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La settimana degli italiani: finalmente Fabio

Questa volta il riepilogo della settimana azzurra è ben più lieto: riviviamo la bella settimana di Fabio Fognini, fermato solo in semifinale da Nadal a Miami

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Nei quarti l’avversario, Kei Nishikori, n°4 ATP, era di livello tecnico ben superiore a quello degli avversari incontrati sino a quel momento nel suo percorso (il tennista dalla miglior classifica, 35, era stato Sousa), ma i due precedenti, sebbene entrambi persi, lasciavano intravedere speranze per Fabio, che aveva strappato un set in una partita combattuta agli Australian Open del 2011 e, soprattutto, l’anno scorso perse a Madrid 7-5 al terzo una partita che in certi momenti sembrava quasi vinta (andò anche a servire per il match). A Miami non è uscita fuori una bella partita, sia grazie alla solidità di Fabio, sia per colpa di un nipponico, per sua stessa ammissione non al 100% fisicamente. Il primo allungo di Fognini è arrivato nel quarto game dell’incontro, al quale è poi seguito un secondo break, prima che il taggiasco smarrisse il servizio una volta andato a servire per il set. Il Nishikori dello scorso mercoledì non era in vena neanche di accettare aiuti e così Fabio, dopo aver chiuso per 6-4 dopo 33 minuti, nel secondo ha preso il largo sino al 5-1, prima di chiudere definitivamente 6-4 6-2 in sessantotto minuti.

L’appuntamento con la seconda semifinale in carriera in un torneo della categoria Masters 1000 per Fabio era con un grandissimo campione della storia di questo sport, Rafael Nadal, al momento della sfida n°7 del mondo. Era l’undicesima volta che il nostro giocatore affrontava il più forte tennista della storia su terra battuta, un numero ben più alto degli scontri accumulati dal ligure con gli altri Fab Four: con Federer ha giocato 3 volte (0 vinte -3 perse ), contro Murray 5 (2-3), con Djokovic 8 (0-8). Contro il campione maiorchino Fabio è sceso in campo consapevole di avere qualche chance, come testimoniavano i precedenti, che lo avevano visto vincere 3 volte, tutte nelle ultime 6 occasioni nei quali i due si erano incontrati. A Miami Fabio ha purtroppo giocato male il primo set perso contro un Nadal centrato nei colpi ed efficace al servizio e, purtroppo per Fabio, non al meglio fisicamente per dolori al gomito ed al tallone sinistro, concedere un vantaggio del genere ad un campionissimo del genere è stato esiziale. Volato via il primo set in 25 minuti, il ligure è stato bravo a provare a cercare contromisure: pur continuando a non trovare molte soluzioni efficaci quando a servire era Nadal, sino al 5 pari con carattere ha difeso i suoi turni di battuta, annullando complessivamente 5 palle break. Sul 5 pari 30-40 il sesto doppio fallo di Fognini ha però simboleggiato la resa del nostro tennista ed il conseguente accesso alla quinta finale in carriera a Miami per Rafa, che ha chiuso con un 6-1 7-5 in 90 minuti di partita.

Gli altri italiani: uomini

LORENZI – Oltre al grande protagonista positivo della nostra spedizione in Florida, vi erano altri tennisti azzurri, che però hanno portato a casa complessivamente più delusioni che gioie. Partiamo nel racconto del loro torneo dal (ormai ex) numero 1 azzurro, Paolo Lorenzi, tornato per l’ottava volta a partecipare al Masters 1000 di Miami e presente per la quinta volta nel tabellone principale del torneo. Il suo ultimo grande anno solare tennistico, che lo ha portato in Florida col ranking di 37 ° giocatore al mondo, gli ha riservato anche la nuova soddisfazione di essere per la prima volta in carriera testa di serie di un torneo Masters 1000. Purtroppo, tale gioia non gli è bastata per accedere, come ancora non è mai riuscito a fare, ad un terzo turno in un torneo di questa categoria (era esentato dal primo, in quanto 32° favorito del tabellone). Opposto al ventottenne tennista mancino Adrian Mannarino, n°65 ATP, che lo aveva sconfitto nell’unico precedente tra i due l’anno scorso a Nottingham sull’erba, ovvero la superficie preferita dal transalpino e quella meno congeniale al nostro giocatore. Ne è venuta fuori una partita molto equilibrata con Paolo che ha perso il primo set dopo essere stato un break avanti, prima di vincere il secondo: dopo poco meno di 80 minuti di match si è giunti al set decisivo. In questo frangente è stato esiziale per il toscano perdere il servizio nel gioco iniziale: due palle break (una frenata da un nastro maligno) nel secondo ed una nel sesto non sono bastate per rimettere in parità il punteggio ed alla fine Mannarino ha preso il largo, chiudendo a suo favore l’incontro col punteggio di 6-4 3-6 6-2 dopo due ore e due minuti di partita.

