per Ivo giocare match al meglio dei cinque set. Ha comunque 37 anni, non bisogna dimenticarlo, ma dall’altro lato è un dato di fatto che in questi ultimi due anni sta giocando il miglior tennis della sua carriera. Non è facile fa battere, non è facile strappargli il servizio. Ho guardato il suo incontro contro Tipsarevic a Tokio, non tutti possono sparare ace con la seconda di servizio, e lui è in grado di farlo.”

Non è un segreto che proprio con Karlovic il coach spalatino ebbe uno screzio ai tempi in cui era selezionatore croato. Il fatto risale al 2002, alla sfida – guarda un po’ i casi della vita – contro l’Argentina. La Croazia giocò in trasferta, a Buenos Aires, e Karlovic venne schierato a sorpresa da Pilic in singolare. Scelta che scatenò molte polemiche in patria, perché l’allora 23enne gigante zagabrese perse nettamente entrambi gli incontri sulla terra rossa sudamericana, sicuramente la superficie meno adatta per il suo tennis. Scelta che a posteriori, probabilmente per tutto il putiferio scatenatosi dopo la sconfitta croata, indispettì lo stesso Ivo.
“Non ritengo ci siano stati dei grandi screzi tra noi. Lui arrivò a Buenos Aires con due giorni di ritardo, la maggioranza della squadra voleva che a fianco di Ivan Ljubicic venisse schierato come secondo singolarista Zeljko Krajan
(altro caso strano della vita: proprio l’attuale ct croato, ndr), ma io decisi diversamente. Volli che giocassero un match e il vincitore avrebbe giocato contro l’Argentina. Karlovic vinse 6-4 al quinto. Lui poi si arrabbiò, parlammo in seguito a Wimbledon e gli feci presente che se avessi avuto qualcosa contro di lui non l’avrei fatto giocare al posto di Krajan. Veramente non avevo e non ho nulla contro di lui, ma talvolta i giocatori reagiscono in modo sconsiderato. Comunque fu poi dei nostri a Bratislava e io mi rallegro per ogni suo successo.”

Dopo tanti anni passati ad insegnare tennis a Monaco di Baviera, Pilic ora è tornato in patria ed ha trasferito la sua accademia tennistica ad Abbazia (Opatija in croato), località turistica dell’Istria affacciata sul golfo del Quarnero, a pochi chilometri da Fiume.
“Mi sono trasferito qui ad Abbazia, dove ho costruito un campo indoor e scelgo 2-3 giovani di talento con cui lavorare. In questo momento ho un ragazzo torinese e c’è una ragazza di Sidney…”

Nikki Pilic prese in mano per la prima volta la racchetta nel 1952. Come spesso capita, in modo del tutto inaspettato.
“Per il mio tredicesimo compleanno mio padre mi regalò una vecchia bici scassata. Ero felicissimo, saltai per tutta la casa dalla gioia. Con quella bici iniziai ad andare tutto il giorno in giro per Spalato. Finché un giorno non mi fermai a guardare un mio compagno di classe che, su uno dei due n dei due unici campi da tennis che c’erano a quel tempo in città, con la racchetta in mano cercava di mandare la pallina oltre la rete. Il mio compagno si voltò verso di me e mi disse:” Non ne posso più, mi sto annoiando. Dai, prova tu e fammi fare un giro con la bicicletta.” Acconsentii e feci lo scambio più importante della mia vita. Nel momento esatto in cui entrai in campo sentii dentro di me un’energia che non mi ha più abbandonato fino ad oggi.”

Sono passati ben 64 anni da allora, ma Nikki Pilic non ha nessuna intenzione di fare a meno di quell’energia: perciò continua ad andare in campo.
“Sono in campo dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 16. Ogni giorno eccetto la domenica, che è la giornata dedicata al riposto e al divertimento. Non va male, non va per niente male.”

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