Wozniacki e Konta: lezione sugli stereotipi - Pagina 2 di 2

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Wozniacki e Konta: lezione sugli stereotipi

A Miami si sono affrontate due giocatrici che nel tempo hanno sensibilmente modificato non solo il loro rendimento ma anche il modo di giocare

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Secondo esempio: il gioco di volo. Ricordo la Konta di un recente passato, protagonista di un doppio confronto ravvicinato, e sempre vincente, con Andrea Petkovic (agosto-settembre 2015: Us Open e Wuhan). Due match in cui entrambe si erano affrontate con scambi da fondo intensi e logoranti, che testimoniavano della reciproca difficoltà nel trovare i tempi di gioco appropriati per abbreviare e chiudere il braccio di ferro venendo a rete.

Oggi Konta dimostra invece di avere intrapreso un percorso che la porta a verticalizzare più di frequente, approfittando delle situazioni in cui comanda lo scambio per chiudere il punto prima del rimbalzo, spesso con volèe ben eseguite. I miglioramenti nel trovare i tempi corretti per uscire dal palleggio le hanno permesso di portare alla luce una discreta tecnica esecutiva nei colpi di volo, che prima non emergeva proprio a causa della difficoltà a verticalizzare in modo efficace. E questo sta facendo di lei una giocatrice meno scarna, ma anzi più completa, varia e imprevedibile. Mi pare doveroso rilevarlo, anche a costo di rivedere i giudizi che ho dato di recente su di lei. A Miami i progressi nel gioco di volo sono emersi chiaramente nella semifinale vinta contro Venus Williams (6-4, 7-5):

Ma anche Wozniacki nelle ultime stagioni ha saputo inserire nel proprio repertorio tattico la discesa a rete, progredendo parallelamente nella parte tecnica, cioè nell’esecuzione delle volèe. Non è stato un percorso facile, perchè agli esordi non era certo tra le migliori volleatrici del circuito. Oggi invece riesce a cavarsela: fa ricorso a queste soluzioni soprattutto nelle giornate in cui gioca profondo, spingendo l’avversaria lontana dalla linea di fondo. Se l’avversaria accorcia e Caroline può conquistare campo, mostra di non avere paura nel verticalizzare, anche più frequentemente rispetto a giocatrici considerate più attaccanti di lei.

Se una tennista catalogata come un semplice “muro” arriva a scendere 46 volte a rete (come accaduto a Tokyo 2016 contro Radwanska) forse ci si deve chiedere se certe categorie interpretative sono sempre valide, o se piuttosto non occorra ripensarle.
Ecco un altro punto di Caroline a Miami: servizio, discesa a rete e conclusione con un finto dropshot, utilizzando una soluzione considerata tipica di Agnieszka Radwanska:

Anche questo scambio appare come un’altra crepa nel muro di pregiudizi che riguardano “Wallniacki”.

Durante la finale di Miami, di fronte a questi aspetti, mi domandavo allora quale sia l’atteggiamento giusto che deve tenere un osservatore. Come fare per non perdere l’apertura mentale necessaria per accorgersi delle novità? Bisogna seguire ogni giocatrice come se fosse la prima volta? Questa soluzione mi sembrerebbe ugualmente impropria, perché la ricetta non può essere così semplice: si deve evitare di cadere nell’estremo opposto. Una conferma è arrivata dal set point messo a segno da Wozniacki contro Pliskova in semifinale, grazie a un ace di seconda servito al centro. Eccolo :

Di fronte a un punto del genere non potevo non ricordare che invece quel tipo di vincente Caroline lo esegue da molti anni. Avevo scritto in proposito in un articolo dedicato a lei nel 2011: “(…) spesso mette a segno ace centrali di seconda, è una specie di marchio di fabbrica che esibisce quando è particolarmente concentrata (…)”. Forse Wozniacki è l’unica giocatrice del circuito che fa ricorso con regolarità a questa soluzione, tipica del suo repertorio: per un osservatore farsi sorprendere da questo sarebbe segno di poca conoscenza, una lacuna nella descrizione delle sue specificità.

Dunque non si può nemmeno pensare di seguire una giocatrice azzerando la sua storia, “dimenticando” le caratteristiche che abbiamo identificato nei match precedenti. È difficile, però credo si debba trovare il giusto equilibrio tra passato e presente: ricordarsi di quanto conosciamo, ma provare comunque a seguire ogni tennista con un atteggiamento libero dai pregiudizi e disposto a riconoscere le novità, anche se vanno contro le nostre precedenti convinzioni.

A Miami sia Konta che Wozniacki hanno dimostrato di essere tenniste che evolvono nel tempo. I cambiamenti che riguardano Caroline sono probabilmente più lenti, ma non per questo irrilevanti. Più rapidi e ancora più profondi quelli di Johanna, una giocatrice in costante progresso che sta allargando il proprio repertorio tecnico, e di pari passo le soluzioni tattiche.
E così la loro partita è stata anche un ammonimento per chi osserva le giocatrici nel tentativo di capirle: mai cristallizzarsi su dei preconcetti, ma cercare sempre di essere aperti a nuove riflessioni. In fondo anche questo è uno degli aspetti interessanti per chi segue il tennis.

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