SEPPI – Andreas è tornato nel circuito dopo aver giocato poco e male negli ultimi quaranta giorni (due eliminazioni al primi turni, prima al Challenger di Bergamo dal 345 ATP Yannick Hanfmann, poi a Dubai da Verdasco, dopo essere stato ripescato come lucky loser). Il bolzanino giocava il Miami Open per la dodicesima volta, un torneo dove non aveva mai aveva avuto molta fortuna: a Crandon Park non ha raccolto altro che un ottavo nel 2013 ed un sedicesimo nel 2014. Al primo turno è stato sorteggiato contro il qualificato moldavo Radu Albot, n°86 ATP, contro il quale non aveva mai giocato. Andreas dopo aver vinto con molta autorità il primo set in 32 minuti, strappando il servizio nel gioco iniziale e poi concedendo solo due punti sui propri turni di servizio, ha avuto qualche difficoltà maggiore nel secondo parziale, nel quale ha perso due volte la battuta, ma grazie ad un tennis ben più consistente di quello dell’avversario ha comunque chiuso con un duplice 6-4 in 1 ora e 13 minuti. Al secondo turno ha affrontato il coetaneo 33enne Gilles Muller,n° 29 ATP, già affrontato 4 volte in carriere, dalle quali l’altoatesino aveva raccolto 3 vittorie (ma l’ultimo confronto era stato appannaggio del lussemburghese, nel febbraio 2016 a Rotterdam). A Miami la partita è stata contraddistinta dalla grossa incidenza dei servizi: entrambi hanno servito attorno al 60% di prime in campo, ottenendo ottime percentuali di conversione in punti a loro favore (addirittura 86% di punti vinti con la prima per Muller, 74% per Seppi, 62% di punti conquistati con la seconda per il lussemburghese, 57 % per l’azzurro). Con queste percentuali, non è arrivato nessun break durante tutto l’incontro e del resto le palle break sono state poche: 6 per Muller, appena 3 per Seppi. Purtroppo per i nostri colori, però, in entrambi gli inevitabili tie-break arrivati a conclusione dei set, Gilles ha avuto la meglio, portando a casa l’accesso al terzo turno dopo 1 ora e 49 minuti col punteggio di 7-6(3), 7-6 (1).

QUALI: GAIO – Come ad Indian Wells, purtroppo un solo italiano, Federico Gaio, sui quattro che potevano farlo avendone diritto di classifica, ha deciso di prender parte alle qualificazioni: questa volta, purtroppo, al faentino non è andata però bene come in California. Opposto al primo turno al britannico d’adozione Alijaz Bedene, n°94 ATP (ma 45 due anni fa), che lo aveva già sconfitto anno scorso al Challenger di Roma, ha trovato semaforo rosso ed è stato eliminato col punteggio di 6-4 6-3 in 1 ora e 4 minuti.

