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Opinioni

Il tie-break al quinto set? Se lo tengano gli americani

Rino Tommasi e Novak Djokovic lo vorrebbero anche negli altri Slam, Roger Federer no: “Sarebbe come i rigori nel tennis”. Meglio decidere tutto in 2 punti o sperare in sfide epiche come Nadal-Federer 2008?

Last updated: 19/02/2017 11:47
By Ruggero Canevazzi Published 23/12/2016
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15 Min Read

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Tra gli aspetti più curiosi dei tornei dello Slam svetta quella che si può definire come una vera e propria anomalia. Mentre agli Australian Open, al Roland Garros e a Wimbledon al quinto e decisivo set si procede a oltranza, agli US Open si gioca il tie-break. Prima di capire se l’anomalia è a New York o negli altri tre Major, viene naturale chiedersi perché lo Slam americano contempli questa diversità e se è sempre stato così. Dopo l’epico match di Wimbledon ’69 tra Pancho Gonzales e Charlie Pasarell, vinto dal primo per 22-24 1-6 16-14 6-3 11-9, dopo 112 giochi, 5 ore e 12 minuti, Jimmy Van Allen perfezionò un primo modello di punteggio verso un tie-break come lo conosciamo con la vittoria fissata a quota 5 punti. Lo US Open fu il primo Slam a introdurlo, nel 1970, seguito da Australian Open e Wimbledon nel 1971 e infine dal Roland Garros nel 1973.

Il “2016 Media Guide and Record Book” (il riferimento statistico che l’organizzazione dello Slam newyorkese fornisce ai giornalisti accreditati), alla sezione “History/Tie-break matches” scrive che “il tie-break ha fatto il suo debutto agli US Open nel 1970 con la formula per cui vinceva chi arrivava a 5 punti, con punto decisivo in caso di 4 pari. Nel 1975 venne adottata la forma moderna dei 7 punti con almeno due di scarto sull’avversario”. Subito dopo segue il passaggio chiave: “Dall’introduzione del tie-break nel ’70, in un match al meglio dei cinque set sono possibili al massimo 65 game (13 per set contando il tie-break) e in una partita al meglio dei tre si possono disputare al massimo 39 giochi”. Da qui si evince che dal 1970, cioè dalla sua introduzione, c’è sempre stato il tie-break anche nel quinto set. Sui 65 giochi possibili, i due match che più si sono avvicinati sono stati, entrambi a quota 63:

Secondo turno 2007, N. Djokovic b. R. Stepanek 6-7(4) 7-6(5) 5-7 7-5 7-6(2) in 4 ore e 44 minuti
Secondo turno del 1979, J.Lloyd b. P. McNamee 5-7 6-7 7-5 7-6 7-6  in 3 ore e 56 minuti

In campo femminile, due singolari hanno raggiunto il massimo di 39 game disputati, di cui uno di prestigio:

Fernandez b. L. Meskhi 7-6 6-7 7-6, terzo turno del 1991
S. Graf b. P. Shriver 7-6 6-7 7-6, quarto di finale del 1985

Appurato che a New York il tie-break finale c’è sempre stato, perché non è mai stata sperimentata la soluzione a oltranza? Semplice, per il Super Saturday: nella terra dove lo sport è da sempre sinonimo di business, proporre il sabato che precede la chiusura del torneo le due semifinali degli uomini e la finale femminile è incompatibile con la possibilità che una delle due semifinali, magari la seconda, si protragga a lungo per un tempo indefinito, col rischio di doverla magari riprendere il giorno successivo e posticipando la finale a lunedì, che per le tv (e per il pubblico pagante) sarebbe funesto. Come sarebbe funesto se la semifinale che andrebbe a oltranza fosse la prima: il rischio di stravolgere il Super Saturday era anche in questo caso altrettanto deleterio. Era, perchè ora fortunatamente il “Sabato della sbornia” non c’è più e gli uomini hanno un giorno di riposo tra le semifinali il venerdì e la finale la domenica.

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