Gli altri italiani: donne

VINCI – Passando al settore femminile, partiamo da Roberta Vinci, la quale giocava a Miami per l’undicesima volta un torneo non troppo fortunato per lei, visto che in 6 occasioni aveva perso nella gara inaugurale, ma dove, nel 2013, era anche arrivata ai quarti, perdendo dalla Jankovic in tre set. La tarantina provava a confermare i progressi fatti intravedere in California (sconfitta al set decisivo contro la Kutnetsova che sarebbe poi arrivata in finale dopo aver battuto la Brengle) in un 2017 sinora avaro di soddisfazioni (due quarti, a Brisbane e San Pietroburgo) che l’ha vista sconfiggere una sola top 50, la Doi. Roberta, esentata dal primo turno in qualità di 25° testa di serie, ha affrontato all’esordio la 20enne Taylor Townsend, 111 WTA, mancina statunitense dotata di buon talento. Purtroppo in Florida è scesa in campo una versione decisamente insufficiente della ex 7 del mondo, costantentemente in difficoltà col dritto, poco pungente col rovescio e molto fallosa. Molto negativa anche la sua prova al servizio: nonostante abbia servito il 66% di prime palle, hanno vinto il 34% di punti con la prima ed il 40 con la seconda. Se a questo si aggiunge la buona prova della Townsend, ecco spiegato il 6-3 6-2 in favore della tennista USA in appena 63 minuti di gara.

ERRANI – Sara era la seconda ed ultima italiana in gara nel tabellone principale di Miami, torneo dove come miglior risultato aveva raggiunto i quarti nel 2013, quando perse con un duplice 7-5 da Sharapova. L’emiliana era apparsa in ripresa ad Indian Wells,dopo un inizio distastroso del 2017, tra infortuni e cattivo rendimento: in California aveva ottenuto la seconda vittoria dell’anno eliminando la Minella e perdendo al terzo dalla Strycova. Il sorteggio al primo turno le ha riservato la ventenne svizzera Belinda Bencic, 135 WTA, in quello che era uno scontro tra nobili decadute per diverse ragioni, due ex top ten scivolate fuori dalla top 100. Ne è venuto fuori un match che Sara, sempre perdente nei due precedenti contro l’avversaria, avrebbe potuto chiudere facilmente, visto che si è trovata avanti 6-3 3-0 e servizio: purtroppo poi l’elvetica è rientrata in gara, portando la gara al terzo. In questo frangente la nostra giocatrice ha poi ritrovato la quadra, chiudendo dopo 2 ore e 6 minuti l’incontro col punteggio di 6-3 4-6 6-3. L’incontro successivo contro la ventottenne cinese Shuai Zhang, 33 WTA, mai affrontata in carriera, era un importante prova del nove: Sara non sconfiggeva un’avversaria con quel tipo di classifica dalle Olimpiadi di Rio nello scorso agosto e riuscirci nuovamente avrebbe rappresentato un’importante segnale che l’emiliana stesse finalmente intravedendo l’uscita dal tunnel. Purtroppo però Sara è andata soltanto molto vicino a questa”impresa”: dopo aver vinto il primo set 6-4, ha sprecato una rimonta da 1-5 fermandosi al 4-5 40-15. Soprattutto nel terzo set si condensano i rimpianti della Errani, andata a servire per il match sul 5-2: nell’ottavo game non ha sfruttato il match point a suo favore e da quel momento è iniziata la rimonta ed il successivo sorpasso della cinese, vincitrice con il punteggio di 4-6 6-4 7-5 dopo 2 ore e 44 minuti di autentica battaglia.

QUALI: SCHIAVONE – Vi era una terza italiana in Florida, Francesca Schiavone, costretta però dalla sua mediocre classifica, n°148 WTA, come accaduto ad Indian Wells, a passare dalla porticina stretta delle quali, per partecipare per la diciassettesima volta al tabellone principale del Miami Open: al primo turno la Leonessa ha sconfitto nuovamente (lo aveva già fatto due settimane prima in California), Kateryna Kozlova, 113 WTA, col netto punteggio di 6-3 6-0 in 1 ora esatta di gioco. Purtroppo nel turno finale la milanese è stata fermata con lo stesso pesante punteggio dalla 25enne niponica Kurumi Nara, 103 WTA, vincitrice 6-3 6-0 in 1 ora e 5 minuti di partita.

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